Nei
giorni 25 e 26 luglio, presso tutti gli stabilimenti Fincantieri, i
lavoratori furono chiamati ad esprimersi con un voto sull’ipotesi di
accordo siglata unitariamente da Fim Fiom e Uilm per il rinnovo del
contratto aziendale. Il risultato finale complessivo vede il SI
prevalere di misura, con il 57% (2885) dei voti contro il 42% (2125)
dei NO. Se si tiene conto solo del voto strettamente operaio dei
cantieri, su cui il nuovo contratto avrà l’impatto più disastroso, il SI
passa con un, ancor più misero, 54%.
In
un precedente articolo, avevamo spiegato le ragioni per cui ritenevamo
profondamente negativa l’intesa raggiunta, per cui abbiamo fatto appello
ai lavoratori a respingerla nelle urne. Da questi dati emerge
chiaramente come, ad una vittoria molto striminzita del SI dal punto di
vista aritmetico, corrisponda una sconfitta politica evidente per tutti e tre i sindacati firmatari.
Soprattutto per la Fiom.
Sono
infatti i cantieri in cui la Fiom ha più iscritti, radicamento e forza
sindacale, quelli in cui il NO prevale o perde di poco. Clamorosi sono i
dati di Ancona e Marghera, dove storicamente più forte è la capacità di
conflitto della Fiom, in cui il NO rispettivamente prevale e pareggia.
Altrettanto
significativa è la vittoria schiacciante del NO nel cantiere di
Monfalcone, che è il più grande ed importante del gruppo, con il 61%.
Anche a Palermo e Riva Trigoso la vittoria del SI è solo del 52%.
Addirittura
nel quartier generale di Trieste, dove sono presenti solo ingegneri,
tecnici ed impiegati altamente qualificati, il SI non va oltre il 61%.
Persino in una realtà storicamente difficile dal punto di vista
sindacale, come Castellammare, il SI si ferma al 68%.
Di
fatto, l’unico cantiere in cui l’accordo passa con un risultato
importante è Sestri Ponente dove viene approvato con l’84% dei consensi.
Queste
cifre non lasciano spazio ad interpretazioni. Nel voto i lavoratori,
soprattutto quelli legati alla Fiom, hanno voluto punire la scelta fatta
dalla propria organizzazione di firmare ad ogni costo l’accordo,
piuttosto che rischiare di restare esclusa da una intesa separata delle
sole Fim e Uilm.
Nel
precedente articolo avevamo chiesto al gruppo dirigente della Fiom se,
anziché dare per persa la battaglia, non fosse valsa la pena di tentare
di riprendere il conflitto. Oggi rinnoviamo lo stesso quesito con la
certezza, emersa dalle urne, che le debolezze e i timori dietro cui si
giustificava tanta arrendevolezza non erano proprie dei lavoratori,
bensì del gruppo dirigente della Fiom. Questo risultato rappresenta una
sconfitta politica che necessita l’apertura di una riflessione seria e
profonda all’interno della Fiom in merito alla deriva che la nostra
linea sindacale sta prendendo. Questo diventa ancor più necessario nel
mezzo di una vertenza così complicata come quella in cui siamo immersi
per il rinnovo del contratto nazionale.
Il
voto della nostra base di riferimento in Fincantieri ci sta dicendo in
maniera inequivocabile che la Fiom non può rimangiarsi le ragioni di
anni di lotte. Non può accettare di firmare contratti a tutti i costi e
soprattutto non può accettare di veder applicato ciò contro cui ha
mobilitato i lavoratori per oltre un decennio.
Il
messaggio è chiaro e forte: o la Fiom torna ad avere il coraggio di
dire NO, costi quel che costi, come fece a Pomigliano nel 2010 – e
allora potrà ottenere risultati eccellenti come al rinnovo degli RLS nel
gruppo FCA – oppure dovrà pagare un prezzo altissimo.
In termini di autorevolezza, di radicamento, di militanti e, non ultimo, di iscritti.
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sabato 3 settembre 2016
pc 3 settembre - Ripartiamo dalle fabbriche - Fincantieri - significa non ripartire da referendum e diatribe interne alla FIOM, bensì da classe, sindacato di classe, partito di classe, lotta di classe, GUERRA DI CLASSE!
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