Gli avvocati penalisti hanno proclamato uno sciopero di tre giorni che si è concluso ieri contro il decreto sicurezza.
Le ragioni di questo sciopero sono duplici.
Da un lato si denuncia l'abuso della
decretazione d'urgenza perché del decreto sicurezza se ne stava parlando e
se ne stava discutendo in Parlamento secondo un iter che tiene conto delle voci
delle opposizioni e poi di colpo si è passati all'utilizzo del decreto legge
che è uno strumento legislativo del governo ma che ha natura emergenziale,
tassativa, eccezionale e che richiede quindi una situazione di fatto
comportante la necessità e l'urgenza. E quindi ci chiediamo: dov'è l'urgenza di
intervenire così immediatamente?
Ciò che è accaduto è pericoloso per la nostra democrazia in quanto in gioco ci sono gli equilibri fondamentali della forma di governo con tutto ciò che ne consegue sulla forma di Stato, quindi l'abuso del decreto di legge, stravolgendo il sistema delle fonti, viola la separazione dei poteri che assicura la limitazione del potere stesso ed è un elemento imprescindibile di una democrazia costituzionale,
quindi è stato messo in atto un vero e proprio golpe istituzionale sottraendo e annullando il dibattito parlamentare in favore del potere esecutivo. Questo è il primo motivo per cui è stato proclamato lo sciopero.Il secondo motivo per cui lo sciopero è stato
proclamato riguarda proprio l’incostituzionalità
delle norme di questo decreto che introduce una serie di inutili nuove
ipotesi di reato, introduce molteplici, sproporzionate e ingiustificate aumenti
di pena, introduce aggravanti prive di alcun fondamento razionale e
sostanzialmente criminalizza la marginalità e il sistema del dissenso.
E' inquietante anche il messaggio che porta
questo decreto sicurezza, da un lato cioè creare
nella collettività un problema che non esiste perché non pare che ci sia
alcuna allarme sociale o alcuna questione emergenziale legata all'ordine
pubblico che riguarda questi reati, dall'altro tentare di porre le basi per la repressione del dissenso. Questo decreto infatti è il manifesto della filosofia securitaria e
autoritaria che regge il governo Meloni, ha un'impronta fortemente repressiva,
è un decreto pericolosissimo che sta raccogliendo numerose critiche che perfino
l'Organizzazione Europea per la Sicurezza e la Cooperazione ha detto che mina
lo Stato di diritto in Italia.
Le Camere Penali hanno inviato anche al
Quirinale un documento in cui denunciano il fatto che il diritto penale e la
penalità carceraria vengono usati come strumento di comunicazione simbolica e
di propaganda, indifferente ai guasti determinati da simili interventi e
invocano il ricorso alla Corte Costituzionale.
Quando si tocca il codice penale non si agisce
per decreto, è in gioco la libertà delle persone e il populismo penale è
pericolosissimo quanto calpestare la Costituzione. Un populismo penale modellato su esigenze di sicurezza urlate e
amplificate dalla bolla social: le “borseggiatrici incinte”, i” migranti irregolari
nelle stazioni”, i “manifestanti che bloccano il traffico, che imbrattano opere
d'arte”, questo sarebbe ciò che non ci fa vivere tranquilli e questo lo
chiamano decreto sicurezza? È una farsa, perché le borseggiatrici rom, lo
straniero irregolare, il detenuto rivoltoso non sono un'emergenza sociale,
tutt'altro la situazione carceraria è una situazione seria. Dal 2022 sono 270 i
suicidi che sono avvenuti, pertanto non si coglie quale sia l'emergenza sociale
e l'emergenza, di intervenire e gestire queste questioni. Peraltro questa
grande soddisfazione strillata dalla maggioranza relativamente all'approvazione
del decreto di sicurezza si inserisce sullo sfondo di tremende vicende
criminali che sono avvenute in questi giorni: tre morti e feriti a seguito di
una sparatoria innescata per futili motivi, forse per questioni di mancate
precedenze automobilistiche.
Sempre in questi giorni è stata emessa una
sentenza che riguarda una lite sfociata poi in un omicidio per motivi
futilissimi, quelli appunto di aver sporcato delle nuove sneakers bianche!
Questi due gravi episodi sono avvenuti in strade gremite di gente, hanno a che
fare con la sicurezza e quindi viene da chiedersi: il decreto sicurezza che è
stato approvato ha a che fare con queste questioni? Riguarda queste questioni?
Cerca di risolvere queste questioni?
No, nemmeno di striscio, perché gli obiettivi che vuole raggiungere il
decreto sicurezza sono quelli coltivati nella bolla social, quindi
nell'incessante ribollire, rabbioso e scomposto, che tiene in vita il dibattito
populistico dei social e che riguarda quindi le borseggiatrici incinte, il
migrante irregolare che si materializza minaccioso nelle stazioni ferroviarie e
della metro, i petulanti manifestanti che bloccano il traffico, imbrattano
opere d'arte, ecc. Sono questi i “trending topic”, è questa l'energia del
decreto che non ha nulla a che fare con la sicurezza ma è pura propaganda alla
ricerca del consenso social ed è propaganda della filosofia securitaria e
autoritaria che regge il governo Meloni.
Lo scopo del decreto sicurezza non ha a che
fare con la sicurezza reale perché lo scopo non è quello reale di garantire una
sicurezza ma lo scopo è semplicemente quello di fare propaganda e di raccogliere
rabbia e odio collettivo e di dare in pasto aggravanti inventate,
cervellotiche, nuove figure di reato, tutto materiale per la tenuta dei
principi cardine di uno Stato fondato sul populismo e sulla repressione.
Tutte queste sono le motivazioni per cui gli
avvocati penalisti hanno proclamato questo sciopero che ha avuto una buona
riuscita ed è stato molto bene accolto dalla classe forense.
Sono state indicate anche altre due date per manifestare contro il
decreto sicurezza: la prima è il 26 maggio, giorno in cui il testo arriverà in aula alla Camera, e
la seconda il 31 maggio, data scelta
per una manifestazione nazionale
contro il decreto sicurezza e che servirà ad organizzare la resistenza alla
svolta autoritaria annunciata da questo governo. Alla data del 31 maggio si
è arrivati con un appello molto netto da parte di più di 200 giuristi cui hanno
aderito anche diverse reti associative e le stesse camere penali.
Il documento definisce il decreto l'ultimo anello di una ormai lunga
catena di attacchi volti a comprimere i diritti, ad accentrare il potere,
denunciando gravissimi dubbi di costituzionalità, il primo dei quali consiste
nel vero e proprio attacco alla funzione legislativa delle Camere attraverso un
plateale colpo di mano del governo.
avvocatessa Ricci - taranto
Sono 237 i giuristi italiani, tra cui tre presidenti emeriti della Corte Costituzionale, che hanno lanciato un appello pubblico contro il “Decreto Sicurezza”. Tra i firmatari ci sono anche i presidenti emeriti della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky, Ugo De Siervo, Gaetano Silvestri, e i vicepresidenti Enzo Cheli e Paolo Maddalena.
Questo provvedimento, secondo i firmatari, non solo viola la Costituzione italiana, ma rappresenta anche un attacco diretto ai diritti fondamentali dei cittadini.
Secondo i giuristi, non esisteva alcuna necessità né urgenza per trasformare un disegno di legge in un decreto legge. Questo metodo, utilizzato frequentemente dal governo attuale, è visto come un modo per bypassare il dibattito parlamentare e le prerogative delle Camere. La critica si concentra sulla mancanza di trasparenza e di rispetto per i processi democratici, elementi fondamentali in una democrazia sana.
L’appello è stato pubblicato sulle pagine de La Stampa e rilanciato da altri mass media sottolineando l’urgenza di una riflessione profonda su come le leggi vengono approvate nel nostro Paese.
Le molte lesioni costituzionali del nuovo decreto sicurezza sono state spiegate dal prof. Roberto Zaccaria, docente dell’università di Firenze e attualmente parlamentare del Pd. Secondo Zaccaria con questo decreto:
“Si afferma un modello di repressione delle forme del dissenso che in una società democratica è invece fondamentale tutelare con forza. Se fare un sit-in equivale a un’aggressione durante una manifestazione, lo si equipara a comportamento violento. Oppure il Daspo urbano: impedire di partecipare a certe riunioni solo perché si è stati denunciati, non condannati, è un atto di prevaricazione fortissimo. Anche laddove si equiparano i Cpr al carcere e la resistenza passiva alle condotte attive di rivolta si lede il principio costituzionale di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione. Libertà personale (art. 13) e di circolazione (art. 16), diritto di riunione (art. 17), non tassatività delle pene (art. 25) sono tutte libertà costituzionali fortemente limitate dal decreto. Ciò dimostra la pericolosità di un atto legislativo che non è una riforma costituzionale, ma alcuni diritti fondamentali”.

Nessun commento:
Posta un commento