Scontro fra treni, il rischio fu segnalato nel 2014 ma Regione e ministero non intervennero
Inchiesta sulla strage
della Ferrotramviaria: sulla linea tra Bari e Barletta si era
rischiata un'altra collisione e l'azienda licenziò un
macchinista e segnalò il caso ma poco dopo la concessione fu
rinnovata
di
GIULIANO FOSCHINI2
A dicembre
2014 sulla linea della Ferrotramviaria tra Bari e Barletta si
era rischiato un altro disastro ferroviario per "un errore
umano". Due treni partirono incolonnati uno con l'altro e per
un soffio si evitò la collisione. L'azienda aprì un'indagine
che portò anche al licenziamento di un macchinista, inviando
tutti gli atti all'Ustif, l'ufficio del ministero che deve
sovrintendere alla sicurezza. E alla Regione, che è
proprietaria dell'infrastruttura sui quali i treni viaggiano.
Nessuno però mosse un dito. Al contrario, fu firmata una nuova
concessione che ha permesso all'azienda di continuare a far
viaggiare i treni sulla tratta tra Andria e Corato senza alcun
sistema automatico di controllo.
La circostanza è stata acquisita agli atti dell'inchiesta sullo scontro fra treni del 12 luglio scorso in cui morirono 23 persone, coordinata dal procuratore di Trani, Francesco Giannella, e inevitabilmente
sposta un pezzo dell'indagine a un piano diverso, il "secondo livello": chi ha rilasciato le autorizzazioni e avrebbe dovuto controllare sulla tratta concessa a Ferrotramviaria ha fatto tutto quello che era nelle proprie disponibilità per far circolare i treni in maniera sicura?
Il mancato incidente di dicembre 2014 aveva dimostrato
la "fallibilità" del sistema del controllo telefonico: un
errore umano, questa volta di un capotreno che era partito
nonostante il segnale di stop, aveva messo a rischio la vita
di centinaia di persone.
In quel caso nulla accadde per fortuna e per l'abilità del macchinista della seconda carrozza (non si trattò di due treni che partirono contemporaneamente in direzioni opposte, come il 12 luglio scorso, ma di vetture che partirono nella stessa direzione, incolonnate). Il punto è che l'evento, regolarmente denunciato da Ferrotramviaria, che appunto avviò anche un'indagine interna, non mise in allarme i controllori. Nessuno mosse un dito. Accettando, passivamente, che le vetture continuassero a circolare nonostante il progetto di raddoppio dei binari, che avrebbe messo in sicurezza la tratta, fosse ulteriormente slittato. Esiste poi anche un ulteriore giallo.
Alcuni dipendenti avrebbero raccontato agli investigatori di altri casi simili (incidenti sfiorati perché i treni non rispettavano 'l'incrocio'). Ma di questi casi non v'è traccia nei registri. Ora polizia e la Polfer stanno facendo domande in attesa di leggere la relazione tecnica dei periti scelti dalla Procura. La dinamica dell'incidente appare ormai abbastanza chiara. Il capostazione di Andria, Vito Piccarreta, alle 10,58 ha fatto partire il treno Et1021 diretto a Corato nonostante fosse partito il treno in direzione opposta, l'Et1016, fosse già partito. A causare probabilmente l'errore il ritardo del treno precedente, l'Et1642, che arrivò alla stazione di Andria con 23 minuti di ritardo, esattamente all'orario in cui sarebbe dovuta arrivare la vettura successiva.
Piccarreta, in sostanza, ha scambiato i due treni e ha dato il via libera convinto che non stesse arrivando nessuno in direzione opposta. E lo ha fatto, avrebbero accertato le indagini, senza avvertire il collega di Corato. Per questo nessuno si sarebbe potuto accorgere della collisione se non il macchinista e il capotreno (morto nell'incidente) dell'Andria-Corato. "Una catena di errori umani" la definiscono gli inquirenti. Che però non possono accontentarsi di questa spiegazione per chiudere il caso. L'obiettivo è capire, appunto, se qualcuno potesse accorgersi della fallibilità del sistema. E il perché di quell'errore umano.
La polizia ha raccolto in questo mese di indagini una serie di testimonianze da parte di alcuni dipendenti che hanno raccontato come le cose fossero cambiate negli ultimi tempi. L'avvio della navetta per l'aeroporto, le rigidissime politiche sui ritardi visti i collegamenti con l'aerostazione, avevano abbassato drasticamente i tempi di attesa tra un treno e l'altro (le corse erano praticamente raddoppiate) pur lasciando invariato non tanto il numero di personale quanto i sistemi di sicurezza: pur trattandosi di un binario unico, nella zona tra Andria e Corato dove è accaduto l'incidente, non c'era nè un sistema automatico di controllo né tantomeno uno meccanico, come il conta assi, che con una spesa di circa 600mila euro avrebbe evitato la tragedia.
Questo perché era in previsione la realizzazione del raddoppio della tratta: i finanziamenti c'erano da quasi otto anni, i progetti erano pronti ma la burocrazia (partendo dagli espropri) avevano allungato i tempi. Ora la guardia di finanza, che sta seguendo la tranche del fascicolo affidato al sostituto Michele Ruggiero, sta indagando sulle cause di questi ritardi assassini. Per accertarne le responsabilità.
La circostanza è stata acquisita agli atti dell'inchiesta sullo scontro fra treni del 12 luglio scorso in cui morirono 23 persone, coordinata dal procuratore di Trani, Francesco Giannella, e inevitabilmente
sposta un pezzo dell'indagine a un piano diverso, il "secondo livello": chi ha rilasciato le autorizzazioni e avrebbe dovuto controllare sulla tratta concessa a Ferrotramviaria ha fatto tutto quello che era nelle proprie disponibilità per far circolare i treni in maniera sicura?
In quel caso nulla accadde per fortuna e per l'abilità del macchinista della seconda carrozza (non si trattò di due treni che partirono contemporaneamente in direzioni opposte, come il 12 luglio scorso, ma di vetture che partirono nella stessa direzione, incolonnate). Il punto è che l'evento, regolarmente denunciato da Ferrotramviaria, che appunto avviò anche un'indagine interna, non mise in allarme i controllori. Nessuno mosse un dito. Accettando, passivamente, che le vetture continuassero a circolare nonostante il progetto di raddoppio dei binari, che avrebbe messo in sicurezza la tratta, fosse ulteriormente slittato. Esiste poi anche un ulteriore giallo.
Alcuni dipendenti avrebbero raccontato agli investigatori di altri casi simili (incidenti sfiorati perché i treni non rispettavano 'l'incrocio'). Ma di questi casi non v'è traccia nei registri. Ora polizia e la Polfer stanno facendo domande in attesa di leggere la relazione tecnica dei periti scelti dalla Procura. La dinamica dell'incidente appare ormai abbastanza chiara. Il capostazione di Andria, Vito Piccarreta, alle 10,58 ha fatto partire il treno Et1021 diretto a Corato nonostante fosse partito il treno in direzione opposta, l'Et1016, fosse già partito. A causare probabilmente l'errore il ritardo del treno precedente, l'Et1642, che arrivò alla stazione di Andria con 23 minuti di ritardo, esattamente all'orario in cui sarebbe dovuta arrivare la vettura successiva.
Piccarreta, in sostanza, ha scambiato i due treni e ha dato il via libera convinto che non stesse arrivando nessuno in direzione opposta. E lo ha fatto, avrebbero accertato le indagini, senza avvertire il collega di Corato. Per questo nessuno si sarebbe potuto accorgere della collisione se non il macchinista e il capotreno (morto nell'incidente) dell'Andria-Corato. "Una catena di errori umani" la definiscono gli inquirenti. Che però non possono accontentarsi di questa spiegazione per chiudere il caso. L'obiettivo è capire, appunto, se qualcuno potesse accorgersi della fallibilità del sistema. E il perché di quell'errore umano.
La polizia ha raccolto in questo mese di indagini una serie di testimonianze da parte di alcuni dipendenti che hanno raccontato come le cose fossero cambiate negli ultimi tempi. L'avvio della navetta per l'aeroporto, le rigidissime politiche sui ritardi visti i collegamenti con l'aerostazione, avevano abbassato drasticamente i tempi di attesa tra un treno e l'altro (le corse erano praticamente raddoppiate) pur lasciando invariato non tanto il numero di personale quanto i sistemi di sicurezza: pur trattandosi di un binario unico, nella zona tra Andria e Corato dove è accaduto l'incidente, non c'era nè un sistema automatico di controllo né tantomeno uno meccanico, come il conta assi, che con una spesa di circa 600mila euro avrebbe evitato la tragedia.
Questo perché era in previsione la realizzazione del raddoppio della tratta: i finanziamenti c'erano da quasi otto anni, i progetti erano pronti ma la burocrazia (partendo dagli espropri) avevano allungato i tempi. Ora la guardia di finanza, che sta seguendo la tranche del fascicolo affidato al sostituto Michele Ruggiero, sta indagando sulle cause di questi ritardi assassini. Per accertarne le responsabilità.
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