Alluvione di Sestri: nessuno pagherà: «Evento eccezionale e imprevedibile»
Genova - La portata del torrente Chiaravagna raggiunse un livello «eccezionale», 288 metri cubi al secondo, che non si ripete nemmeno ogni duecento anni. E per questo, dice l’uomo incaricato di pronunciare la parola forse decisiva in uno dei processi più delicati in corso a Genova, il fiume di detriti che travolse e ferì un pezzo di città non era prevedibile. Succede quindi che le udienze sul disastro da cui fu colpita il 4 ottobre 2010 Sestri Ponente, devastata dall’alluvione che sulle alture uccise l’operaio di 44 anni Paolo Marchini, rischino concretamente difinire in un nulla di fatto e non solo per la prescrizione.
Lo studio di Roberto Ranzi, incaricato a sorpresa dal giudice d’una superperizia dopo che molte altre portavano in direzione opposta, fornisce un assist formidabile agli imputati, permettendo di rifugiarsi nella «straordinarietà» dell’evento che agli occhi di altri esperti consultati dai magistrati era invece abbastanza gestibile. Non solo: l’attenzione si sposta così dallo scandalo dei condoni che rallentarono la pulizia e lo sgombero delle zone a rischio, all’aspetto strettamente meteorologico. E sembra ormai quasi impossibile che qualcuno paghi per quanto accaduto sei anni fa.
Nel mirino erano finiti sia funzionari pubblici che
privati, tra i quali pezzi da Novanta di Fincantieri (Daniele Legnani) ed
Elsag (Giacomo Tortarolo). Oppure Matteo Preziosi, figlio del patròn del Genoa
Enrico, per la carica di legale rappresentante che ricopriva all’interno di
“Teras srl”.
Era quest’ultima una delle ditte“frontiste” (come le
altre nei guai), con sedi a ridosso dei corsi d’acqua che hanno poi generato lo
scempio date le pessime condizioni delle tombinature. Tra i nomi degli imputati
più noti anche l’attuale presidente di Coop, Francesco Berardini, e Alessandro
Ghibellini, avvocato ed ex pallanuotista. Entrambi sono inguaiati dal ruolo
ricoperto ai tempi in “Talea”, braccio immobiliare di Coop stessa.
Il punto cui s’incardinano le contestazioni ai manager
pubblici è invece la quantità impressionante di simil-condoni concessi dalla
Provincia (non esisteva ancora la Città Metropolitana) ai titolari di
superfici prossime ai torrenti, ma fuorilegge rispetto alle disposizioni di
sicurezza. Secondo la Procura le aziende e il Comune, a sua volta
“frontista”, sapevano d’essere irregolari e proprio la Provincia aveva una
strada netta per imporre il restyling dei rivi: diffida formale e «intervento in
danno». Ovvero: Palazzo Spinola poteva fare i lavori per conto proprio e
rivalersi sul concessionario. Non s’è fatto e Sestri è stata subissata dal
fango.
Nessun commento:
Posta un commento