Riprendiamo
dopo la pausa di agosto, la Formazione Operaia sugli ultimi capitoli de
L'Imperialismo di Lenin. Questa volta trattiamo la prima parte del
capitolo 7°: "L'imperialismo, particolare stadio del capitalismo".
Ricordiamo che sulla FO dal 1° al 6° capitolo de L'imperialismo sono
usciti due Quaderni che raccolgono in forma cartacea tutti i testi messi
online ogni giovedì dal 28 gennaio al 28 luglio 2016 - Questi Quaderni
si possono richiedere, scrivendo a: pcro.red@gmail.com
Nel
VII capitolo de L'Imperialismo Lenin parte da un sunto di quello che
con precisione e rigore ha spiegato nei capitoli precedenti. Ne
riportiamo ampia parte, sia perchè non conosciamo una sintesi migliore,
sia perchè ogni compagno, operaio, giovane, militanti di organizzazioni
comuniste, rivoluzionarie, ogni avanguardia cosciente dei movimenti,
ogni studioso di qualsiasi livello esso sia, dovrebbe avere conficcata
nella mente, e quasi in automatico, questa sintesi scientifica, prima
che affronti con la lotta o con lo studio i temi essenziali della
situazione economica, politica e sociale dell'attuale situazione mondo.
Eppure,
tutto questo non avviene. Proletari e militanti, per non dire studiosi
anche rigorosi, pretendono di poter leggere e valutare la situazione
sulla base di impressioni, articoli dei giornali borghesi o libri di
analisi appositamente scritti proprio per oscurare la realtà, negare la
scienza, per coprire la sostanza che c'è dietro: crisi, guerra, povertà e
oppressione delle masse.
Scrive Lenin: “Dobbiamo ormai tentare di sintetizzare quanto sin qui abbiamo detto intorno
all'imperialismo e di concludere.
all'imperialismo e di concludere.
L'imperialismo
sorse dall'evoluzione e in diretta continuazione delle qualità
fondamentali del capitalismo in generale. Ma il capitalismo divenne
imperialismo capitalistico soltanto a un determinato e assai alto grado
del suo sviluppo, allorché alcune qualità fondamentali del capitalismo
cominciarono a mutarsi nel loro opposto, quando pienamente si
affermarono e si rivelarono i sintomi del trapasso a un più elevato
ordinamento economico e sociale. In questo processo vi è di
fondamentale, nei rapporti economici, la sostituzione dei monopoli
capitalistici alla libera concorrenza. La libera concorrenza è
l'elemento essenziale del capitalismo e della produzione mercantile in
generale; il monopolio è il diretto contrapposto della libera
concorrenza. Ma fu proprio quest'ultima che cominciò, sotto i nostri
occhi, a trasformarsi in monopolio, creando la grande produzione,
eliminando la piccola industria, sostituendo alle grandi fabbriche altre
ancor più grandi, e spingendo tanto oltre la concentrazione della
produzione e del capitale, che da essa sorgeva e sorge il monopolio,
cioè i cartelli, i sindacati, i trust, fusi con il capitale di un
piccolo gruppo, di una decina di banche che manovrano miliardi. Nello
stesso tempo i monopoli, sorgendo dalla libera concorrenza, non la
eliminano, ma coesistono, originando così una serie di aspre e
improvvise contraddizioni, di attriti e conflitti. Il sistema dei
monopoli è il passaggio del capitalismo a un ordinamento superiore nella
economia.
Se
si volesse dare la definizione più concisa possibile dell'imperialismo,
si dovrebbe dire che l'imperialismo è lo stadio monopolistico del
capitalismo. Tale definizione conterrebbe l'essenziale, giacché da un
lato il capitale finanziario è il capitale bancario delle poche grandi
banche monopolistiche fuso col capitale delle unioni monopolistiche
industriali, e d'altro lato la ripartizione del mondo significa
passaggio dalla politica coloniale, estendentesi senza ostacoli ai
territori non ancor dominati da nessuna potenza capitalistica, alla
politica coloniale del possesso monopolistico della superficie terrestre
definitivamente ripartita.
Ma
tutte le definizioni troppo concise sono bensì comode, come quelle che
compendiano l'essenziale del fenomeno in questione, ma si dimostrano
tuttavia insufficienti, quando da esse debbono dedursi i tratti più
essenziali del fenomeno da definire. Quindi noi -senza tuttavia
dimenticare il valore convenzionale e relativo di tutte le definizioni,
che non possono mai abbracciare i molteplici rapporti, in ogni senso,
del fenomeno in pieno sviluppo- dobbiamo dare una definizione
dell'imperialismo, che contenga i suoi cinque principali contrassegni, e
cioè:
1) la
concentrazione della produzione e del capitale, che ha raggiunto un
grado talmente alto di sviluppo da creare i monopoli con funzione
decisiva nella vita economica;
2) la
fusione del capitale bancario col capitale industriale e il formarsi,
sulla base di questo "capitale finanziario", di un'oligarchia
finanziaria;
3) la grande importanza acquistata dall'esportazione di capitale in confronto con l'esportazione di merci;
4) il sorgere di associazioni monopolistiche internazionali di capitalisti, che si ripartiscono il mondo;
5) la
compiuta ripartizione della terra tra le più grandi potenze
capitalistiche. L'imperialismo è dunque il capitalismo giunto a quella
fase di' sviluppo, in cui si è formato il dominio dei monopoli e del
capitale finanziario, l'esportazione di capitale ha acquistato grande
importanza, è cominciata la ripartizione del mondo tra i trust
internazionali, ed è già compiuta la ripartizione dell'intera superficie
terrestre tra i più grandi paesi capitalistici”.
Impadronirsi
di questi concetti non ha niente a che fare con formazione dogmatico
scolastica, ma proprio col suo contrario, aprire la mente e fornire
strumenti perchè effettivamente proletari, giovani, masse,
intellettuali, possano pensare con la propria testa, inteso pensare gli
interessi della propria classe e immergersi nel mare aperto della
situazione economica e politica mondiale con spirito critico e
padronanza dei dati della realtà.
Lenin
è questo che fa nel VII capitolo de L'Imperialismo quando, una volta
espressa la sintesi, si misura con Kautsky, che egli stesso definisce “il maggior teorico marxista del periodo della cosiddetta seconda internazionale”.
Quindi, non con uno dei tanti economisti e politici della grande
borghesia o con i suoi corifei, bersagli troppo facili per chi è
rivoluzionario e sa bene che per combattere il nemico deve liberare il
campo proletario e rivoluzionario dagli agenti della borghesia
imperialista nelle proprie fila, agenti che sono poi, peraltro, i
“massimi teorici” e politici appartenenti ai partiti riformisti,
socialdemocratici o a quello che si usa chiamare “movimento”, e che
possano apparire a proletari, giovani e masse, come i loro pensatori, i
loro politici nella contesa contro il capitale e l'imperialismo.
Ma proprio questa apparenza è il problema, diremmo, di sostanza,
che vuol dire liberare la critica e la lotta all'imperialismo, ai suoi
governi, al suo Stato dai falsi critici di esso operanti nel nostro
campo.
La
critica di Lenin a Kautsky è davvero universale perchè coglie il cuore
della deformazione politica, teorica dell'analisi dell'imperialismo per
nasconderne la sostanza e indirizzare il movimento operaio e
l'opposizione delle masse verso alcuni effetti e non le cause, svolgendo
in questo la funzione che la borghesia assegna, che lo vogliano o no i
soggetti in questione, al riformismo, al revisionismo e all'opportunismo
in generale.
Kautsky, infatti, dice Lenin, “si
schiera risolutamente contro il concetto fondamentale espresso nella
nostra definizione allorché dichiara non doversi intendere per
imperialismo una fase o stadio dell'economia, bensì una politica ben
definita, una certa politica preferita dal capitale finanziario e non
doversi identificare l'imperialismo col moderno capitalismo”.
Bene, questo punto lo svilupperemo nella prossima parte della Formazione Operaia.
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