di Elisa Brunelli —
Il nostro Paese continua a esportare armi e munizioni a uso “civile” in Israele che vengono poi rivendute negli insediamenti illegali. In un contesto di scarso controllo e crescente violenza contro i palestinesi. I casi di Beretta e Fiocchi
Tratto da Altreconomia 277 — Gennaio 2025
L’aumento delle violenze in Cisgiordania dopo gli eventi del 7 ottobre 2023 non riguarda solamente la radicalizzazione dei gruppi di coloni più estremisti e le politiche del governo israeliano, ma coinvolge direttamente anche le aziende produttrici di armi e munizioni in Italia. Il flusso ininterrotto verso Israele continua ad alimentare un mercato che, nell’ultimo anno, ha conosciuto un’espansione mai vista prima, andando ad arricchire inevitabilmente un settore che non sempre ha il pieno controllo sulla distribuzione finale della merce esportata.
“Il fatto più grave è che non solo l’Italia non ha sospeso l’invio di armi dopo il 7 ottobre ma ha continuato a mandarle per i mesi successivi del 2024 -osserva Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (Opal)-. La maggior parte dell’export riguarda soprattutto armi e munizioni di tipo comune, cioè non predisposte per lo specifico impiego militare,
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