Indonesia. Il
ruolo diretto degli Stati uniti nella strage dei comunisti indonesiani
del 1965 dopo il golpe di Suharto, dai nuovi documenti del National
Security Archive della George Washington University
Sulawesi sudorientale. Leader protestante indonesiano riferisce di
notevoli violenze anti-Pki nella zona bughinese di Sulawesi. Musulmani a
Bone sono entrati in un campo di detenzione e hanno ucciso 200
prigionieri del Pki… Giornalisti americani di ritorno da Giava Centrale
sostengono che l’esercito ha saldamente in mano la situazione sebbene il
Pki abbia la capacità potenziale di sabotaggi importanti e attività
terroristiche… Il portavoce militare continua a sostenere che Aidit si
trova nella zona del Merapi col capo del Pki di Djakarta Njono (che si
era detto fosse stato arrestato) il leader del 30 Settembre colonnello
Shuerman e altri militari… Su Aidit l’ambasciata ha ricevute
informazioni che confliggono sul suo arresto a Bandung… La polizia di
Djakarta sostiene di aver arrestato 872 persone implicate nel Movimento
30 Settembre…»
È IL 12 NOVEMBRE 1965 , un mese e mezzo dopo il
pronunciamento di un gruppo di militari filocomunisti che è stato
immediatamente represso e che, come descrive in questo telegramma
l’ambasciatore americano nella capitale Marshall Green al segretario di
Stato a Washington, ha dato la stura a una purga che si va estendendo
contro sospetti filocomunisti, simpatizzanti e cinesi (in odore di
simpatie maoiste) con una caccia all’uomo che mira a colpire militanti e
leader del Partai Komunis Indonesia, il partito comunista indonesiano.Il suo capo, Dipa Nusantara Aidit (che verrà giustiziato di lì a poco
il 22 novembre) è stato accusato di essere il promotore del
pronunciamento guidato dal colonnello Untung che voleva col suo putsch
prevenire un colpo di Stato della destra militare.
In quei giorni di novembre, la reazione e la repressione, durissime e
a lungo preparate, stanno entrando nel vivo con l’inizio di una strage
di militanti comunisti, fiancheggiatori e anche solo sospettati di esser
tali. Il nuovo uomo forte indonesiano, il generale Suharto, sta per
esautorare Sukarno – il leader nazionalista e del Movimento dei Non
Allineati, amico dei cinesi, di Nasser e di Tito e in buoni rapporti con
l’Urss – accusato di aver avallato il golpe di Untung.
GLI SARÀ RISPARMIATA la vita, tra i pochissimi a
scampare a un’operazione di pulizia che segue un piano dettagliato e
sanguinario servendosi anche di bande paramilitari.I nuovi documenti desecretati e pubblicati dal Progetto Indonesia dei
National Security Archive della George Washington University gettano
nuova luce su uno dei massacri più estesi della Guerra Fredda.Washington non solo sapeva ma monitorava giorno per giorno la
situazione, pronta a intervenire come si evince da quest’altra lettera
top secret di Norman Hannah, consigliere politico del comandante capo
del Pacifico (Cincpac), in cui chiede all’ambasciatore Green come il suo
comando e gli Stati Uniti debbano rispondere alla «possibilità
ragionevole che l’esercito indonesiano possa richiedere il nostro aiuto
contro un’insurrezione del Pki».
Richiesta, specula Hannah, che «potrebbe includere qualsiasi cosa,
dalle operazioni segrete all’assistenza su vasta scala, compresi
trasporti, denaro, attrezzature di comunicazione o armi». Una settimana
dopo – scrivono i ricercatori dei Nsa – Green avrebbe chiesto
all’Amministrazione Johnson di «esplorare la possibilità di un aiuto a
breve termine segreto e non attribuibile» come segno del sostegno
statunitense: soldi, attrezzature di comunicazione e armi per
l’esercito.
NON ERA UNA NOVITÀ. Prima di Dean Rusk, segretario
di Stato all’epoca, la poltrona l’aveva calcata John Foster Dulles, un
falco teorico del Rollback (ributtare indietro) e della Massive
Retaliation (rappresaglia massiccia) anche nucleare per contrastare
l’Unione sovietica: aveva già fornito armi e aiuto a formazioni ribelli
contrarie alla politica di Sukarno. Nel 1959 aveva auspicato a Giacarta
il ripristino di un «governo che sia costituzionale e rifletta i reali
interessi e desideri del popolo», da opporre alla «democrazia guidata»
inaugurata nel ‘56 dal leader indonesiano.
I 39 documenti resi adesso disponibili provengono da una raccolta di
quasi 30mila pagine che mettono in chiaro gran parte della
corrispondenza dell’ambasciata statunitense a Giacarta dal 1964 al 1968 e
dimostrano, scrivono i ricercatori, che il governo americano sapeva in
modo dettagliato che l’esercito indonesiano stava conducendo una
campagna di omicidi di massa contro il Partito comunista indonesiano a
partire dal 1965.
I materiali mostrano inoltre come i diplomatici americani tenessero
un’agenda aggiornata delle esecuzioni dei leader del Pki e come
sostenessero attivamente gli sforzi dell’esercito indonesiano per
distruggere il movimento sindacale di sinistra in Indonesia. Sapevano e
davano una mano, senza dare troppo nell’occhio.IL MOMENTO è delicato: la tensione era già alta e i
generali si preparavano allo scontro frontale con Sukarno e l’intero
fronte della sinistra. Si scatenano dopo il pronunciamento di un
manipolo di ufficiali (Movimento 30 Settembre) capeggiati dal colonnello
Untung, un militare di sinistra filosukarniano che però negherà di aver
agito per conto del Pki. Fallito il putsch, l’esercito – sotto il
comando di Suharto – inizierà una vera e propria purga con l’avallo
delle diplomazie occidentali (come si evince dai documenti), Stati Uniti
in testa.
Washington del resto guarda da tempo con preoccupazione sia l’ascesa
del Pki (il terzo partito comunista al mondo dopo quelli dell’Unione
sovietica e della Cina), la nascita del Movimento dei Non Allineati e la
presenza sempre più forte di Cina e Urss nell’area (nel 1964 è
iniziata, ufficialmente, la guerra americana in Vietnam).
CI SONO ANCHE ragioni economiche come ben spiega un
telegramma sempre dell’ambasciatore Marshall Green nel quale rende noto
l’arresto di leader della Sobsi – il sindacato filocomunista – nelle
raffinerie Shell e Stanvac e alla Pursi Fertilizer Plant, dove lavorava
molto personale americano. All’epoca, Stanvac e Shell, due delle tre
maggiori compagnie petrolifere estere operanti in Indonesia, stavano
negoziando il trasferimento della capacità di raffinazione locale al
governo indonesiano, un piano che venne poi fatto naufragare sotto
pressione americana.
L’Indonesia insomma doveva restare nella sfera degli interessi
occidentali – politici ed economici – a qualunque costo. A un costo
stimato, tra l’ottobre 1965 e il marzo 1966, di almeno 500mila morti e
di oltre un milione di persone sbattute in carcere.
***
Gli «Indonesian Papers» agli atti
I documenti contenuti negli archivi dell’ambasciata degli Stati Uniti
a Giacarta e resi adesso disponibili vanno ad arricchire un lavoro che
il National Security Archive (Nsa) svolge da diversi anni
sull’Indonesia. Quelli ora messi in chiaro, riguardano i temi più
disparati: dalle operazioni quotidiane dell’ambasciata americana, alle
osservazioni sulla politica indonesiana, sull’economia locale, sulla
politica estera, sugli affari militari, sul crescente conflitto tra gli
Stati Uniti e Sukarno.
Ma anche cose eminentemente interne come la guerra tra l’esercito e
il Pki, il Movimento 30 Settembre e le uccisioni di massa che ne
scaturirono sino al consolidamento dell’Orde Baru, il Nuovo Ordine
istituito dal generale Suharto che, prima di essere defenestrato dalle
manifestazioni di piazza e dai suoi stessi generali nel maggio del 1998,
ha regnato incontrastato (confidando sull’appoggio occidentale anche
nel caso dell’occupazione militare di Timor Est nel 1975) per ben 32
anni.
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