DISASTRO FERROVIARIO » IL PROCESSO
VIAREGGIO. «In questa tabella possiamo osservare il
bollettino prezzi della macelleria Era», dichiara senza
neppure alzare la voce - tanto forti risuonano queste parole
- il pubblico ministero Salvatore Giannino. Pomeriggio di
ieri,
Polo fieristico di Lucca, l’argomento sul tavolo è il
dispositivo chiamato detettore anti svio. Che l’Era (Agenzia
europea per la sicurezza ferroviaria) non ha ancora oggi
dichiarato obbligatorio sui carri che trasportano merci
pericolose. Installare o meno il sistema che si accorge che
il treno sta deragliando e ne arresta la marcia è ancora
lasciato all’adozione volontaria delle singole imprese
ferroviarie.
Con buona pace della task force che la stessa
Era ha mandato in giro tra Europa ed Italia un attimo dopo
le immagini di Viareggio in fiamme a fare il giro del mondo.
Salvo poi diventare - in questi sette anni - le più scomode
da mostrare e raccontare, tanto che mai processo di tali
dimensioni fu così nascosto agli occhi dell’opinione
pubblica.
L’Era non ha mai scelto. Ma in quella tabella «da
macelleria», come ha voluto sottolineare il pm, ci sono i
prezzi di vite umane perse e feriti in caso di
deragliamento. Confrontati con i costi per dotare i carri
del dispositivo anti svio: «Ogni carro allestito con un
sistema molto più evoluto anche dell'antisvio sarebbe venuto
a costare tra i seimila e gli ottomila euro», sono le cifre
ricordate in aula dal pubblico ministero Giuseppe Amodeo.
Ma
per l’Era costano meno «quelle tre vite umane l'anno» che si
possono statisticamente perdere se si verifica un
deragliamento di treni che trasportano merci pericolose.
In aula c’è chi ha testimoniato, senza nulla omettere, che
c’era un progetto al quale dentro Trenitalia - la stessa
società di Fs che oggi sta sperimentando l’adozione
dell’anti svio - si è lavorato per valutare se attrezzare o
meno i carri merci che l’azienda avrebbe dovuto acquistare
se avesse deciso di investire nel settore del trasporto
merci e merci pericolose su rotaia. Finì che non se ne fece
di niente, dopo l’analisi del rapporto tra costi e benefici,
illustrata in aula da Giannino.
Ma - sono le parole di
Amodeo, pesanti come quelle del collega - «il settore merci
pericolose per Trenitalia non faceva vetrina, non era
strategico. Era l'Alta velocità che consentiva di fare
apparizioni brillanti». La conclusione è densa di amarezza.
E per i familiari delle vittime in aula è l’ennesimo pugno
nello stomaco che l’intera storia del disastro ferroviario
di sette anni fa riserva loro: «Interessava altro. Questa è
la verità. Dura, intollerabile verità».
La conclusione dell’intervento di Amodeo è la citazione di
una persona che molto ha fatto e fa per la sicurezza in
ferrovia, anche sopportandone le conseguenze del suo agire
sulla propria vita personale: «Dante De Angelis, un
macchinista e non un ferroviere da salotto. Colui che ha
ricordato come i treni svizzeri attraversino tutta l'Italia
e che non gli è mai capitato di intervenire su un rilevatore
anti svio che fosse andato in allarme. Aggiungendo: “Se
qualcuno dicesse di non tirare un freno d'allarme perché
altrimenti succederebbe un guaio direi che quello di treni
non ne capisce nulla”».
Per completare la storia del rilevatore di svio va
ricordato quello che scrive l’Agenzia nazionale per la
sicurezza ferroviaria: «Vista la criticità connessa al
trasporto di merci pericolose, l’Otif (Organizzazione
sovrannazionale per i trasporti internazionali ferroviari)
aveva previsto nel Rid (Regolamento del trasporto
ferroviario internazionale di merci pericolose) a partire
dal 1° gennaio 2011, il requisito di dotare i carri
trasportanti merce pericolosa del rilevatore di
deragliamento. Tale posizione era stata unitariamente
sostenuta dall’Italia in sede Otif».
Esattamente quanto mostrato in aula, carteggio alla mano,
dal pm Giannino: «Ecco una email del ministero dei trasporti
ed infrastrutture con la quale l’Italia l'Italia dichiara la
ferma convinzione di introdurre nel Rid 2013 l’obbligo del
dispositivo anti svio per i carri trasportanti merci
pericolose a partire da quelli più vetusti. Come era quello
di Viareggio».
A distanza di quattro anni dalla strage di
Viareggio la preoccupazione che un disastro simile potesse
ripetersi era ancora alta e vi era - aggiunge Giannino -
«forte preoccupazione da parte Italia». Il cui ministero, in
quella comunicazione, ricordava che «le conseguenze
dell’incidente di Viareggio sarebbero state molto più
limitate se il carro che è deragliato fosse stato invece
attrezzato con il dispositivo che ne avrebbe impedito la
corsa al primo accenno di deragliamento».
Le leggi del mercato, invece, fanno sì che ancora oggi si
stia discutendo dell’obbligatorietà o meno dell’adozione di
una «facile ed economica soluzione che richiede un tempo
relativamente breve per essere montata e costi assolutamente
esigui», conclude Salvatore Giannino.
Una soluzione tecnica -
ricorda Amodeo - che per le Ferrovie italiane «non è un
alieno, visto che lo conoscono dal 1998. Da allora ad oggi
ci sarebbe stato davvero un bel po' di tempo per
sperimentarlo, prenderlo in considerazione, confrontarsi
con la Svizzera». Evitare trentadue morti.
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