martedì 27 giugno 2023

pc 27 giugno - Un commento al convegno di Milano sulla guerra in Ucraina dell'11 giugno

Scriviamo in ritardo sull'assemblea contro la guerra di Milano dell'11 giugno, ma è comunque doverosa una valutazione da parte nostra che siamo intervenuti, necessaria per il dibattito per gli scopi per cui è stata organizzata (“unire le forze” per rilanciare la lotta, dare forza all'iniziativa di classe) in un momento in cui è ancora molto debole la risposta proletaria, popolare, antimperialista alla guerra in corso, all'economia di guerra e al governo Meloni in prima linea nello scontro interimperialista e, infine, perchè ha sollevato la bandiera dell'internazionalismo proletario (uno dei punti dell'appello di convocazione).
I promotori, Fc, Fgc, Iskra, SI Cobas e Tir nel comunicato finale esprimono un giudizio positivo: l'assemblea "è riuscita nel suo intento".

Noi abbiamo partecipato come Slai Cobas psc e proletari comunisti, siamo intervenuti alla fine per decisione degli organizzatori.

Diciamo subito che il nostro giudizio non è altrettanto positivo. E spieghiamo i motivi.
Gli interventi politici non hanno dato sostanza ad una linea proletaria, comunista, sulla lotta alla guerra imperialista: il dibattito politico ha ripreso il convegno di Roma del 16 ottobre scorso che ha avuto il merito di analizzare lo scontro interimperialista in Ucraina ma è rimasto sul terreno dell'economicismo, sulla denuncia degli effetti della guerra. Ora, con le presenze di giovani comunisti, di compagni, il dibattito avrebbe dovuto toccare il tema delle "particolarità storiche" di questa guerra (cioè la linea leninista che noi abbiamo portato con l'opuscolo su "Il socialismo e la guerra" di Lenin
) e il ruolo dell'Italia imperialista e da qui fare dipendere la lotta contro Stato/governo Meloni/imperialismo italiano. L'assemblea di Milano non era un'assemblea del movimento pacifista eppure gli organizzatori si sono distinti da essi solo per il frasario di sinistra. La lotta contro il governo Meloni, il rapporto fascismo/guerra, un regime in formazione nel nostro paese al servizio dei padroni e dell'imperialismo, la costruzione di un Fronte unito per lottare contro tutto questo, non sono entrati nel dibattito politico dell'assemblea.
"Unire le forze" per gli organizzatori ha significato unire attorno a sè, alla propria linea, le forze che avevano dato vita al Patto d'azione e si è riproposto lo stesso schema.

Quello che è inaccettabile e che si vogliano lasciare i lavoratori e i giovani che si dicono comunisti senza coscienza politica, come se bastasse esprimere sentimenti contro la guerra, manifestare, però senza porsi il problema che la lotta contro la guerra significa lottare principalmente contro il nostro di governo della guerra, per costruire un fronte di opposizione. Si dice che il nemico è a casa nostra ma non si è conseguenti: nessuna proposta di lotta al complesso militare-industriale che è ben rappresentato da questo governo.
Ma non solo sulla questione del governo Meloni fascio-imperialista: anche l
a visione dell’internazionalismo che viene fatta non fa avanzare la coscienza dei lavoratori in primo luogo. Per gli organizzatori internazionalismo significa dare la parola a organizzazioni sindacali e a intellettuali, dal sindacato dei ferrovieri giapponese Doro Chiba, alla sud-africana General Industries Workers Union, all' Angry Workers of the World del Regno Unito, all’United Front Committee for a Labor Party degli Stati Uniti, per non parlare di intellettual presentati dagli organizzatori per marxisti, come Alain Bihr che fa parte dell' Unione Comunista Libertaria, Ricardo Antunes che è stato consigliere di Lula in Brasile, Yannis Thanassekos che ha sottoscritto un appello con cui, tra le altre cose, nel contrasto al "campismo" (posizione di settori del movimento che, in nome della lotta all'imperialismo USA/UE, sostengono il campo opposto, in questo caso quello russo) afferma il diritto all'autodeterminazione dei popoli "attraverso un processo democraticamente organizzato e monitorato a livello internazionale" (?), lo scioglimento della NATO (quanta fortuna ha questa parola d'ordine), chiedere il ritorno al tavolo dei negoziati (e a chi lo chiede?), spingere per un nuovo trattato paneuropeo, una nuova architettura di sicurezza europea che includa la Russia, nell’ambito della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (o di qualsiasi altro quadro adeguato) e sotto l’egida delle Nazioni Unite (!). Posizioni socialscioviniste ben descritte e combattute da Lenin.
Ecco, quando gli organizzatori parlano di internazionalismo non intendono legarsi alle lotte rivoluzionarie dei popoli, alle loro guerre antimperialiste o in lotta per il socialismo, ma creare legami con alcuni sindacati combattivi e con pseudo-intellettuali al servizio delle borghesie,
del riformismo. Non l'unità tra proletari e popoli oppressi e le loro organizzazioni, primo fra tutti il partito comunista. E chi si dice comunista in questo paese - e in quell'assemblea milanese - non ha avuto niente da dire su questo?
Lavorare per lo sciopero generale non significa, per gli organizzatori, andare tra i lavoratori, davanti ai cancelli delle fabbriche, a fare iniziative per fare schierare gli operai innanzi tutto contro questa guerra per elevare la loro coscienza di classe, costruire dal basso un vero sciopero generale per bloccare la produzione e trasformarlo in sciopero politico e costruire la forza necessaria per rovesciare questo governo. Ancora una volta si salvano l'anima proponendo l'ennesima data dell'ennesimo sciopero generale, autoreferenziale, che non sposterà di un millimetro i rapporti di forza nel nostro paese.
I lavoratori che hanno fatto azioni dirette contro la guerra, come i portuali del Calp di Genova che hanno organizzato manifestazioni e scioperi per l'arrivo di navi cariche di armi, sono addirittura criticati dai promotori dell'assemblea per una frase in una piattaforma che parlava di Europa.
Quando parlano di lavoratori, i promotori intendono i propri, quelli organizzati dal loro sindacato SiCobas.
E di quali "forti argomenti, ad un tempo di genere e di classe" a sostegno della parola d'ordine: “niente più figli per le vostre guerre” si sarebbe fatto promotore il Comitato 23 settembre? "L’allarme sul calo delle nascite... è parte integrante del programma di avere forze affidabili per le guerre future… lavorare per favorire il rifiuto di un ordine sociale che ci impone di fare figli condannati allo sfruttamento, per garantire la sopravvivenza di quel sistema di oppressione fondato sul capitalismo e sul patriarcalismo..."
Giusta la riflessione sulla questione dell'oppressione delle donne nei contesti di guerra, il problema è che è
stata assente un lavoro, una indicazione, per un protagonismo delle donne e delle donne proletarie in particolare. contro il governo Meloni, fascista, sessista, razzista che sta attaccando pesantemente la condizione delle donne e che rovescia l'economia di guerra su di esse.

L'assemblea di Milano avrebbe dovuto assumersi la responsabilità di definire un percorso di lotta unitario contro la guerra, invece le uniche decisioni che ha preso sono state la partecipazione alla manifestazione di Ghedi, "aprire un confronto" con il Comitato No Base di Coltano e costruire lo sciopero generale del sindacalismo di classe e combattivo.

Da quelle premesse l'assemblea/convegno ha tradotto il tutto in una autoreferenzialità che è un ostacolo all'effettiva unità di un fronte organizzato contro la guerra.

L'opuscolo che abbiamo diffuso e citato nell'intervento all'assemblea che ha ripreso Lenin de "Il socialismo e la guerra" si è dimostrato l'arma necessaria da assimilare tra le avanguardie di lotta, tra i giovani comunisti, da usare per combattere posizioni opportuniste, scioviniste e antimarxiste. Come comunisti abbiamo solo un compito - e per questo Lenin dev'essere la nostra guida di combattimento, il grande dirigente comunista che ha sottratto all'infame carneficina della guerra i soldati, il proletariato e le masse russe e li ha condotti alla conquista del potere politico - quello di lavorare per trasformare la guerra imperialista in guerra civile rivoluzionaria.

Una linea, un'indicazione, che l'assemblea dell'11 di Milano non ha assunto e inteso seguire.

a cura dei compagni intervenuti all'assemblea 

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