da ORE 12 Controinformazione rossoperaia del 11.11.25
Cominciamo oggi una serie di articoli che proseguiranno anche nei prossimi giorni in preparazione dei due scioperi generali indetti per il 28 novembre dai sindacati di base e per il 12 dicembre dalla CGIL.
L'opinione nostra come Slai Cobas per il sindacato di classe era - ed è - la necessità di uno sciopero generale di tutti gli oppositori reali di questo governo, uno sciopero che unisca i lavoratori all'interno della battaglia più generale per difendere le condizioni di vita e di lavoro, per opporsi al riarmo imperialista e all'intera politica sociale del governo Meloni.
Ma chiaramente ora il dado è tratto, abbiamo due scioperi generali, noi non possiamo che partecipare in quanto Slai Cobas per il sindacato di classe allo sciopero generale organizzato dai sindacati di base per il 28, proprio perché tra le due piattaforme di sciopero la nostra piattaforma è più vicina a quella dei sindacati di base. Per di più questo sciopero viene posto in continuità con lo sciopero generale del 22 settembre e poi del 3 ottobre centrato sulla solidarietà al popolo palestinese a fronte del genocidio in corso per opera dello Stato sionista di Israele, appoggiato dall'imperialismo americano e con la complicità di tutti gli Stati imperialisti, compreso il nostro che, con il governo Meloni, è quello più vicino a Trump e a Netanyahu.
Questa continuità che viene riaffermata in questo sciopero è da noi condivisa, questo non vuol dire affatto che prevediamo una riuscita di questo sciopero e della conseguente manifestazione nazionale annunciata come quella del 3 e del 4 ottobre. Certo lo avremmo voluto, dati i numeri e l'estensione della partecipazione in termini di contenuto e di spinta che c'era nelle due giornate del 3 e 4 ma la situazione in Palestina è cambiata, certo non per il popolo palestinese che al massimo gode di un temporaneo alleggerimento della pressione militare che comunque non si è affatto fermata e ha proseguito nell’uccisione di palestinesi, donne e bambini, ma sostanzialmente l'operazione “piano-Trump”, “piano di pace”, ha ottenuto un risultato sulla pubblica opinione. A fronte della pubblica opinione che si era manifestata in occasione della fase più acuta del genocidio in Palestina e che aveva spinto tutti e tutte, al di là della condivisione di alcuni aspetti della vicenda, a scendere in piazza, a dire forte chiaro “fermiamo il genocidio”, questa situazione ora non c'è, ma questo non vuol dire che non bisogna fare ogni sforzo per mobilitare proletari, studenti, donne e le più larghe masse nella solidarietà al popolo palestinese e alla resistenza, perché innanzitutto la resistenza, con le sue rivendicazioni, questo accordo ha sostenuto e continua a sostenere mentre lo Stato Sionista d'Israele non lo vuole, non vuole realizzare niente e cerca ogni pretesto per rompere la tregua e riprendere il suo piano di genocidio e di deportazione della popolazione palestinese.
Detto questo però torniamo allo sciopero in sé: noi siamo perché effettivamente la parola d'ordine del
sindacalismo di base e di classe che è stata al centro della mobilitazione del 22 settembre e del 3 ottobre venga realizzata: “blocchiamo tutto”, ma “bloccare tutto” significa bloccare effettivamente le fabbriche, i luoghi di produzione di ogni genere e tipo, i trasporti e, sulla base del blocco effettivo realizzato dai lavoratori nelle fabbriche e nei posti di lavoro, realizzare quel blocco più generale delle città, delle strade, che renda forte questo sciopero. Senza che vengano mobilitate in qualsiasi forma tutte le forze effettive della classe operaia, dei proletari e delle masse popolari - chiaramente quelle organizzate dall'opposizione proletaria sindacale e non solo sindacale - l'obiettivo di “blocchiamo tutto” non si può realizzare; quindi la richiesta che lo sciopero in quest'occasione potesse essere condiviso sia dal sindacalismo di base che dalla CGIL - per noi anche se la UIL lo volesse sarebbe bene nella dinamica dello sciopero generale, mentre sulla CISL vale un discorso a parte - è proprio per realizzare la parola d'ordine “blocchiamo tutto”, è proprio per realizzare uno sciopero che metta realmente in campo la forza dei lavoratori contro il governo Meloni e i padroni, che permetta realmente di aprire uno scontro frontale con padroni e il governo nella prospettiva della sua caduta, perché la caduta del governo è una condizione necessaria per realizzare le rivendicazioni dei lavoratori. Su questo evidentemente le responsabilità del mancato sciopero generale unitario ricadono essenzialmente sulla CGIL.La CGIL ha fatto una grande manifestazione a Roma (non così grande come essa dice, però abbastanza grande e significativa di opposizione alla finanziaria del governo) però si è trovata di fronte alla dichiarazione di uno sciopero, in una data necessaria per impattare con la situazione politica e sociale, contro l'azione del governo intorno alla finanziaria ma non solo, quindi, non c'erano ragioni - anche se naturalmente vi sono differenze con il sindacalismo di base - per cui la CGIL non ha deciso di dichiarare anche essa sciopero il 28 di novembre. Non c'era nessuna necessità neanche che si incontrassero le segretarie di CGIL e le segretarie degli organismi del sindacalismo di base, bisognava avere a cuore l'unità dei lavoratori e non cercare di portare invece altre ragioni dietro questa realtà.
Questo lo volevano tutti i lavoratori, sfidiamo un qualsiasi operaio, qualsiasi lavoratore, una parte rilevante dei delegati, dei rappresentanti effettivi sui posti di lavoro, a dire di non volere uno sciopero unitario tutti insieme, proprio perché questo sciopero unitario sia aveva la capacità di essere più forte e di concretizzare la volontà dei lavoratori, dell'opposizione, di bloccare tutto, sia perché sarebbe stato estremamente attrattivo per tutte le realtà che si sono mobilitate il 4 di ottobre e avrebbe costruito nel nostro paese uno sciopero più grande di quello che ci sia mai stato, almeno da quando si è insediato il governo Meloni, che considera sia dalla CGIL e ancora più il sindacalismo di base di classe, cioè noi, come un nemico da battere e da combattere. Invece la CGIL ha scelto di smarcarsi da questo sciopero, di contrapporsi, perché obiettivamente si contrappone indicando nel 12 dicembre la data dello sciopero, rispondendo quindi alle logiche interne, in un quadro differente, non all'interesse dei lavoratori, della loro unità e di rendere più forte la battaglia contro i padroni e il governo Meloni.
E qual'è questo quadro differente?
Questo quadro ha a che fare con il cercare di assorbire i lavoratori attualmente mobilitati dal sindacalismo di base e di proporsi come soggetto dell'ampio movimento che si è manifestato ad esempio il 4 di ottobre - ma questo risponde a interessi in cui lo sciopero serve per ricostruire la trattative e la collaborazione con il governo e soprattutto ad essere un’ancora di salvataggio e di riferimento della esangue sinistra o dei partiti dell'opposizione parlamentare. Mettendo così la mobilitazione dei lavoratori non a servizio degli interessi generali del movimento dei lavoratori ma a servizio di offrire una base di massa e di riferimento ai partiti dell'attuale opposizione parlamentare, questo c'è dietro lo sciopero della CGIL.
Ma nonostante la questione della patrimoniale, lo sciopero della CGIL appare distinto anche dalla sinistra parlamentare visto che sicuramente sulla patrimoniale o sulla tassa speciale per colpire la ricchezza - a parte le parole genericamente di stampo elettorale - non è su questa posizione il PD nel suo insieme, nè il movimento 5 Stelle la cui posizione è espressa chiaramente da Conte quando dice che oggi il problema principale è la sicurezza, convergendo alla fine sullo stesso terreno agitato dal governo Meloni per offuscare la questione salariale, della mancata tassazione sui redditi alti. Non si vogliono raccogliere in forma radicale le rivendicazioni dei lavoratori, e quindi l'impatto che oggi ha la richiesta di tassare effettivamente le grandi ricchezze, i ricchi (sulle illusioni di questo si può parlare in altra sede però sicuramente condividiamo la rivendicazione), non può, non deve contare sulla sinistra parlamentare che non è l'interlocutore effettivo della battaglia contro il governo. Noi siamo perché si polarizzi lo scontro con il governo). Nello stesso tempo, la Cgil non raccoglie la volontà di lotta di lavoratori e masse povere, le masse sfruttate e di tutti coloro che sono all'opposizione di questo governo rispetto al riarmo, alla questione palestinese, alla questione più generale dell'occupazione delle istituzioni da parte di questo governo, dell'ideologia e dell'aspetto moderno fascista di questo governo.
Noi vogliamo l'unità di tutte le forze, invece si sceglie la via della divisione.
Non ha aiutato questa unità l'attitudine del sindacalismo di base e della sua organizzazione maggioritaria, l'USB, che, appropriandosi di tutto quello che è avvenuto dal 22 settembre alla grande manifestazione di Roma, pretende di rappresentare tutto questo universo e pretende di farlo in concorrenza con la CGIL, in particolare con gli stessi lavoratori iscritti a questo sindacato, e anch’essa pretende di porre questa mobilitazione all'interno della ricostruzione di un'opposizione politica di stampo parlamentare che altro non potrebbe essere.
Quindi in questo senso sicuramente l'attitudine di stampo concorrenziale della USB e la pretesa di egemonismo sull'intero fronte d'opposizione non ha favorito questa unità dei lavoratori e ha contribuito al fatto che ci siano due scioperi generali.
A fronte di questi due scioperi generali, il sindacalismo di classe, di cui noi siamo parziale espressione, non può che condurre una battaglia perché questa situazione cambi e non venga utilizzata dal governo per poter attaccare in forme differenti i due scioperi, contando sull'obiettivo della divisione del mondo dei lavoratori come arma al servizio del governo per respingere le richieste dei lavoratori e mostrarsi come in grado di resistere a queste mobilitazioni.
Quindi lo Slai cobas partecipa come sindacato di base allo sciopero del 28 novembre coniugando le rivendicazioni generali contenute in questo sciopero con le rivendicazioni particolari che esistono sui posti di lavoro in ogni realtà e in ogni città in cui noi siamo presenti.
Però vogliamo che sia uno sciopero vero e non semplicemente una cassa di risonanza di uno sciopero che poi alla fine riesca sostanzialmente principalmente nei settori dei trasporti, che raccolga l'adesione dei lavoratori che già sono più o meno organizzati e influenzati dal sindacalismo di base - e non esce da questa dimensione. Siamo costretti a decidere di partecipare anche il 12 dicembre allo sciopero della CGIL perché non vogliamo lasciare a Landini in nessuna maniera i lavoratori che saranno chiamati allo sciopero da questa organizzazione e vogliamo condurre nelle fila di essi tutto lo sforzo per radicalizzare l'opposizione politica e sociale nei confronti di questo governo e rafforzare la linea e la prassi del sindacalismo di classe.
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