giovedì 29 giugno 2023

pc 29 giugno – Dietro la guerra i profitti, dei padroni che ci sfruttano nei nostri paesi – Da ORE 12 Controinformazione rossoperaia del 27/6

Controinformazione rossoperaia ORE 12 serve essenzialmente a dare ai lavoratori, ai militanti, agli attivisti dei movimenti, oltre che naturalmente ai nostri compagni e ad altri compagni operanti nelle lotte dei lavoratori e nell'opposizione politica e sociale un primo orientamento, un criterio di lettura, di valutazione degli eventi per gli aspetti che interessano le lotte proletarie, la coscienza proletaria, l'opposizione politica e sociale contro questo governo, come tutti i governi dei padroni, contro l'imperialismo, contro tutti gli imperialismi, contro la guerra imperialista, che in questo momento sul piano mondiale è la questione principale.

E su questa base che abbiamo già fornito nella giornata di lunedì un quadro di quello che è stata la vicenda russa con la ribellione in funzione della prospettiva di un golpe in Russia provocata dall'azione della Wagner di Prigozhin.

Ora il tentativo è sostanzialmente fallito, sul piano militare sia perchè era già di fatto improponibile essendo la Wagner un esercito mercenario pur sempre al servizio dell'oligarchia in Russia, sia perché è apparso subito chiaro, anche alle masse russe, come Prigozhin e il suo tentativo militare erano al servizio dell'imperialismo USA/NATO/Europa ed erano in stretto collegamento con le posizioni del regime reazionario e filo imperialista di Zelensky.

Ora si cerca di ridimensionare il tutto, ma Prigozhin aveva parlato chiaro riprendendo integralmente le posizioni dell'imperialismo USA/NATO/Europa e del regime di Zelensky sulla guerra: che non era necessaria, che non si doveva fare, e così via, riprendendo tutti i temi su cui si innesca l'azione dell'imperialismo occidentale.

D'altra parte è ben notorio che questo tentativo militare era conosciuto, ed è stato ampiamente dichiarato, dall’imperialismo occidentale, dalla CIA.

Quindi, qualunque sia stato il legame diretto tra questa azione della Wagner di Prigozhin e l'imperialismo non toglie che si sia trattata di un'azione al servizio dell'imperialismo, interna alla campagna dell'imperialismo USA/NATO/Europa/Zelensky, volta a portare la guerra sul territorio russo e quindi ad accendere questa guerra sempre di più verso un conflitto interimperialista generale.

D'altra parte la Wagner è stata un braccio operativo, ed è un braccio operativo, dell'imperialismo russo

nella guerra in Ucraina e soprattutto nell'azione che l'imperialismo russo svolge in altri territori del mondo, in particolare in Africa e in parte del Medio Oriente, dal Mali alla Repubblica Centrafricana, al Sudan, ecc, per non parlare della sua presenza e supporto nell'area del Mediterraneo.

Da un lato il regime imperialista di Putin non può fare a meno di questo braccio operativo e quindi si adopera per il recupero della Wagner nella guerra in corso in Ucraina e nella conservazione piena dell'utilizzo della Wagner su larga scala nel mondo, d'altro come imperialismo russo non è riuscito a trovare consenso con la sua invasione di stampo neozarista in Ucraina. Alla stessa maniera la Wagner di Prigozhin e i suoi padroni esterni non hanno potuto contare su appoggi nell'opposizione, nel movimento proletario, di massa in Russia che certamente in parte è contro la guerra e certamente non intende arruolarsi tramite la Wagner agli interessi dell'imperialismo USA/NATO, tanto meno del regime del reazionario di Zelensky.

Allo stato delle cose, però, il tentativo di golpe della Wagner ha minato all'interno, obiettivamente, il regime di Putin, ha aperto delle crepe al suo interno, crepe che in questo momento si sono richiuse nei confronti del tentativo avviato da Prigozhin ma sicuramente restano aperte.

In queste situazioni s’innesta l'unico vero interesse dell'imperialismo USA/NATO che è quello di alimentare la guerra ed estenderla sempre di più in territorio russo. A questo ha risposto immediatamente il consiglio degli Affari Esteri riunitosi a Bruxelles che ha messo altri 3 miliardi e mezzo nel cosiddetto Fondo Europeo della Pace (chiamare questo fondo “per la pace” è un eufemismo che fa parte della politica di inganno con cui governi imperialisti chiamano “pace” le armi per la guerra).

In effetti come dichiarano i 27 che hanno rimpinguato il Fondo Europeo della Pace: “la decisione ci garantirà ancora una volta i fondi per continuare a fornire un sostegno militare concreto alle forze armate dei nostri partner”, sottolineando che lo strumento peraltro non è dedicato alla sola Ucraina. Ragioniamo su questo. Vuol dire che questo fondo di sostegno militare all'azione dell'imperialismo ha come teatro fondamentale l'Ucraina ma si estende a tutte le aree in cui l'incendio bellico sta divampando, vale per i Balcani, vale per il Mediterraneo.

Non è un caso infatti che in queste ore c'è un legame tra l'azione globale che l'imperialismo sta sviluppando ed altri elementi, primo fra tutti - anche perché questo ci interessa direttamente come imperialismo italiano, come governo italiano - l'accordo finanziario che si va realizzando con il regime tunisino.

Giorni fa si è firmato l'accordo con il governo tunisino per aiuti finanziari che servono a comprare quello che c'è ancora da comprare in un regime di borghesia compradora che ha obiettivamente il ruolo di puntello dell'imperialismo nei territori in cui ci sono questi governi, e la Tunisia è uno di questi; è sicuramente un regime compradore quello dell'attuale presidente golpista Saied che guida il governo tunisino.

A che servono questi soldi? A contrastare il traffico degli esseri umani. Vale a dire a impedire l'immigrazione, a fare del regime tunisino ciò che è stato fatto dal regime libico e ciò che è stato fatto dal regime turco, ecc. Soldi perché questi governi si facciano carico di bloccare le partenze dei migranti, di tenere nei campi lager i migranti che arrivano dagli altri paesi e dalla stessa Tunisia, dove la crisi economica, politica e la dittatura di Saied stanno alimentando una nuova ondata migratoria.

Si pensa per questa strada di consolidare i rapporti con questi regimi, farne sempre di più degli agenti dell'imperialismo nell'interesse dell'imperialismo, e, per quanto riguarda l'Italia, nell'interesse dell'imperialismo italiano, nell'interesse della politica reazionaria e fascio-razzista - oltre che neocoloniale - del governo Meloni.

C'è un legame tra lotta contro la guerra e lotta a fronte dell'azione omicida dei governi nei confronti dei migranti: la strage di Cutro e la strage in Grecia stanno a dimostrare di che si tratta.

Chi ne guadagna in questa azione? Innanzitutto oggi stanno guadagnando alla grande le grandi industrie della guerra.

Il Sole 24 ore di martedì 27 ci dice che la crisi che si era aperta in Russia aveva avuto un suo primo termometro nelle borse mondiali. Quali titoli sono stati immediatamente colpiti ci dimostra il legame stretto che esiste tra guerre e profitti delle grandi multinazionali, belliche innanzitutto, ma, in un quadro di economia di guerra, di buona parte del sistema dei padroni nel mondo e in ogni singolo paese. I titoli principali sono quelli della Leonardo e della tedesca Rheinmetal.

La Leonardo sappiamo essere diventata ormai il centro, il monopolio principale dell'industria bellica, e quindi nella lotta contro la guerra dobbiamo denunciare il ruolo della Leonardo attraverso iniziative e manifestazioni; per fare realmente la lotta contro la guerra, al di là di scioperi generali annunciati per l’autunno che sono solo un modo per rimandare la lotta alla guerra necessaria, che è prima di tutto lotta contro questo governo, che è un governo della guerra, lotta contro l'industria bellica e i suoi profitti che sono il perno dell'economia di guerra, lotta contro l'economia di guerra che ricade sui salari e sulle condizioni di vita dei proletari e delle masse anche sul fronte del taglio dei servizi sociali, dalla scuola alla sanità; lotta contro le Basi militari e le grandi città che stanno diventando i luoghi centrali di questa battaglia, da Coltano alle Basi del Sud, alla Base di Taranto, alla Sicilia ecc ecc.

Il fronte della guerra si lega ad altri fattori che in qualche maniera diventano fondamentali; uno di questi è rappresentato sicuramente dagli effetti sull'energia e sul petrolio – che comunque non è che abbiano granché intaccato le forniture di petrolio e gas; forniture che hanno si’ avuto problemi ma non si sono certo interrotte anche dalla stessa Russia attraverso vari canali differenziati.

Tutto questo viene scaricato sui lavoratori, sulle masse popolari. La catena del sistema capitalista - non la cattiveria dei capitalisti, non la speculazione che pure c'è - ma la catena organica strutturale del sistema capitalista fa sì che ogni aumento che si riversi sul petrolio, sul gas, viene fatto ricadere sulle masse popolari, non solo nell'aumento dei prezzi di benzina e gasolio ma anche, per effetto indotto, su tutto il sistema dei prezzi.

Sì, esiste, quindi, un legame tra guerra e carovita, un legame che noi dobbiamo denunciare ma non perché pensiamo che si possa “fermare” il carovita - il carovita si ferma se si rovesciano le politiche economiche dei governi, che significa rovesciare i governi, i governi stabilizzati da sistemi elettorali reazionari che consegnano sempre più i governi stessi nelle mani del destra più reazionaria, più legata agli interessi strategici dei padroni /e non è un caso che tutta l'Europa vada a destra, gli stessi risultati elettorali in Grecia lo confermano).

I lavoratori rispetto al carovita hanno solo un’arma: gli aumenti salariali. Dobbiamo insistere perché nelle fabbriche non si facciano le chiacchiere del sindacalismo confederale ma si avviino vere azioni di lotta contro l'attacco ai salari, oltre che contro l'attacco al lavoro, alle condizioni di vita.

Su questo poco o nulla si fa: poco o nulla fanno i sindacati confederali in un ciclo di iniziative sostanzialmente inoffensive e di conciliazione con i governi; ma anche molto poco si fa sul fronte del sindacalismo di base e combattivo, sia per il suo radicamento molto scarso nelle fabbriche tuttora, sia per la sua linea.

Quindi attivare la lotta per il salario per difendere i lavoratori dal carovita e minare, attraverso questa lotta, un fattore che è parte dell'economia della guerra, che è fatta di tante cose.

C’è un altro fronte. I padroni in realtà hanno i piedi in due scarpe: una scarpa nell'economia di guerra e quindi dei profitti che stanno traendo gia’ da questa guerra, le industrie belliche, le industrie legate al ciclo energetico; l’altra scarpa è di coloro che si stanno preparando come se niente fosse a partecipare al banchetto della ricostruzione.

Su questo solo una colonna di un articolo di martedì 27 giugno ci spiega quello che ci riguarda: cioè quello che stanno facendo i padroni italiani. Tutta la nota andrebbe ben letta.

Esistono già i piani precisi e i settori su cui l'industria italiana sta mettendo mani per la ricostruzione dell'Ucraina, preparando, dentro i profitti attuali, i profitti futuri.

La strada è stata tracciata dal capo della Confindustria, Carlo Bonomi, in Ucraina. Due viaggi importanti che ora si stanno consolidando con una serie di visite, di incontri istituzionali che hanno portato a una firma di un protocollo d'intesa e alla creazione di una piattaforma che si chiama “REBUILD UKRAINE”, “Ricostruzione Ucraina”, attraverso la quale le imprese italiane già si collocano, esprimono, partecipano alla gara d'appalto - ancora tutt’ora virtuale perché la guerra è in corso ma che diventerà reale via via che la guerra andrà avanti, e che avviene con la stretta collaborazione con l’Ukraine Invest, sotto il patrocinio del Ministero degli Esteri.

L’Ukraine Invest rappresenta i padroni ucraini che esistono eccome e sono i padroni dei Zelensky e del regime reazionario di Zelensky, questi stanno già lavorando in prima fila con i padroni europei, in questo caso italiani, al progetto di ricostruzione.

Quali sono le industrie italiane che si preparano a mettere le mani sulla ricostruzione Ucraina? Innanzitutto sono le stesse industrie che nel nostro paese fanno profitti sulla pelle dei lavoratori. In secondo luogo si tratta di industrie in parte già presenti in Ucraina, perché l'Ucraina, lungi dall'essere un paese povero, una nazione oppressa - come alcuni, anche compagni che fanno parte del nostro campo, vanno dicendo - era ed è un sistema industriale complesso, un sistema capitalista, più avanzato di altri paesi dell'Est e facente parte della catena imperialista e capitalista dell'Europa.

Sono innanzitutto i settori dell'acciaio e dell'energia. Quando si dice acciaio ed energia si dice ArcelorMittal in Italia e gli altri padroni siderurgici nel nostro paese, si dice aerospaziale e si dice Leonardo, digitale e così via.

Il mondo industriale italiano esprime la sua vicinanza al popolo ucraino”. Questa è la dichiarazione che viene fatta e attraverso questa dichiarazione si chiedono i profitti futuri, la partecipazione al bottino della guerra, al bottino del dopoguerra. “L'Ucraina è storicamente un mercato economico di rilievo per l'Italia, terzo partner commerciale a livello europeo, con un commercio che nel 2021 ha superato i 5 miliardi di euro”.

Dietro la guerra i profitti, profitti per i padroni, di quelli che ci sfruttano nel nostro paese, di quelli che licenziano, che uccidono nelle loro fabbriche, come è il caso delle fabbriche di Acciaierie d’Italia.

La lotta contro il capitalismo, l'imperialismo, i nostri padroni e la lotta contro la guerra sono parte della stessa lotta per rovesciare il potere dei padroni, fermare le guerre, costruire un mondo libero da sfruttamento e dalle guerre.

Un altro anello fondamentale in tutto questo è il Ministero della Difesa, che è il ministero dei militari da un lato e dall’altro è il Ministero dell'industria bellica nel nostro paese. Questo governo ha creato la figura del ministro Crosetto - fondatore dei Fratelli d'Italia, padre putativo del governo della Meloni - Meloni stessa è apparsa ripetutamente in braccio al ministro Crosetto, e la fascistella della Garbatella parla sapendo di avere dietro i veri padroni e una cinghia di trasmissione dei veri padroni è sicuramente il ministro Crosetto che, con il ganglio del Ministero della Difesa, mette mani su tutto, mette mani sulla guerra, mette mani sul governo e - come cita il giornale ‘Il Fatto Quotidiano’ “è attualmente il ministro che fa da coacervo di tutti i ministri dell'attuale governo Meloni”.

Le inchieste che colpiscono in questo momento le persone rappresentate dall’ignobile persona della Santanchè apre la strada ad ulteriori inchieste che possono riguardare proprio il ministro Crosetto, perché non c'è nessun ministro come Grosseto che è culo e camicia con l’industria bellica prima, durante e dopo questa guerra, è un centro di affari, di corruzione e di legami, dentro il complesso militare industriale nel nostro paese.

Colpire queste figure anche attraverso l'opposizione politica, la denuncia politica è un aspetto fondamentale della lotta contro il governo.

La lotta contro il governo non è una lotta economica che diventa generale. La lotta contro il governo è lotta politica che colpisce questo governo come comitato d'affari e nelle sue specificità, in cui le caratteristiche fascio-razziste, il legame organico con l'industria bellica, con il sistema di corruttela è quanto mai esplicito ed organico; e questo quindi ispira sul tipo di lotta contro il governo che occorre fare.


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