giovedì 7 dicembre 2023

pc 7 dicembre - Torino Polizia al Campus è strategia di "repressione del dissenso”

...dopo le cariche della polizia gli studenti richiedono le dimissioni di Geuna

TORINO – “La polizia, se deve essere presente, deve tutelare la sicurezza di tutti, non solo di una parte”: e l’aula da oltre 400 persone del Campus Einaudi applaude Alessandra Algostino, la docente colpita dalle manganellate della Digos e che ora indossa un collare bianco causa trauma cranico.

Oggi all’assemblea di discussione sui fatti di ieri, in cui la polizia ha manganellato studenti e docenti per difendere del Fuan, hanno partecipato anche l’Anpi, diversi docenti e i rappresentanti dei collettivi di UniTo. Grandi assenti: il rettore Stefano Geuna ed Egidio Dansero (responsabile del Dipartimento di CPS).

“I fascisti non sono entrati grazie a tutti noi”

“Per noi  è stata comunque una vittoria politica: – spiega Sara, di Askatasuna – siamo riusciti ad essere in tanti a respingere i fascisti del Fuan dall’università. Se non sono entrati è grazie a noi e alla nostra mobilitazione.”

“Azioni ripetute per reprimere il dissenso”

“Ci stanno dando il segnale che ovunque cerchiamo di aprire spazi, non c’è posto; sia in università che altrove. – interviene un portavoce di Cambiare Rotta – Questo è diventato uno stato di polizia e ce ne dobbiamo rendere conto. Non solo a Torino: ricordiamo oggi a Bologna, ma anche a Catania e in altre città. Dobbiamo andare oltre i singoli episodi e renderci conto che tutte queste sono azioni per reprimere il dissenso politico interno al paese.”

“Chiediamo le dimissioni del Rettore Geuna”

“Dobbiamo trovare un referente politico per tutto questo – termina lo studente in cattedra – e questo è il rettore Stefano Geuna. Chiediamo le sue dimissioni, la responsabilità di questi fattacci è sua.”

Richiesta che tuttavia non è condivisa da tutta la platea: c’è chi propone, sulla scia del blitz al rettorato, che serva prima una presa di posizione chiara sulla violenza della Questura torinese.

“Garantire la sicurezza di tutti, non solo di una parte”

“Ho ricevuto tanta solidarietà da parte di tanti, – interviene Alessandra Algostino, indossando ancora il collare bianco dopo il trauma cranico riportato – ma mi sarebbe piaciuto che queste dichiarazioni fossero arrivate anche la scorsa volta, in cui le teste manganellate erano quelle degli studenti. Il diritto di contestazione deve essere garantito: la polizia se deve essere presente deve tutelare la sicurezza di tutti, non solo di una parte. Il Fuan è accompagnato sempre da un ingente spiegamento di forze. Se sono così celeri quando vengono chiamati da questo collettivo, perché non sono così veloci quando vengono chiamate da altre persone oggetto di violenze, come le donne?”

“E' una strategia iniziata con il decreto Rave”

“Si tratta di una cornice più ampia del singolo episodio, – continua la docente di diritto costituzionale – riguarda una strategia che travolge i lavoratori in sciopero, ma anche gli attivisti per il clima e gli studenti. É cominciato con il decreto Rave ed è proseguito con una serie di operazioni legali per reprimere il disagio sociale.”

Parla Rocco, il ragazzo fermato dalla Polizia al Campus: “pestato senza motivo, cercavo di aiutare una ragazza caduta”

“Mi hanno denunciato per sei reati – racconta il ragazzo a Quotidiano Piemontese – ora ho i

lividi”

TORINO – “Ero in aula studio tranquillo, stavo studiando. – racconta a Quotidiano Piemontese Rocco, che sul ventre e sulle braccia ha ancora dei lividi dopo l’arresto di ieri – A un certo punto ha iniziato a girare la voce che il Fuan stava cercando di volantinare e alcuni stavano iniziando a manifestare.

Sono uscito che il corteo era già formato e la digos schierata. Sono stato un po’ lì in modo tranquillo, nel frattempo c’erano cori, botta e risposta con quelli del Fuan.”

“Cercavo di aiutare dei ragazzi caduti”

“Dopo due ore così – continua Rocco – i fascisti si sono allontanati e alcuni agenti anche. All’improvviso però la Digos ha iniziato a caricare, io ero in quarta fila. Hanno anche iniziato ad avanzare, quando non c’erano nemmeno più quelli del Fuan. Una ragazza è caduta a terra insieme ad altri, io ho cercato di aiutarli, dando le spalle alla polizia.”

Il violento arresto

“Gli agenti mi hanno preso per il giubbotto e mi hanno trascinato dietro di loro e hanno iniziato ad insultarmi. Dopo le manganellate mi hanno sbattuto contro il muro e mentre ero fermo, come si vede dal video, mi ha dato un altro colpo.

A questo punto il poliziotto che mi aveva fermato mi ha consegnato a un collega sostenendo che io gli avessi sputato e gli avessi tirato dei calci. Cosa non vera.”

Come ti sei sentito nelle mani degli agenti?

“Assurdo. È stato assurdo, una sensazione di impotenza totale. Subito, quando mi hanno preso e picchiato, la mia reazione d’istinto è stata di reagire, perché non avevo fatto niente. Dopo ho pensato: se reagisco, qui mi ammazzano. Ho avuto paura perché era uno scontro impari, io del tutto disarmato e ripeto senza aver fatto niente, loro con gli scudi e i manganelli.”

Dopo il fermo cosa è successo?

“Mi hanno portato in commissariato vicino a Porta Susa. Dopo qualche minuto che ero lì mi hanno portato a Grugliasco. Poi un agente è arrivato dicendo che dovevo tornare a Porta Susa. Lì mi hanno interrogato.”

E?

Hanno iniziato a chiedermi insistentemente se facessi parte di Askatasuna o del Cua (Collettivo universitario autonomo). E io non faccio parte di nessun collettivo. – ribadisce lo studente – Dopo parecchio tempo l’hanno capito e mi hanno detto di cosa mi hanno accusato: sei reati, tutti in concorso con il Cua

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