domenica 3 luglio 2022

pc 3 luglio - Libia: è scoppiata una rivolta contro il dualismo di potere e il carovita. Incendiato il Parlamento

Queste rivolte dovranno finalmente chiarire sul campo che per la liberazione del popolo libico è necessaria una nuova classe dirigente che inizi e che diriga tutte le forze autenticamente antimperialiste in una resistenza armata contro gli imperialisti USA/NATO/UE, Turchia, Al Qaeda e Daesh.

Contro le 2 fazioni in lotta per il potere sostenute dagli imperialisti USA/UE e Turchia e Russia che hanno portato al fallimento degli accordi di Ginevra, contro la carenza di elettricità e l'aumento dei prezzi di carburante e pane, le manifestazioni chiedono:

1) L'accelerazione delle elezioni presidenziali e parlamentari

2) Autorizzazione del Consiglio di Presidenza a sciogliere tutti gli organi politici attuali e dichiarare lo stato di emergenza

3) Risolvere la crisi dell'elettricità 

4) Annullamento della decisione di revoca del sussidio carburante e dell'aumento del prezzo del pane

Ci sono state violente proteste in 3 città libiche: Tripoli, Tobruk, Misurata.


Entrambi i governi rivali, il GNU di Tripoli e il parlamento di Tobruk, sono stati presi di mira dalle proteste per il calo del tenore di vita. Il 1° luglio il palazzo del parlamento è stato dato alle fiamme.

Il movimento di protesta libico dice che intensificherà la sua campagna


TRIPOLI, 2 luglio (Reuters) - I manifestanti libici continueranno a manifestare fino a quando tutte le élite al potere non lasceranno il potere, hanno affermato sabato, dopo che i raduni nella maggior parte delle principali città di venerdì sono culminati con una folla che ha preso d'assalto il palazzo del parlamento e ne ha dato alle fiamme parti.

Il movimento di protesta ha affermato che avrebbe intensificato la sua campagna da domenica, esortando i manifestanti a piantare tende nelle piazze cittadine e praticare la disobbedienza civile fino a quando non raggiungeranno il loro obiettivo di

estromettere le istituzioni politiche e tenere nuove elezioni.

"Affermiamo la nostra determinazione a continuare il percorso di manifestazione pacifica fino all'ultimo respiro per raggiungere i nostri obiettivi", ha affermato tramite i social media il movimento giovanile Beltrees, che è principalmente incentrato sull'attivismo online sulle condizioni di vita ed era dietro gli appelli per le proteste nel 2020 .

Ha detto che occuperà strade e piazze cittadine fino a quando tutti gli organi politici al potere "annunceranno pubblicamente le loro dimissioni".

Il fatto che le proteste siano in corso in tutto il paese mostra la crescente frustrazione dei libici su entrambi i lati della principale linea di demarcazione politica tra le fazioni orientali e occidentali che sono state in guerra per anni.

Le elezioni nazionali programmate sono crollate a dicembre, portando le fazioni politiche rivali in una situazione di stallo sul controllo del governo che ha respinto la Libia verso il conflitto mentre i servizi pubblici si sono deteriorati.

Dopo le elezioni fallite, il parlamento della Camera dei rappresentanti con sede a est ha affermato che il governo ad interim di Abdulhamid al-Dbeibah a Tripoli non era più valido e ha nominato Fathi Bashagha primo ministro.

Dbeibah ha rifiutato di cedere il potere, tuttavia, e un altro organo legislativo, l'Alto Consiglio di Stato (HSC), ha respinto le mosse del parlamento. I leader del parlamento e dell'HSC hanno tenuto colloqui a Ginevra, mediate dall'ONU, questa settimana, ma senza arrivare ad alcun accordo.

Le proteste di venerdì sono state inizialmente convocate per le continue interruzioni di corrente elettrica che, con una temperatura tra i 40 e i 50 gradi, è venuta a mancare anche oltre 14 ore.

Il presidente del parlamento Aguila Saleh ha condannato "atti di sabotaggio" nell'attacco dei manifestanti all'edificio del parlamento a Tobruk, dicendo che era punibile dalla legge.

Il capo della missione delle Nazioni Unite in Libia, Stephanie Williams, ha affermato che le proteste sono state un chiaro appello alle classi politiche a mettere da parte le loro divergenze e tenere le elezioni.

Libia in fiamme, manifestanti colorati e stallo politico: il sogno USA si realizza

Michelangelo Severgnini

Il venerdì di protesta in Libia ha lasciato molte ombre e fantasmi oltre a macerie, copertoni bruciati, il palazzo del parlamento a Tobruk dato alle fiamme, decine di arresti, diversi feriti e 3 morti non confermati.

Le proteste stavano montando già in diverse città da diversi giorni, per la verità, inacerbite dalle interruzioni del sistema elettrico che si sono protratte fino a oltre le 14 ore al giorno in un momento dell’anno quando le temperature sono tra i 40 e i 50 gradi.

IL. FALLIMENTO DEL COLLOQUI A GINEVRA

Tuttavia ci sono altri 2 fattori che hanno portato allo scatenarsi delle proteste ieri, primo luglio: la giornata del venerdì, giorno santo della settimana per l’Islam, e il fallimento dei colloqui a Ginevra tra Aquila Saleh, portavoce del parlamento libico, e Khalid al-Mishri, capo dell’Alto Consiglio di Stato.

I colloqui, supervisionati da Stephanie Williams, funzionario americano dell’UNSMIL, la missione in Libia delle Nazioni Unite, che per il 94% dei Libici secondo un sondaggio dovrebbe immediatamente smettere di occuparsi di Libia.

Pertanto l’esigenza di mettere mano alla costituzione libica nasce da un obiettivo americano ben preciso: escludere Saif Gheddafi, dato favorito, dalle prossime elezioni.

Il gioco è semplice. Si coinvolge il parlamento libico, unico organo legittimo in Libia, votato dal popolo nel lontano 2014, il quale non sente nessuna esigenza di riformare la costituzione. 

Gli si affianca un organo come l’Alto Consiglio di stato, istituito dalle Nazioni Unite nel 2015 e privo di consenso popolare, facendo di fatto le funzioni di una sorta di camera del protettorato.

Si fa dire all’Alto Consiglio di stato che ci sono divergenze, che bisogna discutere, modificare.

Si tengono i colloqui e si fa pressione su Saleh, il portavoce del parlamento finché, messo all’angolo, non accetti le modifiche volute dagli Americani.

Saleh alla fine ha ceduto. Ma ha tenuto. Ha ceduto sulla clausola che impedisce a Saif Gheddafi di candidarsi, ma si è rifiutato di firmare l’accordo generale.

Risultato: palla al centro.

Così le elezioni non si possono tenere e la colpa è dei libici litigiosi.

Mentre i pozzi sono chiusi e la corrente elettrica manca.

Questa è la situazione in Libia al risveglio la mattina di venerdì 1 luglio.

AZZERARE LE CARICHE POLITICHE PERCHE’ POI DECIDANO GLI USA

A dire il vero, giovedì, il giorno prima, il premier usurpatore di Tripoli, Dabaiba, aveva avvertito i manifestanti (perlomeno quelli di Tripoli, dove ha un controllo del territorio): “Avvertiamo tutti coloro che intendono manifestare domani che useremo ogni misura per scoraggiarli. Queste manifestazioni rappresentano una minaccia per la sicurezza e la stabilità della capitale”.

Forse Dabaiba era al corrente che qualcosa stava per accadere non solo a Tripoli, ma in tutta la Libia.

A Tripoli, sin dal primo pomeriggio, fanno così comparsa centinaia di manifestanti con giubbetto giallo, appartenenti al gruppo “Bel tress”, di cui poco si conosce.

Ma presto le manifestazioni si estendono ad altre città: Misurata, Bengasi, Tobruk.

I manifestanti chiudono le strade principali e gli ingressi di diverse città e regioni e danno fuoco a pneumatici di gomma, chiedendo al governo di Tripoli di dimettersi immediatamente e di sciogliere tutti gli organi politici.

Si teme che tra i manifestanti si intrufolino degli intrusi per compiere atti di sabotaggio, dato che i manifestanti sono apparsi organizzati indossando giubbe gialle. Tutti i manifestanti sono in fila, davanti a loro ci sono combattenti di gruppi armati. Decine di veicoli della sicurezza circondano piazza Shuhada a Tripoli da tutte le strade principali.

Dalla piazza i manifestanti si spostano in altre parti della città, fino al palazzo del governo di Tariq Siqqa, scandendo altri slogan contro Dabaiba: "Dov'è il nostro denaro, ladro? Dov'è l'elettricità, corrotto?”.

Espongono cartelli con le foto di Dabaiba e il suo volto barrato da una croce rossa, ma insieme al suo c’è anche il volto di Bashagha e di Haftar, nonché quello di Saleh.

Insomma, tra un governo illegittimo e un governo legittimo, scelgono di non stare con nessuno.

Dabaiba sembra gradire e dichiara di capire le ragioni dei manifestanti e di essere pronto a fare un passo indietro se lo stesso viene fatto dal Parlamento libico

Insomma, lo scenario che sembra emergere è di nuovo un “tutti a casa” e palla al centro, sennonché il confronto era tra un governo illegittimo e uno legittimo, per la soluzione del quale, normalmente, bisognerebbe procedere semplicemente rimuovendo il governo illegittimo.

Non pochi libici fanno notare che così però si raggiungono gli obiettivi della Nato che da diverso tempo chiedeva l’annullamento di tutte le cariche (quindi anche del governo scomodo di Bashagha), riforma della costituzione per impedire a Saif Gheddafi di candidarsi e finalmente elezioni.

Con le proteste di ieri, parte del piano americano è stato raggiunto.

A TOBRUK VIENE DATO ALLE FIAMME IL PARLAMENTO

Ma ciò che veramente pare smisurato rispetto al senso degli eventi è il rogo del palazzo del parlamento a Tobruk. Va ricordato che il parlamento libico risiede a Tobruk, sulla costa orientale del paese, perché sin dal 2014, quando si tennero le ultime elezioni, non fu mai concesso ai deputati eletti di insediarsi nella capitale Tripoli, in quanto non rappresentavano i desideri delle milizie, della mafia locale e in particolare della Nato.

I resoconti di ieri da Tobruk riportano che decine di manifestanti si siano avvicinati al palazzo e si siano confrontati con le guardie presenti finché hanno dato l’assalto, incendiando i documenti presenti all’interno e dando fuoco al palazzo.

USA E MANIFESTANTI: STESSA AGENDA?

Tuttavia, un nostro contatto a Tripoli ha le idee chiare circa la domanda: a chi giova tutto questo?

"Sciogliere il Parlamento, il Consiglio Consultivo e Presidenziale e il GNU (Governo di Accordo Nazionale, quello di Tripoli) insomma, tutti quanti, è stata una proposta americana di un mese o due fa.

Il piano secondo loro era di lasciare che il Consiglio giudiziario governasse il Paese fino alle elezioni.

E guardate ... i colloqui di Ginevra sono falliti, proprio come tutti gli altri. Non si vede che i libici possano mai ottenere un accordo. Dabaiba non può consegnare nulla, né alcuna carica.

Gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno urgente bisogno di quel dannato gas, l'Unione Europea è in grave crisi energetica, ecc. mentre i pozzi di petrolio libico sono ancora chiusi.

Quindi, mettiamo fine a tutto questo".

Come a dire. Quando il popolo libico non avrà rappresentanza, sarà qualcun altro a decidere e pilotare le prossime elezioni.

Come sempre, ancora una volta: la rabbia dei manifestanti è reale, provocata da uno stallo politico causato dall’interferenza straniera. La loro agenda però, coincide maledettamente con quella degli Stati Uniti.

Quando il fumo si diraderà, tutto sarà più chiaro.

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