Nomina per nomina, la squadra di Trump sarà una rappresaglia
Potere assoluto Giustizia tra Ken Paxton che vieta l’aborto in Texas e Mike Davis, pronto a «sbattere in galera» la procuratrice che accusa il tycoon
Luca
Celada - manifesto
LOS ANGELES
Una cosa è assai
probabile per il governo Trump Bis, la parola d’ordine sarà
«retribution», una rappresaglia maturata nei quattro anni di
“esilio” che non si limiterà a perseguire gli avversari della
odiata «sinistra radicale», ma potrà allargarsi a quelli che nel
suo stesso partito non lo hanno sostenuto abbastanza, a partire dal
tentativo di rimanere al potere quattro anni fa.
Fra le nomine
di maggiore portata vi sarà la selezione dell’attorney general.
Il ministro è costituzionalmente garante indipendente di giustizia,
ma di fatto anche il dicastero che proietta il potere giudiziario del
presidente. Lo sarà certo assai di più nella concezione assolutista
di Trump che nel primo mandato ruppe con i pur reazionari ministri
Jeff Sessions e Willam Barr, quando non vollero sottostare alle
richieste più smaccatamente anticostituzionali di usare l’apparato
dello stato contro avversai politici.
IN LINEA PER SUCCEDERGLI vi sono dunque nomi che abbinano lealtà assoluta al presidente e
che ne condividono la visione estrema (ad esempio su repressione del dissenso e dell’immigrazione). Fra i nomi papabili si fanno quelli di Ken Paxton, attuale attorney general del Texas, che in quello stato ha istituito il divieto quasi totale di abortire, difeso la chiusura unilaterale del confine col Messico e querelato l’amministrazione Biden più di cinquanta volte.All’occasione vi sarebbe però un’opzione più di destra, l’avvocato Mike Davis, che ha dichiarato «deporteremo i neonati coi genitori e i loro nonni, metteremo bambini in gabbia». Soprattutto è fautore della «retribution» promettendo ad esempio di «sbattere in galera» Laetitia James, procuratrice generale di New York responsabile delle condanna penale per illeciti fiscali rimediata quest’anno da Trump.
Il neo eletto presidente degli Stati uniti Donald Trump foto di Alex Brandon/Ap
LA PRATICA
IMMIGRAZIONE e deportazione sarà competenza soprattutto del
dipartimento della Homeland security e a capo di questo “ministro
di sicurezza” potrebbe andare Tom Homan, già direttore del
servizio idi immigrazione (Ice), fra i pretoriani più fedelmente
alleati di Trump. Dietro le quinte è comunque certo il ritorno in
qualità di “immigration czar” di Stephen Miller, già
architetto delle politiche di immigrazione, dal “muslim ban”
alla fortificazione del muro di confine, sempre all’impronta della
difesa “meritocratica” della civiltà occidentale.
Altra
componente fondamentale del nuovo ordine securitario sarà l’apparato
di intelligence e national security, Fbi
e Cia in primis. A Langley sembra attualmente destinato Kash Patel,
un altro fedelissimo proveniente dallo staff del ministero della
Difesa. Per rendere il tenore, Patel ha di recente dichiarato:
«Snideremo tutti i cospiratori, non solo nel governo, ma nei media.
Tutti coloro che hanno mentito, che hanno assistito Joe Biden nel
rubare le elezioni, vi troveremo…».
AI
MINISTERI del Commercio e del Tesoro, dove lo zelo liberista
promette di essere attiguo alla corruzione che emana dalla dinastia
affarista al centro del potere, sarebbero intanto pronte nomine
“ideologiche” per i fautori più isolazionisti dei dazi e della
guerra commerciale, come Robert Lighthizer e altri appartenenti a una
rosa che comprende principalmente esponenti della grande speculazione
finanziaria (ad esempio il manager di hedge fund, John
Paulson).
In questo reparto vi sono da segnalare i rapporti non
certo ottimi tra Trump e la Banca centrale, la Securities and
Exchange Commission (Sec) e il Wto, l’Organizzazione per il
commercio globale, ossia ogni e qualsiasi organismo di controllo. La
tensione è già trapelata questa settimana con le dichiarazioni del
capo della Fed, Jerome Powell, che in sostanza ha detto «non me ne
vado neanche se me lo chiede Trump».
I RAPPORTI fra
Casa bianca e agenzie normative sicuramente rifletterà il mandato
del “progetto 2025” per «smantellare lo stato amministrativo».
La crociata prescritta dalla Heritage Society non sarà limitata alle
agenzie economiche ma prenderà certo di mira quelle ambientali. Otto
anni fa Trump nominò petrolieri a capo dell’Agenzia per l’ambiente
(Scott Pruiett) e della Difesa del territorio (Ryan Zinke). Anche
questa volta è garantito uno speciale riguardo per l’agenda anti
green della principale industria sponsor).
Ove non
verrà praticata l’occupazione, potrebbe esservi l’eliminazione
diretta. Già annunciata è quella del ministero della pubblica
istruzione, dicastero “trofeo” della privatizzazione a oltranza
dell’educazione pubblica e del progetto di egemonia “culturale”
già in atto nelle scuole di stati rossi come Texas e Florida.
Di
peso ideologico forse anche maggiore, sono le agenzie per la salute
come Nih e Fda che Trump ha pubblicamente “promesso” a Robert
Kennedy Jr. Il salutista NOVAX
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