Il 20 maggio i giornali aprivano con la sensazionale notizia che uno dei terroristi responsabili della strage al Museo del Bardo di Tunisi del 18 marzo (strage che aveva fatto notizia perché a essere colpito era stato un luogo turistico frequentato da europei) è stato arrestato in provincia di Milano. Il sottotesto era piuttosto esplicito: l'immigrazione fuori controllo porta in Italia i terroristi. Nonostante sia Alfano sia i servizi segreti abbiano già ripetuto in passato che attualmente non c'è un rischio evidente di infiltrazioni terroristiche all'interno dei flussi migratori che si spostano con i barconi dalle coste della Libia (come viene ribadito anche oggi), il Corriere intitolava: "Abdel Maijd Touil, il terrorista arrivato col barcone".
Touil è arrivato in Sicilia a Porto Empedocle il 17 febbraio su un barcone con
altre 639 persone. Questo dato è l'unico fatto accertato, verificato dalla schedatura che viene fatta dei migranti e dal provvedimento di espulsione del questore di Agrigento. Decisamente più incerto è se e come Touil possa essere tornato a Tunisi solo un mese dopo, per partecipare all'attacco al museo; e ancor meno come possa essere rientrato in Italia e per quali vie.
Questa incertezza dopo meno di 24 ore si fa sempre più grande dato che i familiari, i vicini e perfino gli insegnanti della scuola di Trezzano, dove Touil studiava italiano, garantiscono di avere visto il giovane ventiduenne a Gaggiano, il paese in cui abitava con la famiglia, nei giorni della strage.
Sono state sufficienti un paio di interviste per mettere immediatamente in crisi sia la conferenza stampa della Digos, che si vantava di avere catturato un pericoloso criminale internazionale, sia i titoloni alla Corriere.
La voce di questi testimoni è stata ascoltata solo dopo che loro in prima persona, attraverso internet o i quotidiani, si sono attivati per scagionare Touil. Nessuna indagine li aveva contattati in precedenza. La totale mancanza di un'attività investigativa indica che Digos e Polizia sembrano essersi mosse unicamente in base alle accuse del governo di Tunisi. Che, come ogni altra attività umana, possono rivelarsi frutto di un errore.
Le indagini riusciranno a fare chiarezza di questa brutta faccenda? Dovranno riuscire a spiegare in che modo Touil sia andato e tornata da Tunisi i giorni intorno al 18 marzo, e spiegare perché sarebbe dovuto venire in Italia solo un mese prima affrontando un viaggio altamente rischioso.
Se non verranno date risposte a queste semplici domande, l'arresto di Touil diventerà un ulteriore episodio grottesco della lotta al terrorismo e dei rapporti con la Libia, ma anche del trattamento dei migranti. Se ieri la procura riteneva di potersi vantare dell'"efficacia della banca dati", la schedatura dei migranti richiesta dai trattati di Dublino oggi appare di più come uno strumento discriminatorio e minaccioso da cui estrarre a sorte i capri espiatori su richiesta delle forse politiche, siano quelle libiche o tunisine che devono dimostrare il loro impegno contro il terrorismo, siano quelle italiane che devono trovare ragioni e giustificazioni per affrontare la questione immigrazione in maniera militare.
Touil è arrivato in Sicilia a Porto Empedocle il 17 febbraio su un barcone con
altre 639 persone. Questo dato è l'unico fatto accertato, verificato dalla schedatura che viene fatta dei migranti e dal provvedimento di espulsione del questore di Agrigento. Decisamente più incerto è se e come Touil possa essere tornato a Tunisi solo un mese dopo, per partecipare all'attacco al museo; e ancor meno come possa essere rientrato in Italia e per quali vie.
Questa incertezza dopo meno di 24 ore si fa sempre più grande dato che i familiari, i vicini e perfino gli insegnanti della scuola di Trezzano, dove Touil studiava italiano, garantiscono di avere visto il giovane ventiduenne a Gaggiano, il paese in cui abitava con la famiglia, nei giorni della strage.
Sono state sufficienti un paio di interviste per mettere immediatamente in crisi sia la conferenza stampa della Digos, che si vantava di avere catturato un pericoloso criminale internazionale, sia i titoloni alla Corriere.
La voce di questi testimoni è stata ascoltata solo dopo che loro in prima persona, attraverso internet o i quotidiani, si sono attivati per scagionare Touil. Nessuna indagine li aveva contattati in precedenza. La totale mancanza di un'attività investigativa indica che Digos e Polizia sembrano essersi mosse unicamente in base alle accuse del governo di Tunisi. Che, come ogni altra attività umana, possono rivelarsi frutto di un errore.
Le indagini riusciranno a fare chiarezza di questa brutta faccenda? Dovranno riuscire a spiegare in che modo Touil sia andato e tornata da Tunisi i giorni intorno al 18 marzo, e spiegare perché sarebbe dovuto venire in Italia solo un mese prima affrontando un viaggio altamente rischioso.
Se non verranno date risposte a queste semplici domande, l'arresto di Touil diventerà un ulteriore episodio grottesco della lotta al terrorismo e dei rapporti con la Libia, ma anche del trattamento dei migranti. Se ieri la procura riteneva di potersi vantare dell'"efficacia della banca dati", la schedatura dei migranti richiesta dai trattati di Dublino oggi appare di più come uno strumento discriminatorio e minaccioso da cui estrarre a sorte i capri espiatori su richiesta delle forse politiche, siano quelle libiche o tunisine che devono dimostrare il loro impegno contro il terrorismo, siano quelle italiane che devono trovare ragioni e giustificazioni per affrontare la questione immigrazione in maniera militare.
(Da Contropiano)
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