Ieri al varco Etiopia c'era il CALP e i suoi delegati FILT CGIL.
Alcuni fra loro non hanno potuto partecipare per la mancanza di una copertura sindacale legittima, vista l'importanza del rispetto dello statuto della CGIL e la storia dei portuali genovesi che da sempre sposano gli ideali di pace e mai a favore del traffico di armi nel porto di Genova.
Si è giunti allo sbando! Si, perché invece di supportare i suoi delegati, si pensa a correre al capezzale
del padrone per trovare rimedio alla situazione imbarazzante tra PSA E SAECH, sbeffeggiati pubblicamente in TV da un vecchio padrone del porto genovese che guai a metterselo contro.
Un'autorità portuale di sistema Mar Ligure occidentale con una presidenza vergognosa: la peggiore della storia, che ha in mente deliri geografici spaventosi, con tanti soldi in cassa che si preferisce spendere spostando una diga del porto piuttosto che essere utilizzati per preservare e migliorare la salute dei Lavoratori facendo manutenzione a quelle banchine che versano in condizioni di asfaltatura instabile ( Eritrea assereto ecc... che stanno sprofondando ), l'infinito palleggio delle responsabilità: terminalisti o autorità portuale?
Enti di controllo per la sicurezza che si devono annunciare prima di entrare nei terminal! (Un po' come avvisare la polizia prima di andare a fare una rapina!).
Una Compagnia Unica commissariata e non più in grado di decidere cosa è giusto e cosa non lo è, costretta ad addossarsi in bilancio quei lavoratori con la schiena distrutta a discapito degli interessi dell'imprenditore.
Si sono aggrappati a un cavillo che raggira la legge 180 del 90’: attaccarsi ai cavilli per non spendere, in questo caso per non perdere un traffico della Bahri che nel porto dei record, è del tutto ininfluente, visto che si parla dello 0,001 % del fatturato totale.
Rimane la questione morale obiezione di coscienza dei lavoratori, con quella ognuno di noi dovrà farci i conti (visto quello che succede in medio oriente) e chi ha voluto pensare a guadagnarci il pane, dovrà aver bene in mente che quello stesso pane è intriso del sangue di bambini, visto che fra loro, uno su cinque vive in territori di guerra. Chissà se rientrando a casa la sera, tutti riusciranno a guardare in faccia i propri figli.
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