lunedì 19 agosto 2019

pc 19 agosto - Per il dibattito sul fascio populismo - un libro

Leghismo e populismo non sono la causa ma il prodotto della crisi del sistema politico e dell’ordinamento sociale esistente, i quali non corrispondono più alle aspettative di larga parte della comunità.

Moioli passa in rassegna con meticolosità la prassi dei leghisti negli ultimi tre decenni e la confronta con i deliberati congressuali della sua fondazione con l’obiettivo di dimostrare:
a) come la natura neoconservatrice, antidemocratica ed eversiva di questo movimento non sia
affatto una novità, ma appartenga al suo Dna;

b) come la gran parte delle forze progressiste e di sinistra abbiano irresponsabilmente sottovalutato, sin dalla sua nascita, questo carattere del leghismo, l’abbiano considerato un fenomeno localistico, trascurando le sue potenzialità a livello nazionale e internazionale, e si siano illuse di poterlo integrare nel vecchio sistema politico omologandolo istituzionalmente.
L’autore critica in particolare la sinistra per non aver assimilato che leghismo e populismo non sono la causa, bensì il prodotto della crisi del sistema politico e dell’ordinamento sociale esistente i quali non corrispondono alle aspettative di larga parte della comunità, anzi ne mortificano bisogni e aspirazioni.
Il consenso alla Lega e ai movimenti populisti, salvo per una ristretta cerchia di devoti e di beneficiari, non è frutto di un’adesione convinta ai programmi e ai propositi di queste forze, bensì è soprattutto l’espressione di una insoddisfazione generale e della dilagante sfiducia nelle formazioni politiche tradizionali, anche se oggi si presentano all’elettorato in veste rinnovata. Larga parte degli individui è spaesata, sfiduciata, non si sente più a suo agio entro i vecchi schemi politici e in assenza di un soggetto innovatore affidabile o si rifugia nel privato, e si astiene dal voto, o per disperazione dà il suo assenso a chi promette libri dei sogni. La Lega ha raccolto voti agitando quattro questioni: migrazioni, sicurezza, tasse e pensioni; il M5s ha puntato sulla novità e sul reddito di cittadinanza. Molti elettori hanno dato il consenso a queste formazioni sperando in una svolta, senza rendersi conto che la cura che questi movimenti propinano produce effetti che sono peggiori di quelli causati dalla malattia.
Come l’autore sostiene nelle conclusioni, le forze di sinistra e progressiste hanno la responsabilità di non aver contrastato questa deriva e di essersi loro stesse omologate al processo d’involuzione. La loro debolezza ha origine proprio nella rinuncia alla loro alterità e al rigore intellettuale e morale.

C’è un dato inconfutabile che prova essere sterile l’azione della sinistra nei confronti del sovranismo e del populismo: l’incapacità di far leva sull’incompatibilità genetica di Lega e M5s. È questa una contraddizione esplosiva, eppure nessuno ha avuto l’ardimento e la capacità di farla esplodere. Se esiste un’analogia fra i Paesi dell’Est europeo a trazione sovranista e l’Italia, essa è costituita dalla debilità delle opposizioni. E questo dimostra che anche il popolo di sinistra, il soggetto primario dell’antagonismo al sistema, è stato anestetizzato.
C’è chi giustifica l’impotenza politica delle espressioni progressiste e di sinistra con la crescita delle destra in tutto il mondo senza tenere conto delle proprie responsabilità. Non va dimenticata a questo riguardo – sostiene l’autore – la lezione degli anni ’20 e ’30 in Europa. Le condizioni di oggi, ovviamente, sono molto differenti rispetto al passato, ma alcune analogie esistono. Come al tempo in cui liberali, cattolici e centristi si illudevano di poter contenere l’avanzata di fascisti e nazisti integrandoli istituzionalmente nel sistema, fino a ieri da noi sono stati in molti a credere che il leghismo potesse avere la sorte dell’Uomo qualunque e venisse assorbito dal sistema. Anche a quel tempo, in particolare dopo la crisi economica del ’29, serpeggiava negli strati sociali malessere e sfiducia nelle élite politiche e pure era presente un anelito di identità nazionale che cementasse la comunità. E non si dimentichi che proprio l’Italia ha fatto scuola in Europa. Il primo Paese ad espellere le “persone di razza ebraica” dalle scuole di ogni ordine e grado, nonché dalle università e dalle accademie, non è stata la Germania di Hitler, ma l’Italia di Mussolini.
Alla base di qualsiasi proposito di combattere in modo vincente il sovranismo ci deve essere l’idea di un nuovo assetto socio-politico e istituzionale.
Non è sufficiente mettere in campo un’azione politica polemica e di semplice contrasto del fenomeno, ma occorre risalire alle cause complesse e antiche che lo hanno generato. In quest’ottica alla sinistra – sostiene Moioli – spettava e spetta il compito di rivisitare la sua storia, cogliere le sue incoerenze e mettere a punto un moderno progetto di cambiamento. A questo riguardo egli ha dedicato tre saggi: “Incoerenze e ‘buchi neri’ della sinistra”; “Oltre la delega e la politica” e “Ulteriori considerazioni sulla crisi della sinistra”, tutti rintracciabili in Internet. In essi egli sostiene che la sinistra, non solo italiana ma quella mondiale, è rimasta prigioniera degli schemi del marxismo e ha ignorato i dettami e lo spirito dello stesso fondatore del socialismo scientifico, dimostrandosi incoerente con il pensiero marxiano a riguardo della trasformazione economica, della messa in campo di una nuova statualità e del protagonismo degli individui, nonché della formazione di una nuova coscienza sociale.
Per combattere il sovranismo e il populismo la sinistra deve compiere una correzione di rotta su tutti questi aspetti. Diversamente, a risultare emarginata sarà lei.

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