Dal blog tarantocontro -
Domenica 12 ott. ore 11 piazza Della Vittoria Taranto - per continuare ora più che mai la solidarietà alla resistenza del popolo palestinese, per informare sull'accordo e le prime posizioni della resistenza, per interventi con microfono aperto a tutti, per sostenere la lunga battaglia di Anan Yaeesh prigioniero palestinese, da 7 giorni in sciopero della fame, da fine settembre nel carcere di Melfi e le iniziative in corso.
Da Raffaella - #iostoconlapalestina
Ho ritrovato una intervista di Georges Abdallah, militante marxista libanese liberato dopo 40 anni di carcere duro in Francia questo luglio.
Esprimeva che per relazionarsi ad una lotta di liberazione e' fondamentale e basilare comprendere e concepire che e' solo la Resistenza che ha il diritto alla parola e alla decisione. La Resistenza che si fa in prima linea. Una frase che mi ha riempito di emozione, quella politica e non sentimentale, diceva: il nostro Popolo ha dignita' e la dignita' si chiama Resistenza.
E questo vale anche per noi, e per tutti i popoli e le realta' in lotta, nelle piccole e grandi lotte.
Oggi leggendo alcuni commenti sui social rispetto all'accordo per la prima fase di tregua, ho avvertito e notato immediatamente la differenza delle parole, dello scritto del maledetto "io penso che.." di chi "guarda da lontano" e di chi sta in un modo o in un altro, all'interno della lotta e la sente propria e si relaziona quindi come parte in causa.
Le reazioni dei Palestinesi e delle loro organizzazioni firmatarie dell'accordo sono univoche, convergono: non euforia, non illusione non delusione ma orgoglio nella dignita' della Resistenza e certezza del lungo percorso davanti (e questo dovrebbe valere anche per noi..). Consapevolezza del momento, che e' un momento, in un percorso che e' quello della inevitabilita', inesorabilita' della lotta, della Resistenza, della liberazione. Rispetto, fiducia disciplinata ma non passiva in chi si sta sacrificando e devozione e rispetto profondo per chi si e' sacrificato, timida emozione a cui lasciarsi andare, sentendo dentro il peso della sofferenza di mesi ed anni e anni di sopportata violenza di chi
sopravvive, insieme ad un pensiero latente che si respinge con la dignita', appunto della lotta, per i sacrifici che ancora verranno.Ecco , penso che questa sia la bussola che poi ci riconnette tutti, il filo rosso, la strada... La verita' storica e la consapevolezza di una liberazione che non arriva senza prezzo e che non arriva oggi, ma che si costruisce pezzetto per pezzetto con successi e sconfitte che nessuno puo' capire, nessuno puo' giudicare, nessuno puo' comprendere se non chi li vive. E la dignita'di accettare le difficolta' e la maturita' di non sminuire nessun momento. Un sentire comune che conferma l'unica cosa che e' importante ora: questo Popolo non si piega!
E poi ci sono gli analisti, e c'è ne saranno che c'è ne saranno... che hanno capito tutto..... (da lontano). Chi ha gia' risposte e previsioni, chi sa gia' che e' vittoria o sconfitta, resa, pragmatismo inaccettabile, chi guarda a questo momento come ad un evento spartiacque, un punto di arrivo, o un punto di partenza di trattative geopolitiche pilotate... Quanto e' sconcertante questa capacita' di analisi cosi' immediata, sicura, netta, in una direzione o in un'altra. La velocita' della risposta... ! La rapidita' della soluzione...! Si legge in questo la tipica arroganza e supremazia occidentale. Ma forse non e' solo quello di una innata superiorita' di origine coloniale che storicamente permette di articolare soluzioni e strategie come fossero le migliori. No, e' dippiu', e' il privilegio, il privilegio di chi non deve confrontarsi con le contraddizioni sul e del campo (non solo con le perdite materiali). E' il privilegio di chi puo' permettersi in un modo o in un altro di essere "duro e puro". E', in fondo, semplicemente lo sguardo di chi non può concepire una temporalita' diversa da quella occidentale, non puo' concepire una temporalità che e' appunto la ineluttabilita', la inevitabilita' della convinzione che chi davvero resiste si porta dentro, cioe' quella pazienza ferrea dei rivoluzionari, quel "sumud", parola tanto abusata in occidente quanto incompresa, appunto, che nasce e nutre la dignita' della Resistenza.
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