domenica 13 agosto 2023

Ma cos'è il salario - Marx spiega che il padrone dà già all'operaio/operaia un "salario minimo"

Alcune pagine dell'opuscolo su "Lavoro salariato e capitale di Marx", che riportiamo, mostrano quanto sia necessario per gli operai/operaie prendere nelle proprie mani la lotta per il salario, a fronte anche del fatto che il capitale ha ridotto già il salario, e Marx spiega i vari modi in cui lo fa, per cui si può parlare anche per gli operai che ricevono salari superiore ai 9 euro (di cui oggi si sta discutendo) di "salario minimo".

E' bene leggere tutto l'opuscolo. Si può richiedere in pdf a: pcro.red@gmail.com

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"Si pensa comunemente che “il salario è la somma di denaro che il padrone paga per un determinato tempo di lavoro o per una determinata prestazione di lavoro. Il capitalista compera a quanto sembra il loro lavoro (degli operai) con del denaro. Per denaro essi gli vendono il loro lavoro. Ma ciò non è che l’apparenza. Ciò che essi in realtà vendono al capitalista per una somma di denaro è la loro forza-lavoro”, che per il capitalista è una merce come tutte le altre - ma particolare...

“Il capitalista compera questa forza-lavoro per un giorno, una settimana, un mese, ecc. E dopo averla comprata egli la usa, facendo lavorare gli operai per il tempo pattuito”.

Allorchè l’operaio produce per es. una tonnellata di acciaio, il capitalista si impadronisce di questo prodotto e lo vende a x euro. Il salario dell’operaio non è una parte dell’acciaio, del prodotto del proprio lavoro, non è una parte di x euro. L’operaio ha ricevuto il suo salario molto prima che quell’acciaio fosse venduto e forse molto tempo prima che esso fosse prodotto. “Il capitalista, dunque, paga questo salario non con il denaro che egli ricaverà (dall’acciaio), ma con denaro d’anticipo”...

...Il capitalista ha comprato la forza-lavoro come ha comprato la materia prima necessaria per l’acciaio, e la forza-lavoro gli appartiene alla stessa stregua, per esempio, del carbon coke, ecc. L’operaio partecipa al prodotto o al prezzo di esso non più di quello che vi partecipi il carbon coke.

“Il salario non è, dunque, una partecipazione dell’operaio alla merce da lui prodotta”. L’operaio non produce per sè l’acciaio, la pasta, le macchine. Ma produce per sè solo il salario. Egli può produrre, come in effetti produce, gioielli, abbigliamento ultralusso, ma ciò che produce per sè è solo il salario, con cui può solo comprarsi un abito economico...

L’operaio, a differenza dello schiavo, del servo della gleba, è “libero”, perchè non si è venduto una volta per sempre al suo padrone insieme con la sua forza lavoro; “L’operaio libero invece vende se stesso pezzo a pezzo”; l’operaio è libero, ma 8 ore della sua vita quotidiana non appartengono più a lui, ma al capitalista che le ha comperate...

“L’esistenza di una classe che non possiede null’altro che la capacità di lavorare, è una premessa necessaria del capitale”.

Ora l’operaio ha venduto la sua forza lavoro al capitalista per un giorno, un mese, un anno, ecc. Ma come viene determinato il salario, cioè il prezzo della forza-lavoro? “il salario è il prezzo di una merce determinata, del lavoro. Il salario è dunque determinato dalle stesse leggi che determinano il prezzo di qualsiasi merce”. Quindi, “il prezzo della forza lavoro (come tutte le altre merci) sarà determinato dai costi di produzione, dal tempo di lavoro che si richiede per produrre questa merce, la forza-lavoro. Ma quali sono i costi di produzione della forza-lavoro? Sono i costi necessari per conservare l’operaio come operaio e per formarlo come operaio”.

Ma come una macchina si può logorare e deve essere sostituita in dieci anni e il capitalista mette in conto ogni anno una parte dei soldi che devono servire per sostituire quella macchina, “allo stesso modo, nei costi di produzione della forza-lavoro devono anche essere conteggiati i costi di riproduzione, per cui la razza degli operai viene posta in condizioni di moltiplicarsi e di sostituire gli operai logorati dal lavoro con nuovi operai”. “Il prezzo di questi costi di esistenza e di riproduzione costituisce il salario minimo”.

“Che cosa avviene nello scambio tra capitalista e operaio salariato? L’operaio riceve in cambio della sua

forza-lavoro dei mezzi di sussistenza, ma il capitalista in cambio dei suoi mezzi di sussistenza riceve del lavoro, l’attività produttiva dell’operaio, la forza creatrice con la quale l’operaio non soltanto ricostruisce ciò che consuma, ma conferisce al lavoro accumulato un valore maggiore di quanto aveva prima”...

Nel momento in cui l’operaio cede al capitalista la sua forza riproduttiva in cambio dei mezzi di sussistenza, egli l’ha perde, non è più lui proprietario della sua forza-lavoro.

Mentre il capitalista una volta pagati, poniamo, 50 euro al giorno all’operaio, lo mette al lavoro per 8 ore durante le quali l’operaio non solo ricostruisce i 50 euro che il capitalista gli ha dato, ma li raddoppia - col che, quindi, il capitalista ha “impiegato, consumato in modo profittevole, produttivo” i 50 euro che ha dato all’operaio; l’operaio, invece, “al posto della sua forza produttiva, i cui effetti egli ha ceduto, ha ricevuto dei soldi che scambia con mezzi di sussistenza che consuma più o meno rapidamente”. Quindi i 50 euro “sono stati consumati in due modi: in modo riproduttivo per il capitale, poichè essi sono stati scambiati con una forza-lavoro che ha prodotto (100 euro); in modo improduttivo per l’operaio, poichè essi sono stati scambiati con mezzi di sussistenza, che sono scomparsi per sempre e il cui valore egli potrà riavere soltanto ripetendo il medesimo scambio (con il capitalista)”.

Un operaio, quindi, non produce solo l’acciaio o il cappotto, “egli produce capitale. Egli produce valori che serviranno nuovamente a comandare il suo lavoro, per creare a mezzo di essi nuovi valori”.

“Il capitale può accrescersi soltanto se si scambia con forza-lavoro, soltanto se produce lavoro salariato. Il lavoro salariato si può scambiare con capitale soltanto a condizione di accrescere il capitale, di rafforzare il suo potere di cui è schiavo”.

Quindi capitalista e operaio sono legati. “L’operaio va in malora se il capitale non lo occupa. Il capitale va in malora se non sfrutta la forza- lavoro”...

L’operaio, quindi, “produce la ricchezza estranea che lo domina, il potere che gli è nemico, il capitale... i mezzi di sussistenza rifluiscono nuovamente verso di lui, a condizione che esso si trasformi di nuovo in una parte del capitale...”.

“Sino a tanto che l’operaio salariato è operaio salariato, la sua sorte dipende dal capitale. Questa è la tanto rinomata comunità di interessi tra operaio e capitalista”...

Ma “il rapido aumento del capitale produttivo provoca un aumento ugualmente rapido della ricchezza, del lusso, dei bisogni sociali e dei godimenti sociali. Benchè dunque i godimenti dell’operaio siano aumentati, la soddisfazione sociale che essi procurano è diminuita in confronto con gli accresciuti godimenti del capitalista, che sono inaccessibili all’operaio, in confronto col grado di sviluppo della società in generale”. Quindi più si sviluppa la ricchezza, la società e più, relativamente, si impoverisce la condizione dell’operaio.

Inoltre, il salario non è determinato solo dalla somma di denaro, dalla massa di merci che può acquistare, ma da altri rapporti.

Primo, il salario è determinato in rapporto al valore dei mezzi di sussistenza. Se il prezzo dei mezzi di sussistenza aumenta, gli operai nominalmente possono continuare a ricevere lo stesso salario di prima, ma “per lo stesso denaro essi ricevevano in cambio meno pane, meno carne, ecc. (vedi oggi gli effetti del carovita, caro bollette, ecc.)... “il prezzo in denaro del lavoro, il salario nominale, non coincide quindi con il salario reale, cioè con la quantità di merci che vengono realmente date in cambio del salario”.

Secondo, il salario è determinato anche dal rapporto col profitto del capitalista. “questo è il salario proporzionale, relativo” che esprime “il prezzo del lavoro immediato, in confronto con quello del lavoro accumulato, del capitale”, “supponiamo, per esempio, che il prezzo di tutti i mezzi di sussistenza sia caduto di due terzi (per es. da 900 a 300 euro), mentre il salario giornaliero è caduto solo di un terzo (per esempio da 900 a 600 euro)”. Quindi, nonostante che il suo salario sia diminuito, l’operaio può comprare più merci di prima. Ma ciononostante, “il suo salario però è diminuito in rapporto al guadagno del capitalista. Il capitalista pagando all’operaio un salario inferiore di un terzo (prima 900 euro, ora 600 euro), aumenta il suo profitto di 300 euro. “Il che vuol dire che per una minore quantità di valore di scambio che egli paga all’operaio, l’operaio deve produrre una quantità di valori di scambio maggiore di prima”. Se prima su 8 ore l’operaio lavorava 4 ore per sè per reintegrare il suo salario, e 4 ore per il capitalista, ora, con la riduzione di un terzo del suo salario, lavora 3 ore per sè e 5 ore per il profitto del capitalista.

La parte del capitale in rapporto alla parte del lavoro è cresciuta. La distribuzione della ricchezza sociale fra capitale e lavoro è diventata ancora più diseguale. Il capitalista, con lo stesso capitale, comanda una maggiore quantità di lavoro. Il potere del capitalista sulla classe operaia è aumentato; la posizione sociale del lavoratore è peggiorata, è stata sospinta un gradino più in basso al di sotto di quella del capitalista”.

Quindi, salario e profitto stanno in rapporto inverso. “Il profitto sale nella misura in cui il salario diminuisce e diminuisce nella misura in cui il salario sale”.

Il salario relativo può diminuire anche se il salario reale sale assieme al salario nominale, al valore monetario del lavoro, a condizione che esso non salga nella stessa proporzione che il profitto... “per quanto il salario possa aumentare, il profitto del capitale aumenta in modo sproporzionatamente più rapido”.

“Dire che l’operaio ha interesse al rapido aumento del capitale significa soltanto che quanto più rapidamente l’operaio accresce la ricchezza altrui, tanto più grosse sono le briciole che gli sono riservate”, tanto più la classe operaia forgia “essa stessa le catene dorate con le quali la borghesia la trascina dietro di sè”...

La più grande divisione del lavoro rende capace un operaio di fare il lavoro di cinque, di dieci, di venti; essa aumenta quindi di cinque, di dieci, di venti volte la concorrenza fra gli operai, sia perchè si ven- dono più a buon mercato, sia perchè “uno fa il lavoro di cinque, di dieci, di venti...”.

“Inoltre nella stessa misura in cui la divisione del lavoro aumenta, il lavoro si semplifica. L’abilità dell’operaio perde il suo valore. Egli viene trasformato in una forza produttiva semplice, monotona, che non deve far più ricorso a nessuno sforzo fisico e mentale. Il suo lavoro diventa lavoro accessibile a tutti”, e “quanto più il lavoro è semplice, quanto più facilmente lo si impara, quanto minori costi di produzione occorrono per rendersene padroni, tanto più in basso cade il salario, perchè come il prezzo di qualsiasi altra merce, esso è determinato dai costi di produzione... l’operaio cerca di conservare la massa del suo salario lavorando di più, sia lavorando più ore (lavoro straordinario), sia producendo di più nella stessa ora”.

“L’umanità del capitalista consiste in più lavoro possibile al prezzo più basso... i padroni tentano di ridurre il salario, senza portare nessuna modifica nominale, ma, per esempio, accorciando la pausa per i pasti fanno lavorare un quarto d’ora in più, ecc.” (da Appunti sul salario).

Ma “più egli (l’operaio) lavora, meno salario riceve, e ciò per la semplice ragione che nella stessa misura in cui egli fa concorrenza ai suoi compagni di lavoro, egli si fa di questi compagni di lavoro altrettanti concorrenti, che si offrono alle stesse cattive condizioni alle quali egli si offre, perchè, in ultima analisi, egli fa concorrenza a se stesso, a se stesso in quanto membro della classe operaia”...

“Anche l’introduzione di macchine sempre più perfezionate portano agli stessi risultati perchè sostituiscono operai qualificati con operai non qualificati, provocano il licenziamento di gruppi di ope- rai”. Ma gli economisti ci raccontano che per gli operai licenziati, soprattutto per i giovani operai, “si apriranno nuovi campi di impiego”. “Ciò costituisce evidentemente una grande soddisfazione per gli operai colpiti. Ai signori capitalisti non mancheranno carne e sangue freschi da sfruttare; si lascerà ai morti la cura di sotterrare i loro morti”...

Per di più le fila della classe operaia vengono ingrossate anche da settori sociali non proletari che si impoveriscono, da strati più alti della società che vengono buttati sul lastrico dalla concorrenza, che “non hanno nulla di più urgente da fare che di levare le braccia accanto alle braccia degli operai...

La sorte del lavoro salariato è legata al capitale, come la corda sostiene l’impiccato.

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