Continuiamo a dare voce alla condizione operaia nelle fabbriche, quelle grandi in particolare, perché sono proprio queste che possono effettivamente incidere sui rapporti di forza nella lotta contro padroni e governo, ma a condizione di generare forme di lotta nuove. Parliamo della Marcegaglia di Ravenna dove c'è la necessità di un sindacalismo classista e combattivo, di dare vita all’interno della fabbrica a un comitato operaio autonomo dal punto di vista dell’organizzazione, dei contenuti delle rivendicazione, che esprima l’autonomia operaia dai sindacati confederali e dall’aziendalismo di alcuni sindacati di base, un comitato di lotta con la partecipazione degli operai indipendentemente dalla tessera sindacale, che è poi una via d’uscita dalla frammentazione del sindacalismo extraconfederale.
L’importanza delle grandi fabbriche è che proprio perché da esse può essere intrapreso un percorso per la costruzione di un vero sciopero generale per una rivolta sociale, necessaria perché nessun risultato che possa migliorare la condizione dei lavoratori da qualunque punto di vista può essere ottenuto diversamente. C’è bisogno della rivolta operaia contro i padroni del nostro paese che hanno anche dalla loro parte i governi che portano avanti le politiche antioperaie – da quello che non fanno per i salari, per la difesa del posto di lavoro, contro il carovita e l’attacco ai diritti, con le scelte tutte a favore della guerra come sta facendo questo governo – quindi ci vuole la paralisi della produzione, con blocchi e con manifestazioni, quello che si sarebbe dovuto organizzare dopo le parole dette da Landini in occasione dello sciopero del 29 novembre ma che le direzioni sindacali di Cgil e Uil non hanno voluto mettere in pratica – e alla Marcegaglia di Ravenna praticamente lo sciopero non è stato minimamente preparato; in generale uno sciopero comunque che segna un passaggio necessario in un contesto di una condizione operaia insostenibile dal punto di vista dei salari, dei ritmi di lavoro, delle cassintegrazioni e chiusure, del carovita, della sicurezza sul lavoro, una condizione che domanda una rivolta sociale contro un governo che odia i lavoratori e le masse popolari perché è apertamente dalla parte dei padroni e sferra colpi alla condizione dei lavoratori e non solo: sta occupando un potere politico per formare un regime, una dittatura aperta, in una marcia moderno fascista. Un governo da rovesciare. E gli operai devono essere alla testa di questa lotta non solo per non subire ancora più gli attacchi e peggiorare la propria condizione ma per non permettere la rovina generale della nostra società, dalla Sanità, alla Scuola, ai trasporti, alle istituzioni oggi sovvertite e asservite, alla stampa che non forma la cosiddetta “opinione pubblica” ma che manipola le coscienze e le irreggimenta, all’accoglienza e alla difesa dei migranti. Insomma la lotta è prolungata ma è necessaria.
Oggi è dalla Marcegaglia di Ravenna che vogliamo dare un quadro della situazione, delle
nostre valutazioni e delle nostre proposte.Quello di Ravenna è lo stabilimento più grande di tutto il
gruppo con più di 2 mila operai tra dipendenti e ditte esterne, della
logistica, della manutenzione, della movimentazione dei coils, delle pulizie.
Questo stabilimento sfrutta una condizione estremamente
favorevole perché si trova all’interno del Porto di Ravenna e la produzione
dell’acciaio non è destinata solamente ai clienti con la spedizione via nave, su
gomma, in treno, ma anche agli altri stabilimenti del gruppo.
Gli investimenti sono stati fatti solamente in funzione
dell’intensificazione della produzione, quindi dell’intensificazione dei ritmi
e quindi dello sfruttamento per realizzare maggiori profitti.
Il contesto più generale della crisi dell’acciaio a livello
internazionale condiziona i piani padronali e quindi la condizione degli
operai.
I dati dicono che la produzione di acciaio in Italia è scesa
a 764mila tonnellate, segnando un calo del 2,7% rispetto allo stesso mese
dell’anno precedente, mentre nei primi otto mesi di quest’ anno si è attestata
a 13,2 milioni di tonnellate, con una flessione del 5,2%.
Ora i padroni dell’acciaio parlano di una situazione di crisi
industriale importante legata alla crisi dell'auto e per loro non ci sono altri
obiettivi che massimizzare i profitti e scaricare questa crisi sugli
operai.
C’è da dire poi che padroni del sito di Ravenna sono stati
sempre miracolati dal governo locale a guida Pd fino ad oggi, fino a De Pascale,
ex sindaco di Ravenna che è oggi presidente della Regione, il Pd è sempre stato
al servizio dei direttori dello stabilimento così come lo sono i confederali
all’interno dell’azienda.
Ultimamente dalla Banca europea per gli investimenti la
Marcegaglia ha ricevuto 100 milioni di euro che per quello che riguarda Ravenna
interesserà il reparto zincatura in particolare.
Il sistema che si è creato all’interno della fabbrica con i
confederali a fare da megafono alle decisioni padronali si vede nella
composizione delle Rsu, esattamente un anno fa si sono tenute le elezioni e la
Fiom ha ottenuto 237 voti su 639 totali e ha 7 delegati Rsu su 17, e ora è il
primo sindacato all’interno del sito di Ravenna, la Fim è il secondo sindacato.
Tra le organizzazioni extraconfederali c’è la Usb che ha iscritti tra ex delegati Fiom, mentre chi organizza i lavoratori delle ditte in
appalto sono Sgb nelle ditte della logistica, dei terminal, nella
movimentazione di coils, e il sindacato Lmo (Lavoratori metalmeccanici
Organizzati/aderenti a SGC - Sindacato Generale di Classe), un sindacato che
era prima all’interno della Cub.
Per lo sciopero del 29 all’interno della Marcegaglia i
sindacati extraconfederali non avevano organizzato niente.
Appunto per questo che serve un comitato di lotta operaio
indipendente che porti avanti una piattaforma operaia con gli operai
protagonisti.
E’ l’asse Fim-Uil che bisogna spezzare. È la collaborazione
con i padroni da parte di Fim e Uilm che ha portato alla svendita di diritti sul
salario d’ingresso per i neoassunti e del premio legato agli infortuni, alle
malattie e del premio variabile legato alla produzione nel contratto di secondo
livello.
Intanto a Ravenna le scorte, lo stoccaggio dell’acciaio hanno
riempito i magazzini e questa situazione riguarda gli operai dell’appalto in
termini di ritmi di lavoro, di attacco al salario e di esposizione al rischio-
sicurezza, sono loro che pagano pesantemente le ricadute della questione che
resta centrale in questa fabbrica che è, appunto, l’emergenza-sicurezza, sono
loro che movimentano i coils e che subiscono gli incidenti, gli infortuni e
anche la morte sul lavoro come è successo qualche anno fa a un operaio dell’appalto
schiacciato dai coils al Centro servizi.
Ci sono 7 persone indagate per questo omicidio sul lavoro a
cui si è risposto con uno sciopero immediato: sono quattro di Marcegaglia e tre
di Cofari, la cooperativa di facchinaggio che ha un appalto da Marcegaglia e
per cui lavorava Hysa, una morte sul lavoro annunciata accaduta in un ambiente
che da tempo gli operai ne denunciavano i rischi, quello del Centro servizi, con
i coils stipati e fermati alla meglio con delle zeppe sulle selle, in uno
spazio senza vie di fuga. E proprio nello stesso anno della morte dell’operaio
la Marcegaglia – ricordiamo che il gruppo aveva fatturato 7 miliardi di euro nello
stesso anno della morte sul lavoro dell’operaio dell’appalto – e stava portando
avanti un progetto innovativo di investimento sulla sicurezza nello
stabilimento insieme a Itway. La caratteristica peculiare consisteva nell’uso
dell’intelligenza artificiale e di telecamere per allertare l’operaio che si sarebbe
trovato in una posizione di esposizione a un rischio, una notizia buona per
farsi solo pubblicità perchè i rischi sono continuati con funi di carroponti
che si spezzavano, pinze e coils che cadevano dall’alto.
La questione-sicurezza non è possibile risolverla se non c’è l’unità, l’indipendenza e lo scontro con le altre componenti sindacali in fabbrica che su questo terreno si illudono di poterla trattare a livello aziendalista, perchè senza una piattaforma operaia, senza un comitato operaio è impossibile riuscire a portare avanti la difesa delle condizioni di sicurezza in questa fabbrica.
Poi c’è la questione del salario che riguarda in particolare
i contratti precari, la pluralità di contratti all’interno della stessa azienda
da conquistarsi anch’essi portando avanti una lotta sulla base di una
piattaforma operaia: è un obiettivo da conquistare con la lotta e con
l’organizzazione indipendente degli operai perché significa avere salari e
norme, diritti, migliori, con un contratto unico metalmeccanico in particolare
per l’appalto.
Con la lotta autorganizzata è necessario spezzare il comando
padronale in questa azienda, che è arrivata anche a condotte antisindacali
attaccando il diritto di sciopero con la sostituzione degli scioperanti
prendendoli da altre ditte, un’azienda che è espressione del fascismo padronale
che va spezzato, una fabbrica dove, con l’attivismo di Fim e Uilm, si è
arrivati a ripetere le votazioni sull’integrativo sfavorevoli ai padroni con un
referendum che era stato bocciato dagli operai che non prevedeva aumenti
salariali e avevano scioperato contro di esso.
L’unità degli operai su una linea di classe e combattiva su una
piattaforma operaia è necessaria anche in questa fabbrica.


Nessun commento:
Posta un commento