Appello Thyssen, il pg chiede la conferma della condanna a 10 anni per Espenhahn
Il processo dopo la decisione della Cassazione di far ricalcolare le pene. Lievi riduzioni per gli altri imputati.
Confermare i dieci anni di carcere per l'amministratore delegato Harald Espenhahn per il rogo nello stabilimento Thyssenkrupp di Torino che nel dicembre 2007 costò la vita a sette operai. "Non trovo argomenti per modificare le pene" ha detto il pg Vittorio Corsi chiedendo le condanne per i sei imputati.
Il magistrato ha chiesto la conferma delle condanna sette anni per gli ex dirigenti Gerald Priegnitz e Marco Pucci, mentre ha fatto qualche aggiustamento al ribasso per gli altri tre imputati: per 8 anni per l'allora direttore dello stabilimento, Raffaele Salerno e per Daniele
Moroni (nel primo appello erano stati condannati rispettivamente a 8 anni e 6 mesi e 9 anni), e 7 anni e 6 mesi, invece di 8, per l'allora responsabile della sicurezza Cosimo Cafueri.
Il processo per la strage è tornato in appello per la seconda volta dopo la decisione della Cassazione che ha confermato la colpevolezza dei candidati stabilendo però che le pene debbano essere ricalcolate.
Al Palagiustizia questa mattina sono arrivate le madri e i parenti delle vittime. "Siamo stati abbandonati da tutti anche dai giornali e dalle televisioni - hanno detto i familiari - di questa vicenda non parla più nessuno".
Dopo la relazione riepilogativa dei processi Thyssen, la difesa ha chiesto di escludere dalle parti civili l'associazione medicina democratica. La corte si é riservata di decidere.
Al processo Thyssen chiesta la riduzione delle pene solo per tre imputati Delusione dei parenti delle vittime
Alcuni familiari
delle vittime Thyssen
«Siamo qui - ha sostenuto il procuratore generale Vittorio Corsi al processo , nella requisitoria finale - a fare un’opera di rimodulazione delle pene in base alla sentenza della Cassazione che ci dice a chiare lettere che non potranno essere superate le pene già stabilite. Per questo motivo non coltiverò nessun argomento per sostenere un a aumento delle pene». Corsi ha concluso: «Non è facile capire cosa la Cassazione voglia da noi. Ha mandato delle frecciate delle indicazioni tendenzialmente al ribasso a riguardo delle pene».
«Ho chiesto un confronto con la persona che mi accusa di avergli proposto di emettere false fatture. Sono tranquillo, anche se qualcuno forse si aspettava di vedere una veronica in lacrime»: così Rolando Picchioni all’uscita dall’interrogatorio davanti ai pm, durato un’ora. Picchioni si riferisce al presunto accusatore che lo avrebbe tirato in ballo dando vita all’inchiesta che ha portato i magistrati a perquisire la sede della Fondazione per il Libro e ad acquisire le fatture degli ultimi 3 anni. «Si tratta di un’accusa inverosimile per cifre risibili», ha commentato l’avvocato di Picchioni, Giampaolo Zancan. «Contestano come consumato un peculato senza che ci sia mai stato un passaggio di denaro», ha aggiunto l’altro avvocato che lo assiste, Valentina Zancan. La contestazione riguarderebbe una proposta dell’ottobre 2013 denunciata dall’accusatore di Picchioni (ma non accolta) di emettere fatture per servizi da 5 mila euro al mese per alcuni mesi, secondo quanto riferito dai legali.
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