Dai compagni operai di Bergamo di proletari comunisti fermati e minacciati di "foglio di via" - Seguono messaggi, foto dei blocchi di tanti altri compagni e compagne
I divieti a manifestare a Roma il 5 ottobre e tutte le iniziative di polizia concretamente realizzate in questa direzione sono stati sostenuti anche con l’accentuazione della campagna mediatica di criminalizzazione della resistenza palestinese e di tutto il sostegno e la solidarietà che in questo anno si sono consolidati in tantissime iniziative di piazza e non solo.
Giornali e tv poi, tra una valanga di menzogne, diffamazioni e insulti al movimento pro Palestina, (uno per tutti l’antisemitismo strumentalizzato per sostituirlo e oscurare l’antisionismo) si sono via via concentrati per esaltare gli allarmi del Ministero degli Interni fino alla sintesi del ‘pericolo infiltrati violenti nelle manifestazioni del 5 ottobre’.
E quindi giustificare la macchina repressiva del governo fascista
Tra le operazioni di controllo e di filtro, del ‘movimento pro Palestina’, c’è il grande spiegamento di forze che ha realizzato una cintura attorno alla città, e in alcuni casi direttamente dai posti di partenza fermando, perquisendo ordinari bus di linea facendo scendere e bloccando i compagni, praticando il divieto di manifestazione mirato, tanto quanto illegittimo, verso chi ‘aveva precedenti di ordine pubblico’, riaccompagnando a Bologna scortandolo con le auto della polizia il bus da Bologna, fermando un bus da Pisa. I blocchi sono stati molti ai caselli di Roma, con compagni che hanno attivamente protestato in mezzo all’autostrada per il fermo, alcuni sono stati portati nelle questure per la consegna dei fogli di via, lasciati in piedi per ore in una stanza senza possibilità di andare in bagno guardati a vista, senza possibilità di mangiare, senza telefoni.
Un’azione preventiva da stato di polizia, fortemente centrata sull’uso dei fogli di via, strumenti amministrativi emessi dalle Questure, che permettono di colpire immediatamente i compagni, che ha avuto uno dei suoi momenti a Poggio Mirteto, piccolo centro alle porte di Roma dove è stato fermato il
bus organizzato e sostenuto dalla Rete Bergamo per la Palestina, per sostenere concretamente la partecipazione al 5 ottobre di Roma.Verso le 11.30 le forze repressive si materializzano appena lasciata l’autostrada, fermando il bus nel tentativo di mandarlo ai caselli alle porte di Roma dove è predisposto il grosso delle forze di controllo. Si riesce a proseguire fino al paese e nella piazza della stazione, via via corriera e compagni vengono circondati da una decina di auto di polizia e carabinieri. Parte l’operazione di controllo, richiesta dei documenti, accertamenti, restituiti dopo una mezz’oretta senza segnalare altri problemi. Alle 13.20 parte il treno per Roma, si va ai binarie e scatta un nuovo controllo mirato a fermare otto compagni ‘con precedenti di ordine pubblico’ ai quali viene sequestrato il documento di identità.
Viene contestata l’illegittimità dell’operazione pure pianificata un’ora e mezza dopo per mettere i compagni in partenza, davanti al fatto compiuto. Compagni che non si scoraggiano che si fermano in massa per rivendicare la libertà di poter prendere il treno per tutti.
Un primo contatto con gli avvocati del ‘legal team del 5 ottobre’, chiarisce che quello che sta avvenendo è un’operazione pianificata su larga scala in corso dalla mattina, ai flixbus, ai caselli, per le strade…, con fermi e fogli di via da Roma preventivi.
Viene quindi decisa la partenza degli altri compagni per Roma, restano in tre per solidarietà ed eventuali collegamenti o necessità legali, con gli otto fermati.
E tutto il pomeriggio si consuma, bloccati fuori dalla stazione senza documenti, senza comunicazioni formali, con un tentativo di ricatto respinto ‘il questore vi da verbalmente il consiglio di non andare a Roma, se lo farete verrete fermati quando scenderete dal treno e vi daremo il foglio di via per tre anni’, ‘ci firmate una dichiarazione, va bene anche su di un foglio normale che non intendete proseguire per Roma’, divieto per altro comunicato a presidio autorizzato.
La continua richiesta di spiegazioni ufficiali, la protesta per poter ripartire per Roma, vista l’illegittimità del fermo confermato dai legali via via sentiti telefonicamente, prosegue ma ci tengono fermi e non ci consegnano i documenti.
L’intervento dell’avvocato Gianluca Vitale di Torino si dimostra risolutivo. Un funzionario verso le 15.30 tenta così di restituirci i documenti dicendo ‘potete andare’. Non si parte, viene chiesto un verbale che giustifichi il fermo di ore dei compagni sempre sostenuti dall’avvocato, perché il verbale arriva un’ora dopo, non viene ritenuto corretto e verrà poi ritirato senza firma con questa precisazione.
Significativa la solidarietà ricevuta - compreso un attivista pacifista locale che a più riprese ha intimato ai carabinieri di rilasciarci diffondendo poi la notizia via social - da alcuni tra gli abitanti del piccolo borgo assieme a passanti che si sono indignati e criticavano lo schieramento mai visto di forze di polizia concentrate nel paese, contro un gruppo di compagni che sventolava la bandiera della Palestina.
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