mercoledì 7 ottobre 2020

pc 7 ottobre - Dall'ultimo numero di proletari comunisti - "Pandemia - imperialismo - lotta di classe"

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I giorni passano e appaiono evidenti due questioni: la pandemia non è affatto domata ne a livello mondiale ne a livello nazionale. Questo dimostra, al di là di tutto, che l’imperialismo, gli Stati e i governi non sono in realtà in grado né di fermarla e naturalmente meno che mai rimuovere la cause che l’hanno prodotta.

Mentre scriviamo sono superati i 35 milioni di contagi e ampiamente il milione di morti.

Ma non sono solo i dati generali che ci devono preoccupati, quanto i dati particolari, la crescita dei contagi giornalieri là dove non si è mai arrestata e la ripresa dei numeri di essa là dove sembrava che un contenimento parziale fosse andato in porto.

Negli Usa è chiaro che la linea di Trump fascio-populista e negazionista è un elemento aggravante che contrasta apertamente con la capacità che questo paese ha, e che è maggiore di tutti gli altri paesi al mondo, di affrontarla e contenerla. Ed è evidente come qui nei prossimi mesi sono in campo tre cose: la

sconfitta di Trump, un nuovo indirizzi spinto neo keynesiano di una nuova presidenza, la realizzazione e l’utilizzo all’insegna dell’”America prima di tutto” di un vaccino.

Sono questi i fattori obiettivi di una marcia di contenimento, ma essi non sono affatto scontati perché si muovono dentro la crisi economica, l’acuta contesa inter imperialista, la dinamica della lotta di classe all’interno del paese, dentro lo sfondo più generale epocale della contraddizione fondamentale tra imperialismo, di cui gli Usa sono superpotenza egemone, e i popoli oppressi che sono in movimento in tutti gli scenari del mondo.

E’ giusto concentrare quindi la massima attenzione su ciò che succede e succederà a breve e medio periodo all’interno degli Usa.

Evidentemente però dal punto di vista dei proletari e dei popoli i drammi più enormi si stanno consumando in India e sempre in Brasile. Due Stati continenti dentro due aree del mondo decisive per l’economia e gli assetti geostrategici. In India siamo a 100mila casi giornalieri, mentre scriviamo, anche se fortunatamente a queste straordinarie dimensioni non corrisponde un’ondata di morti corrispondenti, siamo intorno ai 90mila complessivi. Ma il dramma sanitario è sempre alla porta, le notizie parlano di mancanza di ossigeno in Nuova Delhi e nello Stato del Madhya pradesh.

Ma è la crisi economica che invece fa quotidianamente passi da gigante e mostra il carattere di “gigante dai piedi di argilla” in questo paese.

In questi giorni le masse indiane sono in lotta in ogni angolo del paese...

In India pandemia e crisi producono le condizioni per l’avanzamento della rivoluzione che ha due fulcri: la guerra popolare che attraversa diversi Stati guidata dai maoisti, che repressione e massacri non sono riusciti a contenere e che le condizioni oggettive continuano a favorire; la gigantesca dimensione della classe operaia che anche in questo paese non ci sta a pagare il costo della crisi e della sua trasformazione in “carne da macello” e, anche per le pesanti migrazioni interne, in vettori dell’epidemia stessa.

Quindi il Brasile. Versione selvaggia con il regime fascista di Bolsonaro, del negazionismo imperialista di Trump. L’azione di Bolsonaro produce una profondissima e nuova crisi di regime e la trasformazione del paese in una polveriera sociale, gravida di una rivoluzione.

Dall’Amazzonia alle zone in cui è forte la lotta delle masse contadine, alle favelas, al generale tessuto proletario e giovanile che attraversa le grandi città. La repressione, la brutalità poliziesca hanno trovato nella pandemia e nella crisi un’occasione per dispiegarsi, ed essa è diventata un potente alimento della lotta e della ribellione di tutti gli strati del popolo.

Il Brasile è dentro però un’America Latina in fiamme, dove al di là della natura dei governi tutti al servizio dell’imperialismo e delle borghesie ad esso legate, la pandemia dilaga con numeri relativi perfino maggiore di quelli del Brasile, in Perù, Colombia, Messico e poi Argentina, Cile. Ovunque all’interno di questi paesi si sviluppa acuta la lotta di classe in tutte le forme e dentro di essa la riorganizzazione ideologica, politica e strategica del movimento comunista.

E da questi luoghi al centro della pandemia occorre tornare dentro i paesi dell’Europa imperialista che erano stati le prime sponde del contagio provenienti dalle “fornaci” del mondo, come Wuhan.

Via via i paesi imperialisti in Europa hanno mostrato la corda. E oggi i numeri di Francia, Inghilterra, oltre che Spagna rappresentano una sorta di seconda ondata e la stessa Germania, dall’alto della sua ricchezza e struttura politico-sanitaria che ha permesso di governare la pandemia con costi relativi, comincia ad essere riattaccata nelle sue fondamenta.

L’Italia finora è quella che meno ha subito gli effetti di questa seconda ondata della pandemia.

Nessun dubbio che questi governi ora vivano una profonda contraddizione tra la difesa degli interessi dei padroni di ogni genere e tipo che hanno come esclusivo interesse il profitto e vogliono Stati, governi al loro servizio e il drammatico stato, provocato dall’intreccio pandemia e crisi che mina il sistema economico nel suo complesso dal punto di vista del proletariato e delle masse.

Esiste l’effettiva possibilità che la classe operaia, le masse popolari più povere e più colpite da disoccupazione, reddito e mancanza di servizi sociali siano un fattore scatenante di una nuova gigantesca ondata della lotta di classe, di cui si sono viste finora solo le avvisaglie.

Gli Stati e i governi dei paesi imperialisti europei hanno ancora davanti a sé apparentemente due strade per difendere gli interessi delle classi dominante, quella delle misure keynesiane e quella della strutturazione dello stato della repressione e della controrivoluzione preventiva.

Le due misure non sono l’una in contrasto con l’altra. La presenza crescente del fascio-populismo, che sulla pandemia è negazionista, le contraddizioni indotte dall’ondata migratoria possono sposarsi bene con i nuovi indirizzi espressi dalla presidente della Commissione europea, espressione, per così dire, “lungimirante” degli interessi dell’imperialismo tedesco.

In questo senso pandemia e crisi, le due vere cose che convivono, sono obiettivamente una nuova opportunità per una nuova fase della lotta di classe, della guerra di classe che ridia linfa e speranza alla rivoluzione socialista.

Non sono assolutamente in contrasto con questo, anzi ne sono complementari, il fatto che i governi imperialisti europei, singoli o associati, fronteggiano la guerra non dichiarata con l’imperialismo americana, la guerra dichiarata ma non condotta realmente per il primato dell’economia verso Russia e Cina, la guerra a cui invece sono trascinati dallo stato delle cose in tutto lo scenario che va dal Mediterraneo al Golfo Persico, al Medio Oriente, al cui interno si muovono come variabili impazzite la Turchia di Erdogan e anche la dinamica dei tradizionali puntelli dell’imperialismo, Egitto, monarchie Arabe, Israele.

Dal punto di vista di noi comunisti, dei proletari, il punto è solo uno. Costruire l’autonomia ideologica, politica e organizzativa del proletariato nella versione di nuovi Partiti comunisti di tipo nuovo, combattenti politico-militari, nel fuoco della lotta di classe in stretto legame con le masse.

Fare leva sull’esigenza oggettiva di un fronte unito del proletariato e delle masse popolari all’interno di ogni paese, in Europa e in tutto lo scenario che la circonda ad Est come al Sud in particolare, come brodo di coltura della lotta delle masse, dell’esperienza delle masse e dell’affermazione della linea proletaria rivoluzionaria e internazionalista, contro le influenze piccolo borghesi e sottoproletarie e populiste.

Questo è ciò che dobbiamo fare, perché è necessario fare e perché si può fare.

proletari comunisti/PCm italia

7 ottobre2020

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