domenica 19 aprile 2020

pc 19 aprile - Speciale proletari comunisti 12 - Crisi/Coronavirus e cigno nero... - Una breve nota

Se per “cigno nero” si intende qualcosa di inaspettato, che improvvisamente si abbatte sulla società capitalistica e incide pesantemente sulla sua economia allora non siamo d’accordo.
La sorpresa che nasce per una crisi capitalistica, anche quando è scatenata da un virus, può essere comprensibile per i membri falsi e ipocriti della borghesia e i suoi ideologi, non per i proletari che nelle crisi ci vivono, né per i comunisti che le crisi le devono “prevedere”, perché le crisi da sovrapproduzione sono una specificità ricorrente del Modo di produzione capitalistico, anzi più che periodiche possiamo dire che queste crisi sono diventate permanenti.
Non vogliamo certo sottovalutare gli effetti che questa pandemia avrà sulle masse di tutto il mondo e che dovremo tenere in grande conto, ma non siamo d’accordo nel definire l’attuale pandemia da coronavirus e il suo impatto sull’economia uno shock esogeno, come dicono i compagni di Cuneo Rosso in un loro scritto, che però attenuano questa definizione in questi termini: “…anche se tale aggettivo è corretto solo se utilizzato in senso stretto, cioè prescindendo da tutte le devastazioni che il modo di produzione capitalistico ha inferto all’ambiente naturale, nel senso più ampio del termine e che, negli ultimi decenni, si sono estese e approfondite con una progressione esponenziale.” Naturalmente dell’“ambiente naturale” fanno parte anche gli esseri umani, ma, i compagni sanno bene che proprio da tutto questo non si può prescindere perché così è il capitalismo, "viene al
mondo grondante sangue e sporcizia dalla testa ai piedi, da ogni poro" dice Marx, e non ha mai smesso e non potrà smettere finché vive, aggiungiamo noi.

Semmai, nella forma che questo specifico momento storico ha assunto oggi, il “cigno nero” sarebbe il fattore scatenante: “…il coronavirus – aggiungono infatti i compagni - ha svolto la funzione di detonatore di contraddizioni e problemi che l’economia capitalistica porta in grembo da tempo…” e individuano la radice di questo nella crescente difficoltà di valorizzazione del capitale.
Ciò significa che l’ammontare di profitti fatti dai capitalisti estorcendo plusvalore alla classe operaia di tutto il pianeta, nonostante la crisi permanente, sono impressionanti: l’insieme della classe borghese possiede “liquidità” cioè soldi in contanti, tra depositi in banca e possesso di azioni, obbligazioni e titoli di ogni ordine e tipo per migliaia di miliardi di dollari, solo per fare un esempio Blackstone e Carlyle, due fondi che gestiscono i soldi dei padroni, “fanno ingresso nel 2020 – riferisce un articolo online - con una montagna di liquidità inutilizzata. Si tratta, secondo i dati di Preqin, di circa 1.500 miliardi di dollari. Una cifra record…” questi soldi, perché continuino a fare profitti, non possono stare fermi, devono essere investiti, e infatti girano il mondo, ma i settori in cui “investire con profitto”, da quelli dell’“economia reale” a quelli della finanza, sono sempre meno e la concorrenza è spietata e senza confini, come il coronavirus.
La crescente concorrenza dei borghesi fra di loro e le crisi commerciali che ne derivano rendono sempre più oscillante il salario degli operai; l'incessante e sempre più rapido sviluppo del perfezionamento delle macchine rende sempre più incerto il complesso della loro esistenza…” dicevano già Marx ed Engels nel Manifesto, e continuano dicendo che lo scontro assume: “sempre più il carattere di collisioni di due classi.” Qui possiamo dire che una delle due classi, quella del proletariato, non fa in questo momento fino in fondo la propria parte nello scontro necessario nell’attuale crisi mondiale… e i suoi salari restano bassissimi e le sue condizioni peggiorano. Il proletariato non ha approfittato, fino a questo momento, insomma delle condizioni create dalla crisi permanente che viene raccontata anche quotidianamente da molti economisti borghesi.
Anche i compagni di Cuneo Rosso si dilungano nell’analisi della crisi con molti dati e tirando in ballo giustamente la guerra del petrolio, la Cina e i possibili scenari futuri su cui si potrebbe tornare in seguito.
Ma sull’analisi vogliamo qui solo accennare al vero “canto del cigno” del Capitale, cioè la sua dichiarazione di morte, a quello del banchiere borghese Keynes, che dopo la Rivoluzione d’Ottobre e la “crisi del ‘29”, ha ammesso nella sostanza che bisognava “iniettare” soldi freschi in qualsiasi modo nel sistema capitalistico se si voleva che questo continuasse a vivere. Un sistema folle che puzza di morte, insomma. E appunto consci della putrefazione di questo sistema, i compagni di Cuneo Rosso, fanno appello a che: “le classi lavoratrici scendano in campo in massa, si difendano accanitamente dall'aggressione alle loro condizioni di vita e di lavoro, e alla fine presentino loro il conto storico e definitivo...”
Ecco, la rivoluzione, questa sì, sarebbe il “cigno nero” per la borghesia!

Nessun commento:

Posta un commento