sabato 1 luglio 2023

pc 1 luglio - ORE 12 Controinformazione rossoperaia del 30/6 - testi: Sulla rivolta in Francia e altro...


Buone notizie dalla Francia

40.000 poliziotti, città in stato d'assedio, non hanno fermato la rivolta in atto nelle banlieues parigine, da Nanterre a tutti i quartieri popolari, da Parigi a tante città.

Ancora una volta un giovane, Nahel, è stato ucciso a sangue freddo dalla polizia francese, come avviene negli Stati Uniti e in alcuni casi anche nel nostro paese.

Un banale controllo poliziesco, una reazione del giovane, niente di che. I poliziotti diventano brutali e gli gridano a più riprese che gli avrebbero sparato, che gli avrebbero tirato una palla in testa. E lo fanno.

17 anni, un giovane di un quartiere proletario, assassinato a sangue freddo.

Ma anche questa volta nelle banlieues parigine la notizia si diffonde e i giovani - e non solo i giovani - entrano in lotta, in rivolta. Per tre notti si combatte: gli edifici pubblici, i commissariati della polizia, diventano oggetto della rivolta dei giovani.

Chi ha ucciso Nahel? È importante anche capire queste cose. L'ha ucciso un poliziotto che si chiama Florian Menesplier, uno già messosi in luce il 10 dicembre del 2020 durante la repressione dei gilet gialli; egli vi prende parte e riceve una medaglia di bronzo per atti cosiddetti “di coraggio”. E’ un militare del Reggimento di fanteria di Belfort, un poliziotto fascista e assassino, dell'esercito repressivo messo in piedi dallo Stato imperialista francese di Macron che uccide.

E’ lo stesso Stato che ha represso le grandi manifestazioni dei lavoratori ed i momenti di ribellione dei

giovani, degli studenti, in occasione della grande lotta per la riforma delle pensioni, 14 giornate nazionali che, anche quelle, hanno paralizzato trasporti e città in Francia e hanno visto a Parigi, come altrove, la lotta, la rivolta, lo scontro.

Durante la grande lotta contro la riforma delle pensioni più volte ci siamo chiesti: cosa succede nelle banlieues? I giovani delle banlieues ci sono? Nelle banlieues c’è il movimento che dalla lotta per la riforma per le pensioni diventa lotta contro la disoccupazione, i bassi salari, la povertà?

No, non lo era diventato ma si sono dati la mano: dalla rivolta dei lavoratori - sia pure in forme certo non simili alla rivolta delle banlieues - ai giorni d'oggi.

Il Ministro degli Interni ha parlato di “intollerabili violenze”. C’è una sola “intollerabile violenza”, quella che uccide un giovane.

E oggi l'allarme dilaga in Francia così come esiste la paura del contagio verso gli altri paesi.

D'altra parte l'assassinio di Nahel non è che la logica conseguenza delle leggi che questo governo sta facendo: il nuovo articolo 435/1 del codice di sicurezza dà un'ampia discrezionalità agli agenti prevedendo 5 circostanze in cui è legittimo ricorrere all'uso delle armi.

E’ chiaro che, se dai questo potere e mano libera ai poliziotti, “5 circostanze” diventano “tutte le circostanze”.

Questa rivolta viene da lontano: viene dal 2005, un'altra grandiosa rivolta che mise a ferro e fuoco per più di un mese Parigi e tutta la Francia.

Allora al governo vi era Sarkozy, un poliziotto corrotto che dimostrò che cosa significava il potere poliziesco, lo Stato borghese, la dittatura in Francia quando le masse si ribellano.

E’ giusto ribellarsi!” - dicono i giovani – “senza giustizia niente pace”, “tout le monde déteste la police”.

Ebbene questa rivolta dimostra che siamo in Francia in una situazione rivoluzionaria in sviluppo. Nel cuore dei paesi imperialisti non è tutta uguale la situazione e la Francia oggi indica una strada come l’ha indicata in altre occasioni.

Il blog proletari comunisti dà molto spazio a questa rivolta, in francese direttamente, per fare presto - ma chi vuol leggere riesce a leggere - per dare elementi di cronaca, di valutazione sul campo, per dire che il vento della rivolta, le idee di rivolta non sono mai morte!

Da questo noi dobbiamo trarre non tanto un fragile slogan “facciamo come in Francia” - le condizioni sono e restano diverse - ma la comprensione che è giusto ribellarsi, che è possibile, che è necessario e quando una scintilla - è il caso dell'ultimo, criminale, omicidio poliziesco - incendia la prateria, allora la prateria in fiamme è il brodo di cultura della Rivoluzione, dello spettro della Rivoluzione. Perché solo la Rivoluzione oggi serve in Francia come in tutti i paesi imperialisti, per non dire quello che serve da sempre nei paesi oppressi dall'imperialismo, dove la ribellione delle masse e le guerre di popolo stanno indicando una strada, stanno offrendo il punto di riferimento di un incendio che deve dilagare.

Guardare oltre il quotidiano, guardare il quotidiano alla luce del mondo, pensare che un altro mondo è davvero possibile ma la via di un altro mondo è quella che la Francia ci indica, in un paese capitalista/imperialista avanzato. Dalle grandi giornate di lotta contro la riforma delle pensioni, per i salari, per il lavoro, contro le insopportabili condizioni di lavoro e di oppressione alla rivolta generale, al ruolo di prima linea della gioventù ribelle, della gioventù più povera, della gioventù dei quartieri, della gioventù multinazionale, multirazziale, che ancora una volta si dimostra essere una leva potente, una forza poderosa del cambiamento all'interno dei nostri paesi, cambiamento indispensabile su ogni cosa.

Abbiamo fiducia che anche da questa rivolta i giovani, le avanguardie, la classe operaia, le forze autenticamente comuniste, ribelli, rivoluzionarie trarranno insegnamenti e impugneranno la strada per trasformare la rivolta in Rivoluzione, perché la Rivoluzione è l’unica soluzione.


Torniamo al nostro paese, ai nostri padroni
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I nostri padroni vogliono tutti i soldi del Pnrr, tutti i soldi del Mes, tutti i soldi destinati dallo Stato alle emergenze industriali, alle emergenze della transizione ecologica, alle emergenze della contesa internazionale tra padroni nel mondo, contesa che origina le guerre e le porta anche alle loro estreme conclusioni.

I soldi sono nostri” dice Bonomi. Si azzuffano per averli, si uniscono per averli e quindi insistono con i governi per ottenerne di più nei tavoli europei ma sempre con la stessa logica: che tutti quei soldi devono andare a loro. E Bonomi lo dice chiaramente: le imprese devono averli, “c'è bisogno di un piano di investimenti per la transizione 5.0 indipendente dalla logica dagli aiuti di Stato che dia le risorse direttamente alle imprese a livello UE”, una politica industriale che metta al centro le imprese.

E agli operai che producono? E ai lavoratori e ai cittadini? per loro invece niente.

I soldi sono nostri” perché quando si parla di soldi dello Stato si tratta di soldi di tutti i cittadini. I profitti sono loro. I profitti guai a chi li tocca.

Il governo Draghi aveva accennato alla tassa sugli extra profitti dell’energia, cioè la grande quantità di soldi che, dalla grande multinazionale alla pompa di benzina e di gasolio, stanno facendo e, come altri extra profitti, fatti nel periodo della pandemia ad opera di altri settori.

Ebbene, timidi accenni a una tassazione degli extra profitti, con la demagogia dell'ultima arrivata a Palazzo Chigi, la Meloni dice: “abbiamo tassato gli extra profitti”. Piccole carezze, ma non gli stanno bene neanche queste.

Il governo sospenda la tassa sugli extra profitti dell'energia” grida Baroni della Confindustria.

La scadenza di queste micro-tasse era oggi, ma non se ne parla di pagarli; montagne di ricorsi al TAR, alla Consulta per dire NO, che non si possono pagare questi extra profitti, si blocca la capacità di investimento delle imprese, tutto al profitto niente ai salari, niente ai cittadini.

Ma proprio sull'energia non possono parlare questi signori: la bolletta elettrica, del gas, sta lì tutti i santi mesi a segnalarci che stiamo pagando bollette spropositate, che ci stanno tagliando i salari. Misure per i poveri: bonus, miserie.

La grande massa dei lavoratori e delle masse popolari non becca una lira e ogni mese paga sempre di più e ogni annuncio viene smentito dalle bollette: la spesa finale per le famiglie in un anno sale del 7,3%, cioè 1150 euro, che per i salari, per i cassintegrati, per non dire per i disoccupati, per i precari, è tanto.

Cosa possiamo fare?

Affidarci alle proteste delle organizzazioni dei consumatori? Per carità! Quando mai con le proteste delle associazioni dei consumatori abbiamo portato a casa qualcosa? Quasi mai, ricorsi su ricorsi ma niente di concreto. I governi marciano per la loro strada, scaricano i costi dell'energia sulle bollette e tutto lo scarico dei costi delle energie – molto basso quello sulle imprese, sulle attività commerciali - viene comunque nuovamente scaricato e alimenta la spirale del carovita.

Dobbiamo rispondere con la lotta per gli aumenti salariali e dobbiamo creare un clima di rivolta, di protesta diffusa perché in un clima di rivolta e di protesta diffusa si può ottenere.

Qualsiasi affidamento invece ai sindacati confederali, alle associazioni dei consumatori, per non parlare a quelli che sono al parlamento, non serve, non ci porta niente nelle bollette, niente quando andiamo a fare la spesa e ci porta invece tanto, tanto, di tagli, sui salari, sulle pensioni e su ogni forma di reddito (quando c'è, quando non viene tagliato a sua volta).

Il governo Meloni ha ottenuto nei giorni scorsi la fiducia parlamentare per andare al tavolo europeo.

Al tavolo europeo ancora una volta l'Italia fa la parte di chi grida alla luna ma, naturalmente, la catena dei poteri delle potenze imperialiste, dei governi e a chi rispondono effettivamente: le banche, le commissioni eccetera eccetera, stanno lì a dire che comunque i costi della crisi, i costi della guerra, vengono scaricati sulle masse e i soldi che pure arrivano vanno a finire nelle solite tasche e nessun tipo di miglioramento viene per le masse... come nessun aiuto reale viene alle popolazioni delle alluvioni, come ai tanti lavoratori.


L'altro fronte su cui il governo italiano agisce è quello dei migranti.

E anche qui, alle affermazioni della UE di affrontare la questione in comune, si ritorna sempre al solito problema: quello di uno scontro tra governi imperialisti, in cui uno scarica sull’altro e tutto viene scaricato sui paesi oppressi dall'imperialismo, che sono vittime e, nello stesso tempo, colpevoli del dramma dell'immigrazione.

La logica dei governi è di respingere, di cacciare, di riempire di soldi i regimi reazionari e, in un clima in cui questo viene ritenuto giusto e legittimo non solo sul piano economico per i paesi che subiscono quotidianamente la rapina da parte dei paesi imperialisti, ma anche sul piano morale.

I migranti vengono insultati, anche nella loro cultura: l'odiosa Svezia, il cosiddetto paese moderno e progressista, anch'esso diventa sempre più, nelle mani di governi reazionari, di destra, un luogo dove si può bruciare il Corano e si possono insultare le grandi masse migranti di religione musulmana.

Così un cane come Salvini, un lurido bastardo, può insultare Rachete e le ONG, coloro che si prodigano per salvare gli immigranti, ed essere assolto.

Si possono insultare i migranti, si possono insultare coloro che li aiutano: contro tutto questo dobbiamo alzare il livello della denuncia, alzare il livello delle parole, perché se non si dicono le parole giuste non si possono neanche fare i fatti giusti. Non è vero che conta solo “il fare”, perché il “che fare” dipende dal “che dire”, vale a dire: qual è la tua posizione?

Serve denuncia, lotta, serve preparare e organizzare le avanguardie perché senza avanguardie non si mobilitano le masse.

Dobbiamo organizzarci dal piccolo al grande, dall'avanguardia alle masse in funzione della guerra di classe perché la guerra di classe, cioè la guerra delle masse, può cambiare le cose.

Tutto il resto è noia. Sono noiose le beghe parlamentari, buone solo per gestire poltrone e soldi: dietro ogni poltrona ci sono soldi e dietro ogni soldo c'è un sistema di corruzione e di appropriazione del denaro pubblico. E la catena della corruzione produce la catena della putrefazione di politici corrotti, dalla Santanchè all'ultimo Miccichè; questi ci governano, questi sono “i politici” ma non è la politica, sono i politici borghesi, reazionari, coloro che compongono i comitati d'affari del grande Capitale.


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