giovedì 9 settembre 2021

Imperialismo italiano - I d(r)oni del ministro Guerini all'Aereonautica per i "nuovi scenari di guerra"

«Il rapido sviluppo di una vasta gamma di nuove tecnologie sta cambiando il carattere fondamentale della guerra»

Generale Milley, capo di stato maggiore delle Forze Armate Americane

La guerra che le truppe imperialiste combattono sul campo si fa sempre più difficile per loro. La ritirata in seguito alla sconfitta totale, militare e politica, in Afghanistan e il nuovo interventismo per il dominio mondiale delle aree ricche di gas e petrolio, costringe i governi imperialisti a dotarsi di nuovi e micidiali strumenti di morte per conservare le proprie posizioni di dominio ed evitare perdite sul campo. In questo modo l’impatto della guerra viene scaricato sulle popolazioni civili.

La borghesia imperialista italiana, con il governo Draghi e il ministro Guerini, è in prima fila nell’aggiornare il suo armamento bellico per nuove guerre d’aggressione. La difesa dei profitti del capitalismo monopolista di Stato -Eni/Leonardo/Finmeccanica- così come quelli dell’industria nazionale della Difesa e, più in generale, quelli dei capitalisti, portano sempre più a nuovi venti di guerra nelle aree strategiche per l’imperialismo italiano, dal Caucaso al Mediterraneo Allargato (Libia, Sahel). Il respingimento dei migranti in fuga da fame e guerre causate dagli imperialisti è l’altro fronte che rende necessario, per i governi imperialisti, dotarsi di altri strumenti che possano supportare l’azione criminale di chi fa “il lavoro sporco” per la fortezza Europa, nell’illusione di potere fermare le ondate migratorie di massa con gli ingenti finanziamenti che, per quello che riguarda l’Italia, significa Libia (guardia costiera, lager) e Tunisia.


Ora la Difesa ha deciso di trasformare gli aerei senza pilota da ricognizione e sorveglianza in bombardieri teleguidati e l’Aeronautica Militare italiana è pronta ad armare gli aeromobili a pilotaggio remoto (Apr) Reaper (“falciatrice”) a disposizione del 32° Stormo di Amendola (Foggia). Anche la base aerea navale di Sigonella in Sicilia è di importanza strategica per le operazioni dei droni statunitensi, in particolare in Nord Africa.

Il massacro a Kabul, poche ore prima del ritiro delle truppe d’occupazione in Afghanistan, che ha ucciso anche 6 bambini, è stato fatto con uno di queste “falciatrici”.

Una fabbrica di battelli utilizzati per l’immigrazione illegale è stata distrutta da un attacco aereo per mezzo di un drone a Sabratha (Libia). Nessuno stato o parte in conflitto ha rivendicato l’azione.

Ora di queste armi si doterà l’Aereonautica militare italiana per la decisione del ministro della Difesa italiano.

Lo prevede il Documento Programmatico Pluriennale (Dpp) 2021-2023 del ministero della Difesa e deve ottenere il via libera del Parlamento. Come si legge nel Dpp, “è in corso l’iter di approvazione del previsto Dm/Dl ai sensi dell’art. 536 C.O.M.”.

Tra i programmi del Dpp 2021-2023 è incluso infatti “Aggiornamento del payload MQ-9”, dove MQ-9 è la sigla che indica i droni Reaper costruiti dalla statunitense General Atomics. Ogni esemplare costa oggi intorno ai 30 milioni di dollari, riporta l’Agi.

Come si legge nel documento: “In particolare, il velivolo garantirà incrementati livelli sicurezza e protezione nell’ambito di missioni di scorta convogli, rendendo disponibile una flessibile capacità di difesa esprimibile dall’aria. Introdurrà, inoltre, una nuova opzione di protezione sia diretta alle forze sul terreno che a vantaggio di dispositivi aerei durante operazioni ad elevata intensità/valenza”. Verrà utilizzato sia nella condotta di missioni ISTAR (Intelligence, Surveillance, Target Acquisition and Reconnaissance) e sia, in ambito marittimo e terreste, nell’ambito di operazioni di Pattugliamento, Ricerca e Soccorso, uno degli strumenti migliori per il controllo dei confini, il monitoraggio ambientale, il supporto alle forze di polizia e l’intervento in caso di calamità naturali.

Finora i droni ovvero gli Apr classe Male (Medium Altitude Long Endurance), Mq-1A Predator e Mq-9 Reaper, in dotazione al 32° stormo dell’Aeronautica Militare erano disarmati. Negli ultimi anni l’Aeronautica li ha impiegati in Iraq, Afghanistan, Libia e attualmente in Kuwait per le operazioni contro l’Isis in Iraq.

La decisione del ministero della Difesa italiano sarebbe correlata, secondo la Rivista italiana difesa, all’emergere “dei nuovi scenari – che dal Nagorno Karabah, alla Libia, hanno mostrato la rilevanza sui campi di battaglia del drone armato – hanno fatto cadere incertezze e resistenze di natura etica che finora avevano impedito il compimento di tale passo. I nostri comandanti sul terreno potranno così disporre di una fondamentale opzione per proteggere le forze a terra e per neutralizzare eventuali minacce prima che queste possano manifestarsi”.

La politica del ministro della Difesa si muove su 2 assi: il (ri)posizionamento attivo sullo scenario internazionale con i punti di riferimento NATO e UE e il rilancio complessivo dell’industria della Difesa, attraverso l’ammodernamento dello Strumento Militare.

LE RISORSE STANZIATE

Il programma — che include l’aggiornamento di sensori-spia e apparati di trasmissione — prevede l’investimento di 168 milioni di euro di cui vede finanziata una tranche di 59 milioni distribuiti in 7 anni.

QUALI ARMI A BORDO DEGLI UAV REAPER?

“La Difesa non ha fornito ulteriori dettagli e non è nota la tipologia di armi che verrà integrata sui velivoli. I Reaper verranno anche dotati di nuovi apparati per la guerra elettronica che consentiranno loro di operare in scenari a più alto contrasto militare” scrive Rid.

Come si legge in un approfondimento del Cesi, riguardo all’armamento, “l’Mq-9 Reaper può portare carichi bellici fino a 1400 kg. Normalmente si tratta di una combinazione di 4 missili aria-terra Agm-114 Hellfire cui si aggiungono alternativamente 2 bombe a guida laser da 230 kg GBU-12 Paveway II o 2 bombe a guida Gps GPU 38 Jdam dello stesso peso. Sia nel caso dei missili che delle bombe si tratta di armamento di estrema precisione idoneo a centrare obiettivi specifici, sia in movimento (carri armati, blindati, pick-up e veicoli in genere), sia statici (edifici, bunker, ricoveri di vario tipo)”.

La denuncia contro i piani bellici dei governi è sempre importante ma è decisiva la ripresa delle lotte di massa nel nostro paese contro l’imperialismo italiano. In parlamento nessuna forza rappresenta queste istanze e il pacifismo che fa appelli alle istituzioni e propone la smilitarizzazione in piena corsa agli armamenti non è in grado di poter organizzare l’opposizione nelle piazze. Non è in grado perché analizza la realtà secondo la visione del mondo democratico-borghese e si muove all’interno di quest’ottica. La guerra imperialista non è il frutto di scelte “sbagliate” dei governi, di una volontà criminale di elementi delle classi dirigenti. La guerra imperialista è strettamente legata alle basi economiche del capitalismo.

Per la ripresa di un movimento antimperialista 

Questo vuoto è sempre più necessario colmare da parte dei comunisti con analisi e teorie per una lotta conseguente, quindi è imprescindibile Lenin e il suo lavoro teorico sull’imperialismo. I lavoratori, le avanguardie di lotta non possono comprende la realtà, il nesso imperialismo/crisi/guerra, senza Lenin.

Proletari comunisti ne ha fatto un’arma di combattimento con il quaderno di Formazione Operaia sull’Imperialismo a cui rimandiamo. Richiedilo alla redazione: pcro.red@gmail.com

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