giovedì 21 marzo 2024

pc 21 marzo - Meloni in Egitto: i piani dell'imperialismo italiano e il ruolo di al Sisi al servizio dell'imperialismo (da Controinfo rossoperaia del 20/03)

Il Mediterraneo, l’Africa e il Medioriente sono l’altro fronte di guerra acceso dalla contesa interimperialista, con le truppe militari dei governi imperialisti sul terreno a rafforzare l’asse del terrore, assieme al loro alleato sionista, contro i popoli arabi con al centro la Palestina.

Questo fronte di guerra è strategico per lo Stato imperialista italiano, ce lo stanno ripetendo fino alla nausea i governi e i cosiddetti “analisti” vicini all’apparato militare-industriale Italiano, e il governo Meloni/Crosetto/Tajani è proprio sull’interventismo imperialista italiano che punta molto, la Meloni lo ha gonfiato talmente tanto da spingere la stampa asservita a battezzarlo “piano Mattei”, a dargli così una veste apparentemente strategica per nascondere invece la realtà fatta di respingimenti appaltati ai governi reazionari, di profitti derivati dalla rapina delle risorse energetiche e dalle merci che transitano nell’area, di imposizione del tallone di ferro degli eserciti imperialisti per schiacciare le aspirazioni dei popoli e dominare il commercio mondiale che transita nel Mar Rosso.

La presidenza italiana nel G7 e le elezioni europee sono un passaggio ulteriore per tutti i governi e i partiti

dell’Europa per crescere come consenso e legittimare le loro politiche di repressione e oppressione, sia all’interno dei rispettivi Stati imperialisti, sia all’esterno contro i popoli.

In questo contesto domenica 17 Marzo si è tenuta la visita al Cairo del Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Meloni, insieme al Presidente della Commissione europea, von der Leyen, sempre disponibile quando deve sostenere le politiche razziste dei respingimenti antimmigrati in compagnia della capa del governo Italiano (nessuno può e deve dimenticare la strage dei migranti a Cutro, dove su quelle morti per responsabilità italiane ed europee le due aguzzine avevano rafforzato la loro unità). Della delegazione che puntava al rafforzamento del partenariato strategico Ue-Egitto ha fatto parte il Presidente della Repubblica di Cipro, attuale presidente di turno del Consiglio Ue, i Primi Ministri di Grecia e Austria.

Sono andati per firmare il nuovo patto Ue-Egitto, un piano da 7,4 miliardi di euro, tra prestiti e sovvenzioni.

Il Cairo dalla Ue è considerato "partner affidabile", un "pilastro della sicurezza del Mediterraneo", come si legge nella dichiarazione congiunta.

Inoltre l’aggettivo “storico” non poteva mancare neanche questa volta nel definire accordi politici, commerciali, militari,. Ogni passaggio politico del governo Meloni poggia su parole vuote che ammantano la sua politica imperialista, neocoloniale.

Questo del partenariato europeo era una delle gambe su cui poggia il rafforzamento imperialista del regime di al Sisi in Egitto, l’altra sono rapporti bilaterali Italia-Egitto che si concretizzano in nuovi Memorandum.

Con gli accordi con Libia, Tunisia e Albania, il governo Meloni persegue alla stessa maniera anche con l’Egitto la sua politica di impedire le partenze dei migranti in fuga da fame e guerre con i lager dove rinchiuderli, una politica rafforzata dal governo Meloni/Piantedosi di criminalizzazione/repressione delle ONG impegnate nei soccorsi in mare.

Al governo italiano, anche in vista delle elezioni europee, interessa soprattutto la questione migratoria. In Egitto sono presenti 9 milioni di migranti e 450 mila sono rifugiati e richiedenti asilo, di cui il 40% minori. Metà di questi (213mila) viene dal Sudan, un paese in guerra da ormai un anno con 7 milioni di sfollati. Il Sudan e l’evoluzione del conflitto a Gaza hanno fatto diventare centrale il dialogo con l’Egitto per gli imperialisti europei, anch’esso un Paese di migranti: 11.072 sono stati gli egiziani arrivati in Italia via mare nel 2023, prevalentemente dalla Libia. E proprio il rapporto stretto di al Sisi con il generale Khalifa Haftar che controlla la Cirenaica, la posizione che ha l’Egitto al confine con la Libia, il Sudan e la Striscia di Gaza che fanno di questo Stato un puntello dell’imperialismo nell’area Mediorientale. Per questo, e con la collaborazione dell’Agenzia europea Frontex, gli imperialisti vogliono irrobustire il controllo delle frontiere egiziane e rafforzare il pattugliamento marittimo per impedire le partenze dei migranti.

“La crisi di Gaza è in cima alle nostre preoccupazioni” ha detto la Meloni ma, siccome non ha fatto assolutamente nulla per fermare il genocidio dello Stato nazisionista israeliano contro Gaza e tutta la Palestina occupata e bombardata, le cosiddette “preoccupazioni” sue e dei governi sono solo per come impedire le partenze dei migranti e soffocare l’appoggio anche armato della resistenza del popolo dello Yemen, definito dalla stampa “ribelli Houthi”, che, in nome di quella solidarietà con il popolo palestinese, colpisce gli interessi dell’imperialismo che invece appoggia il terrorista n°1 dell’area, lo Stato nazisionista di Israele e attacca le merci degli imperialisti che passano nel Mar Rosso.

I regimi asserviti all’imperialismo diventano così un puntello indispensabile e su di loro i governi imperialisti riversano fiumi di denaro. In Italia questo lo chiamano pomposamente “piano Mattei” e il modello di cui va orgoglioso il governo italiano è quello siglato con la Tunisia di Saied nel settembre scorso, anch’esso, non a caso, battezzato da Meloni e von der Leyen.

L’incendio della guerra – o meglio - del genocidio in corso in Palestina da parte dello Stato occupante naziosionista di Israele, sostenuto dall’imperialismo occidentale con in testa gli USA e con il ruolo attivo, complice, dell’Italia del governo Meloni, è divampato nel Medioriente, per l’appoggio della resistenza dello Yemen alla resistenza palestinese e con l’afflusso di armi, militari, USA/UE nel Mar Rosso con l’obiettivo di spegnere la solidarietà politica e militare dei popoli alla causa palestinese e per un aperto sostegno al genocidio nazisionista.

Sostenere al-Sisi vuol dire innanzi tutto corrergli in aiuto per sostenere tutto l’apparato di dominio del golpista, dai militari alle banche, che hanno messo in ginocchio il popolo egiziano a cui ora si aggiungono le ondate migratorie da Gaza e dal Sudan, create dagli stessi imperialisti.

I respingimenti dei migranti saranno uno dei temi del G7 quindi è questione centrale per una lotta antimperialista.

L’iniziativa europea fa seguito al sostegno economico che l’Egitto si è assicurato dagli Emirati Arabi Uniti e dal Fondo monetario internazionale (Fmi). Tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo Il Cairo ha ricevuto 10 miliardi di dollari erogati da un fondo emiratino. Un progetto che prevede un investimento iniziale di 35 miliardi di dollari e che consentirà di rimpinguare le casse dello Stato, su cui hanno gravato gli effetti della guerra nella Striscia di Gaza. Il 6 marzo scorso, l’Fmi ha annunciato di voler aumentare da 3 a 8 miliardi di dollari il valore del prestito che erogherà all’Egitto in cambio delle riforme economiche che, tradotto, significa scaricare con la repressione, con l’imposizione, tutta la politica di austerità del regime reazionario egiziano contro il suo stesso popolo.

Sulla situazione economica egiziana grava un debito che, secondo i dati della World Bank di settembre 2023, ammonta a 164,5 miliardi di dollari. Il tasso di inflazione annuale è salito al 36% a gennaio, senza possibilità di contrazione entro breve tempo – anche perché la Banca centrale ha deciso di rendere flessibile il tasso di cambio della sterlina egiziana (ormai scambiata a 50 per dollaro, contro i 30 medi del 2023).

Aiutare economicamente il golpista al Sisi significa, come contropartita, ottenere il suo coinvolgimento nella repressione dei migranti e, per l’imperialismo italiano, questo significa anche i profitti legati allo sfruttamento delle risorse energetiche, argomento strategico per i paesi imperialisti, che per questo si scannano e ci stanno trascinando nel macello mondiale.

In un’intervista concessa ad “Agenzia Nova”, un’analista Roberta ha detto che “in tale prospettiva – ha aggiunto – Roma non può prescindere dall’Egitto sia in ragione della posizione geografica del Paese nordafricano, sia per le sue infrastrutture, legate in particolare alla liquefazione del gas, presenti sul suo territorio. Ciò tanto più in ragione della possibilità, annunciata di recente, che dal 2025 l’Egitto possa aumentare di 4 miliardi di metri cubi annui le importazioni di gas naturale proveniente dal giacimento israeliano di Tamar attraverso un gasdotto offshore da Ashkelon a Al Arish”. L’Egitto, dice l’esperta, “mira a diventare un hub regionale di riferimento per il Gnl e la costruzione di un partenariato più stretto per l’Ue e soprattutto per l’Italia risponde dunque, senza alcun dubbio, a un’esigenza di interesse nazionale”. D’altro canto, “la stessa presenza del primo ministro greco potrebbe verosimilmente spiegarsi proprio con la volontà di mettere sul tavolo del negoziato prima di tutto le tematiche legate al settore dell’energia e dunque ai giacimenti offshore, alle infrastrutture, al Gnl e alle Zone economiche esclusive in tutta l’area del Mediterraneo orientale”

Quindi non ci sono solo i respingimenti antimmigrati in questo accordo tra Meloni e al Sisi, c’è anche l’approvvigionamento energetico: l’ENI ha messo le mani sul pozzo di gas naturale Nargis-1. ENI è attualmente il principale produttore in Egitto con una produzione di idrocarburi di circa 350mila barili al giorno. L’Egitto è diventato un hot spot per il gas dopo la scoperta del giacimento offshore di Zohr nel 2015. Attualmente ENI produce circa il 60% della produzione totale di gas del Paese nordafricano e gestisce anche l’impianto di esportazione di gas naturale liquefatto dal porto di Damietta da 5 milioni di tonnellate l’anno.

Per l’Italia imperialista rappresentata dal governo Meloni si è trattato di firmare un accordo con il golpista al Sisi proprio in coincidenza con l’udienza del processo per la morte di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano, ucciso e torturato orribilmente dai servizi segreti egiziani di cui è capo al Sisi, e questa udienza iniziata il 18 marzo a Roma.

Niente può mettere in discussione le relazioni tra Italia ed Egitto, non contano né massacri né violazioni dei diritti umani, anzi, vengono rafforzati il business civile e, soprattutto, quello militare che è cresciuto vertiginosamente, con al centro, come sempre, la Fincantieri e la Leonardo.

Su questo il Presidente egiziano Al Sisi, alla presenza dell’AD di ENI, Claudio Descalzi, dichiarò che “l’assassinio è stato commesso per rovinare i rapporti con l’Italia” e “per danneggiare l’Egitto” e, rivolto a Descalzi, “Sa perché volevano danneggiare le relazioni fra Egitto ed Italia? Affinché non arrivassimo qui”. Ma non solo sono arrivati fin qui, sono andati anche avanti.

Negli ultimi cinque anni le industrie belliche italiane hanno esportato verso le forze armate di al Sisi, l’ex capo dell’esercito golpista egiziano, da poco rieletto trionfalmente per la terza volta, per il valore complessivo di due miliardi e 39 milioni di euro. Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), infatti, per il 2024 sarebbero già in ballo 3 miliardi di dollari per l’acquisto di ventiquattro caccia Eurofighter Typhoon-2 da parte del Cairo.

La Leonardo dell’amministratore delegato Cingolani, ex ministro della transizione ecologica, azienda che ha nel suo libro-paga il ministro Crosetto, si sta sfregando le mani per l’ennesima volta.

Le industrie belliche italiane hanno esportato alle forze armate egiziane negli ultimi cinque anni armi per il valore complessivo di 2 miliardi e 39 milioni di euro.

Quindi, dietro la propaganda di questo governo, c’è la sostanza della politica imperialista italiana: profitti e respingimenti antimmigrati.

E contro di essa è necessaria la massima opposizione proletaria, di massa, antimperialista, solidale con la resistenza armata dei popoli.

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