Il volume Morire per un iPhone. La Apple, la Foxconn e la lotta degli operai cinesi di Pun Ngai, Jenny Chan e Mark Selden, che porta alla luce la condizione di operaie e operai cinesi che lavorano per il marchio committente, la Apple, e per il suo gruppo appaltatore, la Foxconn, è importante leggere, non per come viene presentato: "caso esemplare della condizione operaia", ma perchè da un lato rappresenta la punta di Iceberg della nuova schiavitù del capitale che è in atto non in paesi del cosiddetto "terzo mondo", ma in un paese di nuovo capitalismo/imperialismo e nelle fabbriche della produzione più all'avanguardia; dall'altro perchè è la condizione operaia che, nella crisi mondiale, il capitale cerca di introdurre dovunque (vedi la Fca-Sata in Italia).
L’attenzione dei media è stata attirata su questa realtà dai sucidi che, per alcuni lavoratori, sono diventati l’unica, terribile, forma di lotta per opporsi a questa condizione e denunciarla agli occhi del mondo. Una terribile “arma finale” cui è stato necessario ricorrere perché nessuno (sindacato, partito, amministrazioni locali, polizia) difende le vittime dai soprusi cui vengono sottoposte, né impone di rispettare le pur lasche regole in materia di salario minimo, divieto del lavoro minorile, tutela della salute, protezione dagli infortuni, ecc. Al contrario: partito, burocrati e funzionari locali collaborano attivamente ad “arruolare” decine di migliaia di giovani studenti, spedendoli in fabbrica con la scusa di far compiere loro dei percorsi di formazione professionale; mentre polizia ed esercito intervengono a reprimere con la violenza le rivolte che sempre più frequentemente scoppiano nelle fabbriche.
Recensendo il libro Alessandro Gilioli richiama l’attenzione sulla “filosofia” che governa Foxconn: il libretto dei pensieri di Mister Gou (derisoria parodia del libretto di Mao), gli slogan recitati in coro per rafforzare disciplina e spirito di gruppo, le punizioni con umiliazione pubblica del colpevole. Ma soprattutto coglie il punto essenziale: su ogni 100 euro che spendiamo per comprare un prodotto Apple, solo 1,8 euro vanno a chi lo ha fabbricato. Tradotto dalle cifre statistiche al crudo linguaggio della lotta di classe, ciò significa che il luccicante regno creativo di Apple non è qualcosa di diverso dall’inferno Foxconn; i ritmi spaventosi di lavoro che uccidono gli operai cinesi sono provocati dai tempi di consegna e dalle esigenze pressanti che Apple impone al suo contractor, così come i salari miserabili sono dettati dall’esigenza di mantenere i più elevati possibili i margini di profitto di quel “sistema” integrato che è Apple/Foxconn...".
Nessun commento:
Posta un commento