L’Innse denuncia i lavoratori: «C’è chi boicotta l’impresa»
da corriere della sera
Davvero a Milano è in gioco la libertà di fare impresa? «Abbiamo deciso di portare l’Innse da problema a eccellenza. Quindi operiamo per applicare gli accordi. Oggi, però, ci è fisicamente impedito con atti illegali di fare ciò per cui ci siamo impegnati. Abbiamo chiesto alle autorità competenti di ristabilire la legalità dentro e fuori l’Innse. Senza la legalità diventerà impossibile fare impresa», risponde Lodovico Camozzi, presidente del gruppo. Eppure l’8 settembre, azienda e sindacato –— la Fiom Cgil, mica un’organizzazione dalla firma facile — hanno raggiunto un accordo importante, che addirittura supera il Iobs act. Camozzi, infatti, si è impegnata a «investimenti produttivi» per oltre un milione di euro, destinati all’acquisto di due nuovi macchinari in sostituzione dei vecchi impianti. Ma all’origine del via libera dei metalmeccanici Cgil c’è soprattutto un altro punto: il ricambio generazionale dei dipendenti. Camozzi si è infatti assunta l’impegno a distribuire nei prossimi tre anni incentivi all’esodo per i dipendenti con i requisiti minimi per il pensionamento e, parallelamente, a «un piano di inserimento di personale». Il testo firmato a Roma indica anche nello specifico di quali figure tecniche si tratterebbe. E — aprendo a sorpresa un varco nelle stesso fronte delle imprese — sottolinea che agli assunti «garantirà gli stessi trattamenti normativi degli altri lavoratori in forza». Cioè niente Jobs act. E vecchio inquadramento, con maggiori tutele. Tutto bene? No. Sottoposto a referendum tra i 28 lavoratori, l’accordo sottoscritto da sindacati, azienda e ministero è stato bocciato. Ora la questione esce dai binari sindacali e diventa materia penale.
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