L'amico di Ramy e il carabiniere assassino vengono messi sullo stesso piano.
Per il carabiniere che ha ucciso Ramy la "colpa" sarebbe ridotta a "violazione del codice stradale", un "omicidio stradale" frutto unicamente del fatto che non avrebbe guidato "con prudenza e diligenza" (!).
Una vergognosa copertura dei carabinieri che avevano invece chiaramente l'obiettivo di fermare in ogni modo i due ragazzi, fino all'uccisione. Invece lo scopo assassino viene cancellato e il tutto viene ridotto ad aver guidato in modo "sproporzionato, troppo ravvicinato allo scooter".
Una indagine chiaramente inquinata dalla volontà di salvare i carabinieri!
Una indagine che se non fosse tragica sarebbe ridicola, visto che per il carabiniere c'è una accusa di "imprudenza", mentre per Fares, amico di Ramy, si sottolinea che era senza casco, che andava veloce... Ma se cercava solo di sfuggire all'aggressione dei carabinieri, doveva prima mettersi il casco...?
Alla fine, non ci potremo meravigliare se arriveranno a dire che in realtà è Fares che ha ammazzato l'amico Ramy.
Ma non deve finire che dopo l'assassinio ci debba essere l'ingiustizia!
(da Il manifesto) - C’è un concorso di colpa di Fares Bouzidi e del carabiniere che era alla guida dell’ultima macchina inseguitrice e per entrambi l’accusa è di omicidio stradale. È quanto scrivono nella relazione di chiusura delle indagini i pm che hanno indagato sulla morte di Ramy Elgaml, il 19enne morto la notte del 24 novembre 2024 in via Quaranta a Milano al termine di un inseguimento di 8 km con i carabinieri. Ramy era seduto dietro allo scooter T-Max guidato da Fares. Secondo i pm Serafini e Cirigliano, l’auto dei carabinieri era troppo vicina alla moto, in particolare nella fase finale
che ha portato allo schianto nel quale ha perso la vita Ramy. Il carabiniere guidava «a una distanza estremamente ravvicinata» scrivono i pm, tanto che quando la moto ha sbandato a destra dopo aver provato a girare a sinistra «urtava con la fascia anteriore del paraurti» il T-Max «provocandone così la caduta» e di conseguenza la morte di Ramy.Il militare, per i pm, avrebbe violato «le regole di comune prudenza e diligenza comunque imposte» da un articolo del codice della strada. Teneva una distanza «sempre inferiore a 1,5 metri» è scritto nella chiusura delle indagini, anche a fronte di una velocità nel tratto finale di 55 chilometri orari, senza tenere conto della «lunga durata dell’inseguimento» di 8 km, «atta a inficiare le capacità di concentrazione alla guida». Una condotta considerata sproporzionata anche per «la natura del veicolo inseguito», uno scooter con due persone a bordo, una «senza casco».
Per il ragazzo alla guida, Fares, l’accusa di omicidio stradale è supportata dalla guida pericolosa tenuta durante il lungo inseguimento, a velocità anche fino a 120 km/h, con tratti di strada percorsi contromano e con quel tentativo di svoltare a sinistra in via Quaranta (dove poi è avvenuto lo schianto contro il semaforo) «per poi effettuare una repentina e improvvisa manovra a destra» provocando così l’urto «dell’area posteriore destra dello scooter con la fascia anteriore del paraurti» dell’auto dei militari, con il «conseguente slittamento sul manto stradale» e la morte di Ramy, finito contro il palo del semaforo e poi investito e schiacciato dall’auto dei carabinieri. Il tutto con l’aggravante della guida senza patente...

Nessun commento:
Posta un commento