venerdì 17 novembre 2023

pc 17 novembre - Mentre Israele massacra la popolazione palestinese, l'Europa e gli Stati Uniti negoziano con il governo di Netanyahu per assicurarsi il controllo del gas di Gaza

un contributo 
Alfons Perez, Juan Bordera | investigaction.net
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare


"Le compagnie selezionate si sono impegnate a fare un investimento senza precedenti nello sfruttamento del gas naturale nei prossimi tre anni, che dovrebbe portare alla scoperta di nuovi giacimenti di gas naturale". Il ministro dell'Energia israeliano, Israel Katz, ha chiuso domenica 29 ottobre l'assegnazione di 12 licenze di sfruttamento di gas fossile al largo della costa mediterranea del Paese. Nel bel mezzo dell'offensiva militare contro la Striscia di Gaza, aziende come l'italiana Eni, la britannica BP e la Socar dell'Azerbaigian stanno espandendo le loro attività nel settore del gas. Qualche mese prima, il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva affermato che "le esportazioni verso l'Europa devono essere accelerate" per porre fine alla dipendenza energetica dalla Russia. Questa fotografia mostra che i piani espansionistici di Israele a Gaza coinvolgono anche le riserve energetiche del mare palestinese.

"Aiuti umanitari a Gaza? Non si accenderanno interruttori elettrici, non si apriranno rubinetti dell'acqua e non entreranno camion di carburante a Gaza fino al ritorno degli israeliani rapiti". Queste dichiarazioni del ministro Kartz confermano la strategia di infliggere sofferenze indiscriminate alla popolazione della Striscia di Gaza e illustrano il controllo assoluto di Israele sulle forniture di base in Palestina, un territorio che possiede due giacimenti di gas, Marine 1 e 2, a circa 35 chilometri dalla costa, scoperti negli anni '90 ma mai sfruttati.

Di fatto, sia Gaza che la Cisgiordania importano energia (gas, petrolio, elettricità) attraverso Israele. Prima della guerra, la Striscia di Gaza soffriva di costanti interruzioni di corrente, che compromettevano il funzionamento dei servizi di base e costringevano all'uso di generatori diesel, fonte di inquinamento e di esclusione energetica, poiché il prezzo del carburante era inaccessibile per la popolazione impoverita. Oggi, con l'applicazione delle misure di Kartz, la situazione è ancora più estrema.
I giacimenti Marine 1 e 2 erano già uno degli obiettivi non raggiunti dell'Operazione Piombo Fuso lanciata dalle forze di occupazione israeliane nel 2008, un'operazione che ha causato la morte di 14 israeliani e 1.400 palestinesi. Per la Palestina, le riserve di gas rappresentavano la possibilità di raggiungere un certo grado di indipendenza energetica da Israele. Per questo motivo, nel 2015, l'Autorità Palestinese ha acquistato i diritti di sfruttamento di Marine, di proprietà della Royal Dutch Shell, attraverso il fondo sovrano Palestine Investment Fund, ma Israele non ne ha mai autorizzato lo sfruttamento.

L'opportunità dopo la guerra in Ucraina

Sebbene il blocco dello sfruttamento sia durato quasi un decennio, il conflitto armato in Ucraina ha cambiato completamente la situazione: la sicurezza energetica dell'Unione Europea è minacciata e la diplomazia energetica ha dovuto trovare partner strategici al di fuori dell'orbita russa. Questo imperativo ha motivato l'organizzazione di tre eventi da parte dell'EastMed Gas Forum, un forum per lo sviluppo regionale del gas nel Mediterraneo orientale. Il forum comprende otto membri che incarnano l'intersezione di interessi tra la regione e l'Europa: Cipro, Egitto, Francia, Grecia, Israele, Italia, Giordania e Palestina, oltre a tre osservatori interessati alla regione, gli Stati Uniti, l'Unione Europea e la Banca Mondiale.

Il primo evento, nell'ottobre 2022, è stato l'accordo tra Libano e Israele sul confine marittimo. Il compromesso adottato avvantaggiava ampiamente Israele, dandogli il controllo del giacimento di gas di Karish sul confine e il 17% dei profitti derivanti dallo sfruttamento delle riserve di Qana, ma il Libano era comunque soddisfatto dell'accordo data la sua fragile situazione economica. Poche settimane dopo, Israele ha concluso un secondo accordo con l'Egitto e l'Autorità Palestinese per lo sfruttamento di Marine, che ha suscitato sorpresa e critiche interne, in particolare da parte di Hamas. Infine, il 15 giugno 2023, il Ministro Kartz, il Commissario europeo per l'Energia Kadri Simson e il Ministro del Petrolio e delle Risorse Naturali della Repubblica Araba d'Egitto, Tarek El Molla, hanno firmato un memorandum d'intesa che prevede essenzialmente che le esportazioni di gas da Israele e dall'Egitto verso l'Europa avverranno attraverso l'Egitto, in linea con il piano europeo di porre fine alla dipendenza dalla Russia.

Accordi marittimi per l'offensiva di terra

L'azione del governo israeliano è stata descritta da diversi analisti come una ricerca di stabilità regionale attraverso la diplomazia energetica. Questa azione apparentemente moderata è una strategia il cui perno principale è l'Occidente. L'acquisizione geostrategica di parte delle riserve di gas del bacino levantino e delle relative rotte di esportazione risponde alle esigenze di un'Unione Europea desiderosa di partner stabili per il gas.

D'altra parte, l'apparente riavvicinamento ai nemici territoriali, anche se parte dei profitti dello sfruttamento del gas potrebbero andare a Hezbollah e Hamas, fa parte di una tattica di accordi sul mare per distrarre dall'appropriazione della terraferma. Ad esempio, l'annuncio dell'accordo trilaterale Israele-Autorità Palestinese-Egitto, che doveva presentare un'immagine amichevole di Israele alla comunità internazionale, è avvenuto nella stessa settimana in cui si costruivano insediamenti nei Territori occupati.

Verso un nuovo Yom Kippur? La regionalizzazione del conflitto

Le dichiarazioni e le azioni del governo israeliano, che violano costantemente il diritto internazionale e i più fondamentali diritti umani, stanno pesando sulla scena internazionale a tal punto da far temere il ripetersi della cosiddetta guerra dello Yom Kippur. Lo scontro armato di Israele con Egitto e Siria che spinse l'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC) a imporre un embargo sulle esportazioni verso i Paesi che sostenevano Israele, provocando un aumento globale dei prezzi del petrolio e un conseguente incremento dell'inflazione.

In occasione di un recente incontro tra i rappresentanti europei per discutere delle scorte di petrolio, diesel e benzina, il Commissario europeo per l'energia ha dichiarato: "Il petrolio è importante. La mancanza di gasolio potrebbe portare a scioperi. Non vogliamo che i nostri camion facciano la fila per il diesel", aggiungendo: "Questo periodo è paragonabile al 1973? In effetti, i prezzi dei futures del gas sul mercato olandese TTF (il riferimento in Europa) sono aumentati del 40% poco prima dell'arrivo di un altro inverno senza gas russo in Europa, almeno sulla carta. In misura minore, i futures sul greggio Brent sono aumentati del 7%.

Tuttavia, sembra che, a distanza di cinque decenni, la situazione sia significativamente diversa: gli Stati Uniti sono il maggior produttore mondiale di petrolio e gas, i membri dell'OPEC sono meno uniti e hanno più interessi combinati con quelli dell'Occidente, e la maggior parte dei Paesi potenzialmente interessati ha forniture e riserve più diversificate. Ma questa realtà potrebbe essere superata se Israele proseguirà con il suo piano di invasione del territorio palestinese e se il conflitto continuerà a intensificarsi e a diffondersi in tutta la regione. Il ruolo dell'Iran, potenza esportatrice di idrocarburi grazie all'alleggerimento delle sanzioni, deve essere preso in considerazione in quanto controlla lo Stretto di Hormuz, attraverso il quale passa il 30% del commercio internazionale di petrolio e dove è già in corso una disputa aperta con gli Stati Uniti e Israele.

Il Qatar, il principale esportatore mondiale di gas naturale liquefatto, possiede Al Jazeera, uno dei pochi media a guardare con occhio critico al conflitto israelo-palestinese. Gli Stati Uniti hanno recentemente invitato il Qatar a moderare la sua retorica perché, secondo Washington, stava infiammando l'opinione pubblica. La Turchia è un territorio di transito per due dei principali gasdotti e oleodotti diretti in Europa (il BTC e il Corridoio meridionale del gas) e il suo presidente, Recep Tayyip Erdoğan, ha accusato Israele di crimini di guerra con la complicità dell'Occidente durante la manifestazione di massa a Istanbul. Inoltre, il riavvicinamento di Israele all'Arabia Saudita - che aveva lo scopo di isolare l'Iran - è stato completamente congelato e il ruolo dell'Egitto è essenziale per le rotte di esportazione del gas verso l'Europa.

L'Unione Europea sta perseguendo la sua ricerca dell'indipendenza energetica senza preoccuparsi troppo di ciò che fanno i suoi partner strategici. Non sorprende che le indagini sul sabotaggio del Nord Stream e del gasdotto tra Finlandia ed Estonia non si siano ancora concluse. Ma ciò che conta davvero per la diplomazia europea e per le potenze occidentali è garantire forniture a basso costo e assicurare che il bottino di guerra finisca nelle mani di un partner stabile e privilegiato, indipendentemente dalla mancanza di credibilità morale o dal costo in vite umane.

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