Melfi, l’operaia in maternità trasferita a mille chilometri
Da Trevico a
Torino. Si chiamava così il film di Ettore Scola e Diego Novelli che
negli anni 70 voleva raccontare la vita difficile degli operai
emigrati dal Sud e venuti a lavorare a Torino. La parodia di quel
film, oggi, potrebbe essere da Melfi a
Chivasso. Mille chilometri di distanza non
per emigrare in cerca di lavoro ma costretta al trasferimento per
ragioni che la Fiom-Cgil e i legali considerano una vera
discriminazione.
Quei mille
chilometri rappresentano la distanza che l'operaia Giorgia Calamita,
di 43 anni, dovrà attraversare, secondo la sua azienda, la Fenice
Spa, per prendere servizio nella sua nuova postazione. Un
trasferimento improvviso, deciso lo scorso aprile nel pieno di un
contenzioso tra Calamita, da poco madre di due bambini, e la società
che si chiama Fenice ed è del gruppo francese Edf, ma lavora
stabilmente nel gruppo ex Fiat, oggi Fca, nel caso in questione nello
stabilimento Sata di Melfi.
Proprio alla
Sata, Giorgia Calamita è stata assunta nel 1992 con un contratto di
formazione e lavoro che però si trasformerà in un contratto di
impiegata tecnologa (V livello metalmeccanico) quando passa,
senza soluzione di continuità, al gruppo Fenice. Una classica
operazione di terziarizzazione delle mansioni, pratica comune nelle
aziende italiane e in particolare alla Fiat.
Tutto va
bene fino a quando l'operaia non ha i suoi due figli. Prende il
congedo obbligatorio ma poi, dal 2009, anno del suo ritorno in
produzione, continua a prendere congedi maternità fino a chiedere
il part-time che le viene concesso. A questo punto la sua mansione
viene dequalificata. Da tecnologa viene destinata a mansioni di
archiviazione e registrazione del lavoro altrui. Di fronte alle sue
proteste e a quelle del sindacato Fiom che la rappresenta - Calamita
è molto attiva in fabbrica - l'azienda, secondo i legali della
lavoratrice, adotta un atteggiamento, inutilmente e gratuitamente
aggressivo. Si verificano diversi scontri con affermazioni
dispregiative fatte in presenza di altri operai: “Non prendo
neppure in considerazione la questione delle sue mansioni visto che
Lei è sempre in maternità!”, si sente dire Calamita dal
responsabile dell'Unità operativa. Al sindacato che chiede incontri
per discutere del problema la risposta è sempre la stessa: la
lavoratrice è sempre in maternità quindi è assenteista. Le
denunce continue, i 14 volantini affissi in bacheca dalla Fiom,
sembrano non servire. Fino a quando il sindacato decide di diffidare
l'azienda e la stessa Calamita si rivolge alla Consigliera di
Parità della Provincia di Potenza che fissava un incontro per il 24
aprile 2015 disertato dall'azienda. Allo stesso tempo partiva la
lettera di trasferimento presso la sede di Chivasso ad oltre 1.000
chilometri con effetto dal 4 maggio 2015.
A quel punto
non è restato altro che rivolgersi al Tribunale e rendere pubblica
la vicenda sulla quale è stata presentata un'interrogazione
parlamentare.
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