lunedì 12 giugno 2023

pc 12 giugno - Festival dell’Economia di Trento: all’insegna… della guerra!

Dal 23 al 28 maggio scorso, a Trento si è tenuto il 18° Festival dell’Economia organizzato dalla Confindustria attraverso il suo quotidiano Il Sole 24 Ore!

Da 18 anni quindi i padroni italiani fanno questa grande “festa”, con il patrocinio della Provincia, del Comune e dell’Università, chiamando a raccolta numerosi esperti di economia e politica internazionale e locale, esponenti del governo italiano, in questo caso oltre la Meloni sono stati presenti ben 19 ministri dell’attuale governo infarcito di fascisti, e anche per questo gli organizzatori hanno detto che è stato un “successo”.

La borghesia dominante del nostro Paese ha fatto il punto sulle questioni più scottanti attraverso la fitta agenda quotidiana: gli argomenti trattati sono stati davvero tanti e svariati e sono naturalmente tutti intrecciati, riportati in parte negli articoli pubblicati dal Sole24Ore: dalla globalizzazione alla guerra, dalla formazione dei giovani, all’intelligenza artificiale, ecc. Riportiamo alcuni titoli: “Nuova

globalizzazione e ruolo della Cina”, “Dove va la democrazia”, “Dal sovranismo nazionale alla sovranità europea”, “Il dominio del XXI secolo. Cina, Stati Uniti e la guerra invisibile sulla tecnologia”, “La trappola delle culle. Perché non fare figli è un problema per l’Italia e come uscirne” …

Diciamo subito, e non poteva essere altrimenti, che il filo conduttore, alla luce delle analisi complessive su tutti questi temi, è stato quello della difesa degli interessi del capitalismo-imperialismo italiano, innanzi tutto, all’interno di quello europeo.

È chiaro che l’analisi dell’economia è centrale e serve ai padroni per comprendere meglio le dinamiche mondiali in corso affinché possano affrontare le “sfide globali”, sfide dal punto di vista dell’imperialismo europeo, che sono state riassunte da alcuni interventi, come, per esempio, quello di Tronchetti Provera, amministratore delegato di Pirelli, con la vecchia immagine del vaso di coccio tra i vasi di ferro: il vaso di coccio sarebbe il blocco dei paesi imperialisti europei con all’interno l’Italia, appunto, mentre il vaso di ferro, sarebbero gli Stati Uniti da un lato e la Cina dall’altro; Cina, tra l’altro, che, per fare una battuta, l’ha fatta da padrone, o meglio da convitato di pietra, durante tutta la “festa”.

Questa posizione da frustrati underdog, per dirla alla Meloni, cioè da considerarsi svantaggiati nella concorrenza mondiale, è stata ripetuta diverse volte negli interventi, ed è servita a padroni, analisti e politici di questo governo anche per fare pressione, per dare uno scossone agli organi decisionali europei: per un’Europa più forte, decisa, capace di garantire una lotta “ad armi pari” nella concorrenza mondiale.

È chiaro che ogni tema in discussione meriterebbe un articolo a sé, ma, vista appunto l’ampiezza dei temi, in questa occasione ne scegliamo alcuni partendo dalla guerra in Ucraina attualmente in corso, sulla quale hanno espresso la loro posizione vari esponenti del governo, esperti e analisti, perché se è vero che l’economia è il punto di partenza di questa iniziativa, un investimento costato centinaia di migliaia di euro, in questo momento è la “la guerra in Ucraina che detta l’agenda”! come ha detto uno degli esperti!

E sulla guerra si sono espressi tra i tanti, il ministro della Difesa Crosetto, il presidente della Fincantieri ex capo di stato maggiore Graziano, l’amministratore delegato di Pirelli Tronchetti Provera…

Sulla guerra e il sicuro appoggio “fino alla fine” a Zelensky, la posizione della Meloni, che è stata invitata il primo giorno, è stata data per scontata; le è stato chiesto invece, nella sostanza, cosa il suo governo sta facendo per i padroni, e lei ha ancora una volta ribadito il sostegno del suo governo rassicurandoli sulla loro richiesta di rendere strutturale il cosiddetto cuneo fiscale (e cioè abbassare ancora le tasse ai padroni); rassicurandoli sul no al salario minimo per legge; e rassicurandoli su un governo più forte e capace di decidere più in fretta con la riforma del presidenzialismo! E senza perdere di vista buona parte del suo elettorato ha aggiunto che le tasse non devono essere “pizzo di Stato”! Di fatto sostenendo l’evasione fiscale.

Mentre il “piazzista d’armi” Crosetto, nel suo intervento, va subito al dunque, delineando di fatto uno scenario di guerra a tutto campo, dicendo che “L’Ucraina è la punta dell’iceberg” e che bisogna difenderla perché bisogna difendere la democrazia contro le autarchie. Per Crosetto i Paesi democratici sarebbero tutti i paesi imperialisti “occidentali” e autarchici i Paesi imperialisti come la Russia e la Cina. Per questa difesa, dice Crosetto, ci vuole un “salto di qualità”, e cioè un “esercito comune, di tutti i 27 Paesi europei” e pieno di militari perché 5mila unità “resisterebbe poche ore”! Insomma un esercito europeo forte e numeroso, che significa altri miliardi di euro in spese militari.

jSi tratta di una vera e propria istigazione all’allargamento della guerra fatta passare come “necessità”. E per dare più forza al suo discorso Crosetto fa intravedere un’altra “necessità” ponendo all’auditorio una domanda: “E’ più forte uno Stato che va alle elezioni e discute in Parlamento o una nazione comandata da un uomo che decide con sé stesso?”. È evidente che a Crosetto, nonostante il tentativo di nascondere la sostanza del suo discorso, piace l’idea della “nazione comandata da un uomo solo” perché più forte e che può decidere rapidamente senza discussioni in Parlamento! Per superare la “burocrazia” in Europa, rispetto, per esempio all’esercito europeo, con il nodo del “chi comanda” perché blocca qualsiasi slancio. È chiaro che sta parlando, per quanto riguarda l’Italia, del presidenzialismo a cui sta lavorando il governo come primo passo verso un aperto moderno fascismo.

Su questo Crosetto, insiste e non riesce a nascondere le pulsioni fasciste in questo discorso apertamente guerrafondaio: ci vuole un “cambio di paradigma” perché l’Occidente potrebbe non essere in grado di rispondere, e se la prende con i “pacifisti” con una frase, è il caso di dirlo, “mortifera”: “Non so se con il benessere che ha allontanato la cultura della morte sarà in grado. Ora ha reagito con una reazione non occidentale”. La “reazione occidentale”, per Crosetto, sarebbe stata quella di fare subito la guerra, e che quindi la “cultura della morte” sarebbe stata più efficace anche in questa occasione! E dopo questo discorso il ministro della guerra ha il coraggio di dire che bisogna “cercare un tavolo di pace”, ma, aggiunge, e qui sembra proprio prendere in giro l’auditorio, “qualcuno deve smettere di tirare bombe”!

Alla fine Crosetto aggiunge altre “necessità”: dice che l’esercito europeo, e cioè armarsi fino ai denti per fare la guerra, serve anche in vista di un possibile ripensamento degli Stati Uniti: “magari tra un anno potrebbe cambiare l’atteggiamento Usa” che potrebbero decidere di abbandonare il campo e “Potremmo avere un altro Afghanistan”. Per questo ci vuole l’esercito europeo e “bisogna dire la verità, quali sono i rischi”, e cioè ci vuole una consapevolezza, così la chiama, che secondo lui non è abbastanza diffusa. Di suo, dice Crosetto, volendo rassicurare l’auditorio “L’Italia è un Paese che spende per l’attività militare” e conta moltissimo sullo scacchiere geopolitico. E forse per contrastare tutto questo parlare di morte azzarda buttando lì una frase alla quale non può credere nessuno: il suo è un governo “portatore di pace”! E qui ripete la storiella da propaganda fascista, completamente falsa, degli “italiani brava gente”. La pace, conclude, certo ci vorrebbe ma “È la realtà, purtroppo a imporre un bagno di pragmatismo”. A questo punto poteva benissimo dire “bagno di sangue”.

Questo invito al  pragmatismo, è stato raccolto dall’altro guerrafondaio presente alla kermesse, l’ex capo di stato maggiore Graziano messo a capo della Fincantieri che, anche lui senza mezzi termini, dice che ci vuole una Ucraina da mantenere forte e una “pace vittoriosa”! che per continuare questa guerra, tenendo anche conto dei problemi che stanno arrivando dall’Indo pacifico, e quindi per la difesa dell’Europa, non solo è necessaria più cooperazione militare, e anche più spese militari, ma c’è bisogno di una ristrutturazione dell’economia perché “nel settore della difesa tutto è cambiato dopo il conflitto russo-ucraino. A livello globale sta aumentando la spesa degli armamenti.” aggiungendo che il suo settore sempre più impegnato nella costruzione di navi da guerra sta facendo la sua parte puntando sull’integrazione di vari sistemi nelle navi moderne in grado di operare nel dominio cyber e digitale.

Chiude, per così dire, questa sfilata di guerrafondai, Tronchetti Provera che sull’Ucraina dice che non bisogna “cedere mai”, non dopo aver rimproverato l’Europa perché sull’Ucraina è andata al traino degli Stati Uniti non vedendo quindi che la guerra sarebbe scoppiata e questo perché non ci sarebbe, in Europa, una direzione forte, “non c’è leadership”.

Come si vede l’occasione del Festival dell’Economia (di guerra) è servita all’imperialismo italiano nelle sue varie componenti ad esprimere il pieno appoggio, con varie argomentazioni, alla guerra in Ucraina in corso.

Una iniziativa, questa del Festival, che viene messa in piedi non solo, come hanno detto, per trovare le risposte ai problemi del capitalismo-imperialismo; per rassicurare se stessi davanti ad una crisi che sfocia nella guerra da essi stessi analizzata e raccontata; ma soprattutto per trovare sempre nuovi strumenti anche nel campo della teoria e dell’ideologia per la guerra che i padroni fanno quotidianamente all’altro convitato di pietra, il proletariato, per mantenere il dominio della borghesia.

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