Noi abbiamo sempre voluto un'unica manifestazione, l'abbiamo detto sin dall'inizio e ci siamo trovati di fronte il movimento, più in generale di fronte all'opportunismo di destra e all'opportunismo di sinistra. In certe occasioni è principale l'influenza dell'opportunismo di destra, in altre l'opportunismo di sinistra che sempre anch'esso alla fine è di destra.
Quindi, noi abbiamo sempre detto che ci voleva la manifestazione nazionale nel contesto grave e complesso della situazione in Palestina.
I piani dell'imperialismo e del sionismo, rappresentato dallo Stato sionista di Israele, non sono assolutamente cambiati. Anzi, con il cambio di Presidenza Usa mostreranno fino in fondo tutta la loro radicalità. La radicalità è continuare il piano di genocidio, assorbire la Cisgiordania, mettere dei governi fantoccio, marciare verso un nuovo accordo di pace che coinvolga le borghesie arabe più concilianti, e imporre il diktat, lo schieramento con l'imperialismo e il suo braccio armato sionista in tutta l'area, sia nel contesto degli interessi generali dell'imperialismo, geopolitici, economici, sia nel contesto della contesa mondiale, nel quadro della guerra.
Su questo terreno, purtroppo le ultime notizie, non sono affatto buone. Chiaramente bisogna sempre vedere le cose dal punto di vista dell'effettiva situazione che c'è tra le masse e della funzione delle forze politiche che organizzano le masse.
Il ‘cessate il fuoco’ in Libano in sé per sé è una buona o una cattiva notizia a seconda di chi ha in mano il pallino per condurre questa vicenda. Purtroppo vanno considerate le dichiarazioni di Netanyahu che dice: primo, ok facciamo il ‘cessate il fuoco’, fermo restando che noi decideremo di intervenire quando
e come noi vogliamo contro chi vogliamo in Libano, se qualsiasi pretesto sarà preso; secondo, questo accordo ci permette di concentrarci nel proseguimento del genocidio, della distruzione di Hamas in Palestina e ci permette di fronteggiare l'iran.E’ quindi un ‘cessate il fuoco’ che sul piano del Libano cambia pochissimo – è chiaro che le masse libanesi hanno i loro motivi per essere contenti oggi, ma non lo saranno né domani né dopodomani - ma sicuramente si aggrava l'azione in Palestina e del piano israeliano per la Palestina e si avvicina di più l'attacco all'Iran, che chiaramente è legato anche alla dinamica del cambio di Presidenza negli Stati Uniti. Quindi è un passo verso un ulteriore proseguimento sia del genocidio, sia del piano di “grande Israele”, sia del piano di attacco all'Iran.
In questo senso il ‘cessate il fuoco’ non è una buona notizia. Mostra che la possibilità che si costruisse il fronte largo di tutte le masse palestinesi, libanesi, arabe contro i nemici comuni che coinvolgesse gli Stati e li costringesse a una guerra nei confronti dello Stato sionista di Israele, diventa più difficile. E difficilmente potrà dare un risultato concreto alle masse, perché è sempre Israele che gestisce il ‘cessate il fuoco’, in violazione costante anche degli accordi che firma. Quindi l'esigenza della manifestazione nazionale per la Palestina resta tutta e deve essere più grande possibile. Perché al di là di tutti gli sforzi che tutti hanno fatto e in primis le organizzazioni palestinesi, è evidente che noi non siamo contenti del grado di mobilitazione per la Palestina che c'è stato nel nostro paese. Una manifestazione di 50.000 persone, ancora non l'abbiamo vista in Italia. Sono state ben più grandi le manifestazioni che si sono svolte in Gran Bretagna e in tanti altri paesi. E il problema nel dire che ci vuole una manifestazione unitaria, una manifestazione unica era ed è perchè ci vogliono manifestazioni più grandi di quelle che abbiamo fatto.
L'opportunismo di destra ha messo parole d'ordine o ha proposto iniziative che non permettevano questo tipo di soluzione. Con l'Assemblea del 9 novembre ha lanciato una parola d'ordine del tutto sbagliata. Perché al di là dell'elenco di tutte le rivendicazioni giuste e necessarie, l'idea che Israele sia il fattore principale della guerra, non del genocidio, ma della guerra, fermare Israele perché ci sta trascinando in guerra è sbagliato e fuorviante. Israele non ci sta trascinando in nessuna guerra, è l'imperialismo che sta trascinando in una guerra imperialista mondiale di cui Israele è uno strumento, un cane da guardia come lo è l’Ucraina di Zelensky. Netanyahu fa molti più danni di z
Zelensky, ma è ugualmente un “tipo di pezza”, ben collocato in una situazione di turbolenza assoluta. Dire che Israele ci sta trascinando alla guerra è coprire l’imperialismo.
Così diciamo che non ha senso la manifestazione di Milano in contemporanea il 30. E’ un'operazione da destra rispetto all’esigenza della manifestazione nazionale, di portare a Roma il massimo possibile di forze. Vuol dire non schierarsi rispetto alle contraddizioni politiche serie e pesanti che la questione palestinese pone nel nostro movimento.
Quindi c’è stata una posizione di destra esplicita, quella del 9 Novembre, e una posizione centrista, ma di destra, quella di fare la manifestazione di Milano, che esprime una visione ristretta di questa battaglia. Proprio perché Milano è la capitale del movimento di solidarietà alla Palestina doveva portare 10 pullman, 20 pullman a Roma. Chi ha boicottato questo ha fatto una scelta di destra travestita da centrismo unitario.
Purtroppo c'è stato anche l'opportunismo di sinistra rappresentato da Tir, Rete liberi di lottare, area Si.Cobas, ecc che voleva trasformare le manifestazioni per la Palestina in manifestazioni contro i decreti sicurezza, ecc. che significa trasformare la mobilitazione internazionale in cui è in discussione la lotta tra imperialismo e popoli oppressi in una manifestazione democratica. Lotta democratica essenziale, decisiva in una fase in cui abbiamo il governo parafascista, ma non siamo d’accordo con chi vuole trasformare la lotta rivoluzionaria in lotta democratica, sia pur in termini radicali.
Una cosa è che il movimento per la Palestina, come il movimento sindacale, come il movimento delle Donne, raccolga la parola d’ordine dell'opposizione ai decreti sicurezza, altra cosa è considerare i decreti sicurezza la fine del mondo. Questa è una posizione opportunista, illusoria, per di più considerando che quando c'è un governo fascista, se non cacciamo il governo ne avremo altri 50 di questi decreti.
Chiaramente le organizzazioni dei palestinesi in questo non sono innocenti in generale, perché, come si dice: “chiamo Tata a chi mi da il pane”, chi mi sostiene è sempre il mio migliore amico. Ma una cosa è essere migliore amico, una cosa è pensare che quella sia la linea giusta. Perché la vera intenzione della Tir e soci è di trasformare tutto in democrazia, in lotta democratica.
Non solo, ma la posizione di falsa sinistra fa un'altra affermazione sbagliata, non vera;
l'idea che i decreti sicurezza dipendono dalla guerra. Questo non è affatto vero. I decreti sicurezza non si stanno facendo perché siamo in guerra o perché ci sarà la guerra, i decreti sicurezza si stanno facendo perché teniamo un governo fascista. Un governo fascista che trasforma tutto in ordine pubblico e utilizza tutto per guadagnare consenso sociale, per schiacciare la sinistra, il comunismo in tutte le sue forme. Il decreto l'avrebbe fatto anche se stavamo in un periodo di pace. Chiaramente in un periodo di guerra tutto viene utilizzato. Ma se l'Italia andrà veramente in guerra, altro che decreti di sicurezza farà. Nella rivolta delle banlieues i governi già facevano le leggi di sicurezza come se le rivolte ci fossero anche in Italia (e non c’era la minaccia di guerra). E così continuano a fare, questa volta in in salsa fascista.
Nello stesso tempo questo governo fascista non torna indietro, non un articolo del decreto di sicurezza verrà ritirato. Anzi se ne faranno altri per impedire che si facciano ulteriori manifestazioni. Se non si rovescia il governo.
Il fatto che i decreti sicurezza siano entrati nella piattaforma sindacale vale molto di più che l'ennesima manifestazione contro i decreti sicurezza. Il fatto che altre forze vogliano ostacolare il decreto sicurezza è un bene, non un male. Contro il Ddl 1660 ci doveva essere l'ostruzionismo parlamentare, perché non hanno presentato 1000 emendamenti? In Parlamento c'è un'opposizione democratica episodica, e anche questi sono problemi che ci sono nel nostro paese, di cui non possiamo disinteressarci soprattutto nella fase di moderno fascismo.
Noi siamo in prima fila nella lotta contro il decreto sicurezza. Ma sull’equivoco legame decreto sicurezza/guerra si gioca una posizione sbagliata.
I divieti di manifestare del 5 ottobre non dipendevano affatto dai decreti sicurezza. Primo perché non erano in vigore, poi perché il divieto era legato alla lotta al popolo palestinese, alla sua definizione come “terrorista”, alla complicità di Meloni con il genocidio. Anche senza i decreti sicurezza questo governo Meloni quella manifestazione avrebbe cercato di impedirla.
E bisognava stare con tutti coloro che erano contro questo divieto, qualunque fossero le motivazioni.
Non possiamo accettare concetti del tutto erronei che non ci permettono di combattere realmente il governo che abbiamo come governo fascista, e con tutta la dialettica che la lotta al governo fascista richiede, sia nei tempi che nei modi; lotta che si chiama “nuova resistenza”, ma che nel concreto significa partito, Fronte unito, antifascista, anticapitalista, anti imperialista e lotta “partigiana” guardando all'interno delle possibili forme di lotta oggi e cercando di realizzarla dal piccolo al grande.
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