martedì 12 agosto 2025

Un testo di Engels - Molto in sintonia con la Formazione marxista che stiamo facendo e con la critica alla piccola borghesia nostrana che guarda "bramosamente indietro"

  Engels su Proudhon tratto dal testo "La questione delle abitazioni".

"...E il troglodita con la sua caverna, l'australiano con la sua capanna d'argilla, l'indiano con il suo proprio focolare avrebbero mai potuto compiere una sommossa di giugno e una Comune di Parigi?
Che, da quando la produzione capitalistica ha cominciato a svolgersi su larga scala, la condizione degli operai sia divenuta in complesso peggiore dal punto di vista materiale, non lo mette in dubbio solo il borghese. Ma per questo forse dobbiamo guardare bramosamente indietro alle (peraltro assai magre) pentole d'Egitto, cioè alla piccola industria rurale, che produceva solo anime di schiavi, oppure ai "selvaggi"? Al contrario. Soltanto il proletariato creato dall'industria moderna, liberato da tutte le catene ereditarie, anche da quelle che lo inchiodano alla terra, solo il proletariato pigiato nelle grandi città è in grado di compiere la grande trasformazione sociale che metterà fine ad ogni sfruttamento di classe e ad ogni dominio di classe. I tessitori campagnoli di un tempo, con casa e focolare, non sarebbero mai stati in grado di farlo, non avrebbero potuto concepirne nemmeno il pensiero, e ancor meno attuarlo.

Per Proudhon, invece, tutta la rivoluzione industriale degli ultimi cent'anni, il vapore, la produzione su larga scala, che sostituisce il lavoro manuale con le macchine e moltiplica la capacità produttiva del lavoro, è un evento quant'altro mai increscioso, qualcosa che non avrebbe dovuto mai accadere. Il piccolo borghese Proudhon vuole un mondo in cui ciascuno porti a compimento un prodotto tutto suo, autonomo, che sia immediatamente adoperabile e scambiabile; solo se in tal modo ciascuno recupera il pieno valore del suo lavoro in un altro prodotto, si sarà soddisfatto all'"eterna giustizia" e realizzato il migliore dei mondi. Ma questo mondo migliore proudhoniano è già stato schiacciato in boccio dal piede del progressivo sviluppo industriale, che da tempo ha abolito il lavoro singolo in tutti rami maggiori della grande industria e va abolendolo giorno per giorno anche nei minori e minimi; al suo posto mette il lavoro sociale, sostenuto da macchinari e da forze della natura assoggettate, un lavoro il cui prodotto, immediatamente scambiabile o adoperabile, è l'opera comune di più singoli, per le mani dei quali esso ha dovuto passare. Ed è proprio grazie a questa rivoluzione industriale che la capacità produttiva del lavoro umano ha raggiunto un simile apogeo, che - per la prima volta da quando esistono uomini - è data la possibilità, con una intelligente ripartizione di lavoro fra tutti, non solo di produrre a sufficienza per il lavoro abbondante di tutti i membri della società e per un cospicuo fondo di riserva, ma altresì di lasciare ad ogni singolo sufficiente tempo libero perché si conservi quanto vale realmente la pena di conservare di ciò che costituisce la cultura storicamente tradizionale (scienza, arte, rapporti umani ecc.), e non solo di conservarlo, ma di trasformarlo da un monopolio della classe dominante in un bene comune della società intera, e di accrescerlo. E qui sta il punto decisivo. 
 
Non appena la capacità produttiva del lavoro umano si sviluppa fino a questo apogeo, sparisce ogni pretesto per l'esistenza di una classe dominante. La ragione con cui si sosteneva la differenza di classe, infatti, è stata sempre questa, in fondo: deve sempre esservi una classe che non sia costretta a tormentarsi per la produzione del proprio mantenimento quotidiano, per avere tempo di curare il lavoro intellettuale della società. A questa fanfaluca, che finora ha avuto una sua grande giustificazione storica, ha tagliato le radici una volta per tutte la rivoluzione industriale degli ultimi cent'anni. L'esistenza di una classe dominante diviene ogni giorno di più un ostacolo allo sviluppo delle forze produttive industriali e, non meno, a quello della scienza, dell'arte, e segnatamente di ben ordinari rapporti umani.

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