lunedì 2 giugno 2025

pc 2 giugno - La centralità del ruolo delle donne: per il sistema del capitale - per la lotta rivoluzionaria

Il ruolo delle donne nella società capitalista viene considerato centrale dalla borghesia. Chiaramente questo non viene detto, se non a volte, ma in termini ipocriti; nasconderlo, occultarlo è parte della politica della borghesia, della sua azione di oppressione, subordinazione, doppio sfruttamento della maggioranza delle donne.

Questa centralità, negativa per le donne, è una condizione che va al di là del tipo di governo o del tipo di Papi; a maggior ragione per le donne le differenze tra governi di centro sinistra, o di falsa sinistra e di centro destra sono superficiali, al massimo portano mutamenti formali, e solo per una ristrettissima minoranza di piccola/media borghesia interna ai valori della classe dominante, ma la sostanza resta tutta. E oggi, nella fase di crisi del capitalismo, dell’imperialismo, per cui servono governi di estrema destra, o già apertamente formati da fascisti, come in Italia, l’attacco alla condizione delle donne, ai suoi diritti, in primis il diritto d’aborto, viene portato avanti riprendendo e rinnovando ideologie reazionarie, compreso concezioni patriarcaliste ad usum di massa. Questo più il sistema borghese è in crisi, più è centrale.

Ma le donne devono comprendere e volgere a favore della propria lotta questa centralità; comprendere che se il ruolo delle donne è centrale per la borghesia allora un movimento rivoluzionario delle donne è “centrale” per rovesciare questo sistema capitalista. E questo lo devono comprendere tutti, in primis i rivoluzionari, i comunisti.

In che consiste questa centralità.

L’aspetto della riproduzione è importante per tutti i sistemi sociali; ma lo è soprattutto per il

sistema capitalista, che dalla forza-lavoro, e quindi dalla sua riproduzione – sia come ricambio generazionale, sia perché si torni il giorno dopo ad essere sfruttati – trae il pluslavoro, il plusvalore, il profitto. Oggi la campagna per la natalità, che vede impegnati la quasi totalità dei paesi imperialisti, non è solo frutto di una azione politico/ideologica, ma è una necessità concreta per la borghesia, per la sua economia.

Ma c’è anche una necessità ideologica, di valori. E rispetto a questo, l’attacco al diritto d’aborto ne è la loro sintesi. Certo la questione concreta, immediata è il legame aborto e natalità; se pretendi il diritto d’aborto, tu donna pretendi di decidere di quante braccia ha bisogno il capitale?

Ma le ragioni sono più generali. Se la donna ha diritto di scelta, di decidere del proprio corpo, della sua vita, allora mette in discussione, che ne sia cosciente o no, i cardini del sistema borghese, in cui le masse popolari, i proletari non hanno diritto di scelta, possono solo “scegliere”, sono solo “liberi di scegliere” come e a chi vendere la propria forza-lavoro, le proprie energie fisiche e intellettuali.

Per lo Stato, i governi, la Chiesa è fondamentale esercitare il controllo sociale sulla riproduzione della donna, specialmente, come abbiamo detto, in tempi di crisi, come questo.

Se le donne hanno un diritto di scelta come possono accettare sempre di essere doppiamente sfruttate e oppresse? Pretenderebbero di avere diritti su tutto...

Da quando la società si divise tra chi ha la proprietà dei mezzi di produzione e chi non possiede nulla, se non le proprie braccia, e da quando si impose il dominio maschile nella famiglia e nella società, alle donne si impedì il diritto di prendere decisioni sulla riproduzione. Quindi la condizione delle donne e la riproduzione attiene ai rapporti di proprietà.

Proibire l’aborto è la violenta dichiarazione del dominio maschile, della società capitalista sulle donne.

Così come per lo Stato borghese è importante il lavoro domestico, il ruolo di assistenza delle donne nella famiglia – gli anni sono passati, ma questo ruolo non passa, e addirittura pesa ancora di più, perché oggi è essenziale, nella crisi economica, nel destinare sempre più fondi per la guerra, per le armi, togliere fondi ai servizi sociali, alla sanità, alla scuola.

Alcune teorie femministe da questa centralità del lavoro domestico hanno detto, dicono che se venisse meno il lavoro domestico il sistema del capitale crollerebbe – questo, sarebbe bello, ma purtroppo, non è vero; il sistema sa trovare delle sue ancore di salvataggio, fino a parziali socializzazioni di alcuni aspetti del lavoro domestico, di cura, fermo restando che il loro costo economico ricadrebbe comunque sulle masse popolari e che rimarrebbe intatta l’oppressione generale della maggioranza delle donne – ma è vero che il lavoro domestico è fondamentale per la riproduzione della forza-lavoro, per il taglio dei costi sociali.

Ma non si tratta solo di un problema economico. E’ sempre più essenziale mantenere intatti i fondamenti della funzione della famiglia in questo sistema, e quindi del ruolo della donna in essa, per mantenere e rafforzare l’ideologia conservatrice che trova nella famiglia una base e fonte essenziale: la famiglia come ammortizzatore sociale degli attacchi alle condizioni di lavoro, di vita; la famiglia come ammorbidente della contraddizioni sociali sempre più laceranti; la famiglia come luogo di chiusura/salvaguardia verso l’esterno; la famiglia come lenitiva delle frustrazioni, la famiglia come mantenimento di valori integralisti, di proprietà, di fatto fascisti, per l’uomo.

Mettere anche minimamente in discussione questa famiglia, rompere le sue catene scatena le reazioni maschili di cui ogni giorno, con i femminicidi, vediamo i loro effetti sempre più terribili; e sempre più quando questo tipo di famiglia non avrebbe più ragione di esistere, dato lo sviluppo in tutti i sensi delle forze produttive.

Per lo Stato, i governi, la Chiesa rompere i precedenti ruoli, rapporti vuol dire mettere in discussione la funzione della famiglia di “puntello sociale”, ideologico, pratico della conservazione di questo sistema. Un sistema che sempre più viene difeso e propagandato come espressione di valori, cultura “occidentali”, unici degni di essere chiamati tali; un sistema razzista per principio, contro i popoli dei paesi oppressi dall’imperialismo.

Nello stesso tempo è proprio questo sistema che pone la necessità vitale di distruggere il sistema, di rompere le catene di questa famiglia, dell’oppressione delle donne, della metà, a volte maggioranza del genere umano.

E’ questo sistema che introducendo nella società, nella famiglia, abbruttimento, humus fascista, valori di conservazione, riutilizzo di concezioni patriarcaliste, crea le condizioni sociali della rivoluzione proletaria, in cui le donne siano l’anima più radicale.

L’azione degli Stati, dei governi, è sempre più apertamente in contrasto, fa a pugni con una possibilità di sviluppo, emancipazione, liberazione che lo sviluppo delle forze produttive mostra come possibile se ci liberiamo delle catene mortifere di questo sistema capitalista morente.

In questo senso dobbiamo volgere la “centralità” del ruolo delle donne della borghesia, in centralità della lotta delle donne per un mondo nuovo, in cui rivoluzionare terra e cielo.

MFPR

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