lunedì 23 ottobre 2023

pc 24 ottobre - altre iniziative nella giornata di sciopero e di mobilitazione del 20 ottobre

Dalmine bergamo

La nostra attività per lo sciopero generale del 20 ottobre, lanciato da alcuni sindacati di base e di classe, non ancora lo sciopero generale necessario, ma parte dell’attività di costruzione dello sciopero generale in grado di bloccare le grandi fabbriche, gran parte del paese e avere un forte impatto sul governo, a Bergamo si è tenuto un presidio alla portineria centrale di TenarisDalmine.

Al centro dello sciopero, la lotta contro i padroni e il loro governo Meloni, le dure condizioni di lavoro in fabbrica, le parole d’ordine centrali oggi per ‘forti aumenti salariali, lavoro stabile per tutti, salario minimo garantito, basta morti sul lavoro, difesa della salute e sicurezza’. Uno sciopero ancora di minoranza in fabbrica e ripartito tra i vari reparti del grande impianto siderurgico che Direzione e sindacati confederali in sintonia, si sforzano, senza riuscirci, di far apparire normalizzato e sotto controllo.  Un presidio dove abbiamo unito la solidarietà alla resistenza del popolo palestinese, contro lo stato di Israele, nazi sionista, la sua occupazione militare, perché senza giustizia non ci può essere pace. Riuscendo in alcuni casi a far chiarezza tra gli operai, sulla propaganda terroristica dei media a favore di Israele e degli interessi imperialisti che difende in tutta l’area.

gli Operai che i conti li devono fare anche con i sindacati confederali, in particolare con il falso movimento di Landini, che alza la voce in tv ma di usare ‘la forza dei 200.000 di Roma’ per lottare nelle fabbriche, non se ne parla.  Per uno sciopero e una lotta degli operai che deve diventare generale, fare i conti con i governi, dalla parte dei padroni, oggi è la fascista Meloni, con una politica antioperaia infarcita di propaganda come l’inefficace carrello tricolore, o l’attacco demagogico ai poveri senza reddito, i provvedimenti a difesa dei profitti, scaricando sui proletari i costi della crisi e della guerra imperialista, anche con la nuova finanziaria che devasta la sanità pubblica e le pensioni, mentre aumentano le spese per gli armamenti e il deficit dello stato.

 

 Una la giornata segnata, a pochi chilometri di distanza, alla MF Acciai di Pontida da un altro operaio ucciso nella guerra del profitto. Travolto dal macchinario su cui stava operando’ è la cronaca laconica e complice dei media borghesi, per nascondere le condizioni di lavoro reali, per portare l’attenzione sull’aspetto tragico della morte, sempre pesantissima per le famiglie dei lavoratori colpiti, allontanando l’attenzione dai padroni, responsabili di tutti questi veri e propri crimini impuniti.

I morti sul lavoro in provincia di Bergamo, secondo le stime ufficiali nel 2023 sono già raddoppiati rispetto al 2022. E non serve certo l’indignazione a freddo, due ore formali di sciopero a fine turno indette per il 26 ottobre da Cgil Cisl Uil, lacrime di coccodrillo per chiedere ai padroni interventi e a copertura delle responsabilità che in in fabbrica hanno loro stessi, nelle condizioni di lavoro nocive e pericolose, dove la loro produttività, precarietà, e i salari ad incentivo (cosiddetto premio di produzione) sono tutto il contrario della difesa della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Questo infortunio possiamo dire che è parte della lotta del ‘20 ottobre’, perché è un nuovo doloroso allarme sulle condizioni di lavoro, dimostra e ricorda ancora una volta, come abbiamo portato alle portinerie in questi giorni, che nelle fabbriche e in tutti i posti di lavoro, sicurezza vuol dire l’intervento diretto e autorganizzato degli operai sulle linee, contro i ritmi selvaggi, la mancanza e i ritardi della manutenzione, vuol dire la rivolta contro le attuali condizioni di lavoro, gli infami accordi sindacali per la produttività, le intimidazioni e la repressione padronale.

E di come sia necessaria, per collegare e rafforzare questa battaglia nelle fabbriche e nei posti di lavoro, una RETE NAZIONALE, per la sicurezza nei posti di lavoro e nei territori.

Taranto

Lo sciopero del 20 ott. ha riportato in piazza con forza le esigenze delle lavoratrici/lavoratori degli asili. Chi lavora per l'unità delle lavoratrici e chi invece pratica divisione... 

Venerdì 20 in mattinata le lavoratrici delle pulizie/ausiliariato asili nido di Taranto hanno scioperato, unendosi a tutte le lavoratrici e lavoratori che in tanti posti di lavoro hanno partecipato allo sciopero generale indetto dai sindacati di base classisti e combattivi, per il diritto a un salario e un lavoro dignitoso, alla sicurezza/salute. 

Organizzate con lo Slai Cobas hanno fatto in un presidio sotto al Comune in piazza Castello,

le lavoratrici lottano contro l'aumento dei carichi di lavoro e del non riconoscimento del fatto che da decenni fanno tutto il lavoro per garantire pulizia, cucina, mensa ai bambini, ecc, e che per questo lavoro faticoso in tutti questi anni hanno anche dato la loro salute, ma per il Comune restano sempre "l'ultima ruota del carro; e hanno ribadito la necessità della internalizzazione per porre fine ai rapporti lavorativi precari, e agli appalti al massimo ribasso che poi viene da parte delle Ditte scaricato sulle lavoratrici col taglio dei costi anche su attrezzature, salari, ecc.


Le lavoratrici sono pronte a continuare la lotta se le loro richieste non saranno accolte.

Detto questo, dobbiamo denunciare che Cisl e Usb hanno impedito che le loro iscritte, che pur il giorno prima in un altro presidio all'assessorato Pubblica Istruzione avevano manifestato la loro volontà di aderire allo sciopero del 20 e partecipare alla manifestazione sotto Palazzo di città, unitamente alle lavoratrici Slai cobas, scendessero in sciopero. Contro il volere delle lavoratrici, che vogliono essere unite per essere più forti, Cisl e Usb - che tra l'altro nulla hanno fatto nei mesi precedenti, nulla sapevano delle ultime discriminazioni subite dalle lavoratrici; mentre lo Slai cobas non c'è stato un solo mese/settimana che non ha rivendicato i diritti di tutte le lavoratrici, ottenendo anche dei risultati - hanno fatto nella prima mattinata del 20 un incontro separato, quasi "clandestino" con il Comune.   

Per quanto riguarda la Cisl non c'è chiaramente da meravigliarsi (anche durante l'iniziativa del giorno prima, il 19, il suo segretario, D'Alessio, si è tenuto in disparte, separato anche dalle sue iscritte che invece si univano tranquillamente alle colleghe dello Slai cobas); per l'Usb (che a livello nazionale non ha aderito allo sciopero del 20 ottobre) è vergognoso far passare l'idea che i diritti si ottengono con gli incontri e non con la lotta, e continuare a manovrare per dividere le lavoratrici.

Ma, sia chiaro, ciò che resta importante della giornata del 20 ottobre e che peserà nel futuro della vertenza è lo sciopero e la mobilitazione delle lavoratrici e lavoratori dello Slai cobas.

Azienda e Comune volevano mettere in un angolo lo Slai cobas, hanno cercato prima con provvedimenti disciplinari alle rappresentanti sindacali da parte della Ditta - "colpevoli" di aver denunciato nei precedenti scioperi e iniziative lo stato della mancanza di una sicurezza adeguata -; poi alzando un muro ad incontri e interlocuzioni di mettere in difficoltà, in difesa le lavoratrici slai cobas. 

Non ci sono riusciti! E ora le lavoratrici/lavoratori Slai cobas con le loro ininterrotte iniziative e soprattutto con lo sciopero del 20 ottobre, non solo dimostrano che la repressione non le ha affatto impaurite, ma che sono sempre più determinate, combattive a portare avanti la loro giusta lotta, passando, quindi, dalla "difesa" in cui volevano ricacciarle Ditta e Comune al nuovo "attacco".  

 

LO SCIOPERO DEL 20 ALL'ISTITUTOTUMORI MILANO

 

Il presidio di oggi all'istituto tumori nonostante la pioggia ha avuto un buon impatto sia verso lavoratori sia verso parenti e malati.

Molti si sono fermati a leggere i cartelli o a chiedere il volantino, a cui è stato detto che lo sciopero era anche per i loro diritti alle cure; altri si sono fermati, anche a registrare e fotografare i cartelli, annuendo all'intervento al megafono;

una lavoratrice mentre usciva  incitava a farsi sentire di più e abbiamo parlato della questione degli appalti e della necessità di unire le lotte, ma ha anche detto ma come mai ci sono i poliziotti in tenuta antisommossa spiegandogli che questa si chiama repressione del governo al servizio dei padroni. 

Ma l'impatto del presidio ha molto irritato la Direzione che nel pomeriggio di ieri ha fatto strappare le locandine che erano state attaccate ai timbri e nella bacheca esterna e che si è concretizzata con la provocazione della digos, 12 in tutto, a inizio e fine presidio, ma anche con un andare e venire dalla direzione, situata proprio davanti, a cui sono arrivate forte la denuncia delle condizioni in cui ci fanno lavorare e il loro ruolo di esecutori, in nome e per conto di regione e governo della privatizzazione selvaggia della sanità. 


 QUESTO L'INTERVENTO DELLA LAVORATRICE DI POSTE

Anche parte dei lavoratori e lavoratrici delle Poste partecipano a questo presidio perché riconoscono la gravità e la situazione drammatica in cui versa la sanità, in particolar modo in Lombardia, ma i motivi per scioperare, anzi per incominciare a lottare, perché non basta una giornata di sciopero sono sempre più numerosi e drammatici.
Per noi lavoratrici/lavoratori delle Poste sentiamo urgente e pesante soprattutto la riduzione del personale che ha delle ricadute sia come carichi di lavoro e sia come il problema della sicurezza nei posti di lavoro, che provoca, anche per noi, i suoi morti sul posto di lavoro. Un problema enorme!
Ma siamo qui soprattutto come donne/lavoratrici perché come donne che lottano ciò che portiamo in piazza non è solo la denuncia delle condizioni di lavoro, della discriminazione, dei salari più bassi, ma portiamo anche le oppressioni che subiamo, oltre che a lavoro, in famiglia e nella società.
Vogliamo denunciare anche la guerra di bassa intensità che subiamo noi donne con i femminicidio in costante aumento e delle violenze che subiamo, e non parliamo solo degli stupri, ma anche della violenza che subiamo dalle istituzioni quando ci vogliono colpevolizzare o quando affermano " che ce la siamo cercata".
L' elenco è molto lungo e questo nero governo continua a peggiorare la nostra situazione portando indietro le lancette della storia: ci vuole pesare in base ai figli, più figli più riconoscimenti, come fare sono fatti nostri, per non parlare di come ha usato in modo strumentale lo stupro orribile di Caivano per procedere con un decreto che non risolve nulla, ma permette solo più oppressione.
Potremmo continuare, ma per il momento viva la lotta e che "tutta la vita deve cambiare".


 

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