Venerdi 13 settembre una manifestazione di 3.000 persone contro il regime del presidente della repubblica Saied ha attraversato le vie di Tunisi, la manifestazione è stata organizzata a sole tre settimane dalle elezioni presidenziali dalla neonata Rete Tunisina per i Diritti e le Libertà (una sigla che raccoglie alcune organizzazioni sociali tunisine come il Sindacato Nazionale dei Giornalisti, la Federazione dei Diritti Economici e Sociali, il Sindacato Generale degli Studenti Tunisini, la Lega Tunisina dei Diritti dell'Uomo il Collettivo Soumoud, dieci associazioni e collettivi femministi e altri; ne fanno parte inoltre nove partiti politici della sinistra riformista e liberal-democratica).
Si tratta della prima grande manifestazione di massa e popolare contro il regime di Saied, da quando quest'ultimo ha assunto pieni poteri il 25 luglio 2021, modificando successivamente la costituzione, la forma di regime politico (diventato ultra-presidenzialista, con un parlamento e perfino un governo subalterni al presidente che tramite decreo scioglie e nomina i ministri ed il primo ministro).
Infatti se si escludono le manifestazioni organizzate negli ultimi tre anni dalle due opposizioni reazionarie (e contrapposte tra loro) della destra islamista di Ennahdha e della destra liberal-autoritaria del Partito dei Destouriani Liberi (nostalgici del regime di Ben Ali), la manifestazione di venerdì scorso è stata quindi la prima manifestazione politica contro il regime che ha raccolto migliaia di lavoratori, studenti, militanti politici e sociali e settori popolari.
I manifestanti hanno contestato principalmente la draconiana legge 54 che prevede pene eccessive per
reati d'opinione e che ha fatto virare il regime verso uno stato di polizia che ricorda i regimi antecedenti al 2011: giornalisti, avvocati, artisti sono stati arrestati e condannati a mesi e anni di prigione nel corso di quest'anno per semplici dichiarazioni ai media o sui propri account social, due rapper della regione meridionale di Kebili sono stati arrestati per il testo di una loro canzone.Contestata anche la politica migratoria del regime tunisino subalterna agli interessi italiani ed europei e che negli ultimi mesi si è tradotta in una persecuzione dei migranti fino alla loro deportazione in zone agricole e isolate e, ancora peggio, nelle zone desertiche al confine con la Libia e con l'Algeria.
I partiti politici presenti hanno denunciato in particolare le prossime elezioni presidenziali del 6 ottobre, bollate come una farsa dato che l'ISIE (l'autorità "indipendente" per le elezioni") ha escluso la maggior parte dei candidati (uno di questi è stato pure arrestato), lasciando in lizza solo Saied e un altro candidato.
I manifestanti hanno quindi contestato l'ISIE che non si è subordinata alla decisione del tribunale amministrativo che si era espresso per il reintegro di tre candidati, hanno anche contestato il ministro della giustizia e la polizia presente con slogan quali: "Libertà per i prigionieri politici", "Abbasso la dittatura", "Nessuna paura, nessun terrore, il potere appartiene al popolo", "Abbasso lo Stato di polizia", "Non staremo in silenzio davanti ai provocatori del regime" e infine "Degage" ("Via!" Rivolto al presidente ed al regime n.d.a.).
La polizia ha mantenuto un profilo basso e la manifestazione si è conclusa senza grossi incidenti eccetto qualche piccola scaramuccia davanti alle transenne che sbarravano l'accesso in direzione del ministero degli interni.
Questa manifestazione sembra aver dato vita ad un nuovo movimento che si è autobattezzato ماناش_ساكتين ( "manish saktin", non stiamo in silenzio n.d.a.), che probabilmente chiamerà a nuove mobilitazioni nei prossimi giorni che porteranno alle elezioni presidenziali del 6 ottobre.
Nessun commento:
Posta un commento