Un carico di manganelli elettrici sequestrato in porto a bordo di un cargo Messina proveniente dal Sudafrica. La Procura cerca di capire chi fossero i destinatari: l'esercito regolare oppure i sanguinari miliziani dell'Isis
TREMILA manganelli, occultati dentro un container insieme ad altra merce varia, provenivano dal Sudafrica. A Genova sarebbero dovuti trasbordare per essere rispediti in Libia. Non è chiaro se destinati all'esercito "nazionale" di Tobruk, guidato dal generale Khalifa Haftar; oppure se a quello autoproclamato, lo "Stato Islamico" di Tripoli, appoggiato dalle milizie Fajr Lybia, vicine ai Fratelli Musulmani; o ancora, alle truppe Ansar Al Sharia che controllano le città di Sirte e Bengasi, alleate dell'Isis. È pur vero che la Compagnia Messina, nonostante la tensione nel Paese, ha deciso di mantenere i collegamenti con Tripoli e Misurata.
Il sequestro del container con le armi da tortura a Ponte Ronco è stato disposto dalla Procura della Repubblica. Il fascicolo, secondo fonti investigative, sarebbe sulla scrivania del procuratore aggiunto Vincenzo Scolastico.
Ci sarebbero due indagati, tra cui il comandante della nave, un napoletano. Anche se questi e la Compagnia potrebbero non essere stati al corrente di cosa vi fosse dentro il container. La magistratura, comunque, contesta la violazione delle leggi sulle armi e dell'embargo impartito contro il Paese libico, assunto con la decisione dall'organismo per la Politica Estera e della Sicurezza dell'Ue, da quando la situazione è ritenuta instabile: "... In seguito alle gravi violazioni dei diritti umani commesse in Libia, il Consiglio Europeo ha deciso di adottare una serie di misure restrittive, volte a vietare alcuni tipi di scambi con la Libia. La presente decisione istituisce un embargo sulle armi...". In particolare: "... Riguarda tutti i materiali che potrebbero essere utilizzati a fini di repressione interna...".
I manganelli elettrici, a seguito delle denunce di Amnesty International, dall'Onu sono stati inseriti tra le armi da tortura e di repressione, e per il transito in Italia e la destinazione ad un Paese "embargato", la Compagnia di Navigazione genovese avrebbe dovuto chiedere ed ottenere l'autorizzazione da parte della questura di Genova.
Secondo una ricerca compiuta sempre dall'associazione umanitaria e da Omega Research Foundation, le fabbriche di manganelli elettrici si concentrerebbero in Cina: sono oltre 130, quasi tutte di proprietà statale. Pubblicizzano apertamente verso l'estero e stanno conquistando ampie quote nel mercato globale degli strumenti di tortura e di repressione. Vendono in 40 Paesi, soprattutto in Medio Oriente e in Africa, violando i diritti umani, con un volume di affari annuo valutato in circa 100milioni di dollari Usa. Dal 1990 Amnesty ha recensito casi di tortura con l'elettricità in 5 Paesi, e 18 di questi hanno fatto ricorso a dispositivi portatili moderni che emettono scariche elettriche.
Il manganello telescopico "Taser", il tipo sequestrato a Genova, produce scariche multiple da 3milioni di volt, sul momento dolorosissime, con conseguenti ferite da ustione. La polizia di Cambogia, Nepal e Thailandia, che li adotta "legalmente" su parti sensibili del corpo, come genitali, inguine e orecchie, li chiama "manganelli del popcorn", perché la pelle si apre e sembra come il mais scoppiato. Recentemente sono stati utilizzati in Egitto, Ghana, Madagascar, Senegal e dall'esercito dell'Isis del califfo Al-Baghdadi.
Gli investigatori della Sezione Navale della Gdf sospettano che il carico, scoperto e sequestrato a Genova, ufficialmente proveniente dal Sud Africa, in realtà sarebbe salpato da un porto cinese ed avrebbe fatto quella che gli addetti ai lavori chiamano triangolazione, per dribblare appunto l'embargo.
Nessun commento:
Posta un commento