Noi abbiamo come punto di riferimento dell'attività politico-sindacale nel nostro campo, nella regione, nella nostra città, Palermo, soprattutto la Fincantieri. E negli anni c'è stata anche la ex Fiat di Termini Imerese.
La Fincantieri attualmente è la fabbrica più grande che c'è, addirittura dentro la città, e quindi la sua importanza per l'attività dei compagni, per noi, è veramente rilevante. È bene inquadrare innanzitutto la Fincantieri in questo momento, nello sviluppo che ha avuto in questi anni.
In questi ultimi anni la Fincantieri man mano ha trasformato la sua produzione di navi che sempre più si è spostata verso navi di tipo militare. Era un'attività che già svolgeva in parte, negli anni precedenti, ma come uno dei piccoli rami di cui si occupava, probabilmente per sperimentare anche forme produttive di elaborazione tecnologiche. Ma adesso lo sviluppo è veramente enorme. Vediamo in che forma questo si inserisce nel contesto dell'economia di guerra e di quello che diceva il compagno, del fatto che la Fincantieri diventa parte, come deciso dal governo, come fonte di produzione di guerra. La dimensione innanzitutto è internazionale, perché la Fincantieri è presente in quasi tutti i paesi del mondo. Secondo loro, tranne l'Africa. Poi è praticamente presentata dappertutto. La produzione principale è in Italia, poi ci sono gli Stati Uniti che hanno una grande produzione tutta militare, e diciamo altri paesi, per esempio in Australia dove c'è pure la produzione. 22.000 operai, secondo le statistiche loro, di cui 10.000 circa in Italia distribuiti 8 stabilimenti.
Quello di Palermo è uno dei più piccoli, dal punto di vista dei numeri: facciamo un esempio, Marghera ha 1000 operai Fincantieri, mentre Palermo fra operai e impiegati ne ha circa 400, metà operai e metà
impiegati. Però la produzione di tipo militare viene man mano distribuita in tutti questi gli stabilimenti. Il fatto che si stia spostando è accertato dal fatto che nei programmi del governo e della Fincantieri stessa c'è il rinnovo della flotta della Marina italiana. La Marina militare italiana si sta rinnovando con tutte le navi di tutti i tipi come un programma specifico del governo e della Fincantieri; il rinnovo della flotta della Marina americana, degli USA, che ritengono che la produzione degli italiani sia eccellente da ogni punto di vista, dal punto di vista strettamente della produzione “fisica”, con l'aggiunta delle innovazioni tecnologiche. E poi della Marina degli Emirati Arabi Uniti, dell'Arabia Saudita.Una delle ultime navi che è uscita non grandissima, era una corvetta, era per il Qatar fatta tutta a Palermo. Questo interesse per le navi militari è perché la Fincantieri negli anni ha acquisito e sta acquisendo tecnologia di altissimo livello, l'ultima è della Leonardo stessa che ha ceduto la WASS alla Fincantieri che produce siluri e sonar per i sottomarini. L'altra è la Vard della Norvegia, acquisita adesso con un aumento di capitale di 400 milioni per aumentare il livello di efficienza tecnologica, quindi, le navi che costruisce la Fincantieri sono navi complete dal punto di vista degli ultimi ritrovati tecnologici, ma a questo, non bastava, ci ha aggiunto la specializzazione sulla subacquea, che è un'altra, l'ultima delle armi che si svilupperà in maniera galoppante per la guerra sottomarina. La subacquea è il tentativo di impedire i sabotaggi, il fatto più eclatante che ci ricordiamo tutti è quello del Nord Stream 2. Già anche nel Mar Rosso ci sono stati attacchi in fondo al mare a tutti i cavi che vi passano, i cavi della informazione tecnologica, quindi di Internet e di altro tipo di trasmissioni e non solo di oleodotti, che passano tutti sotto il mare… è per questo che chi ha la possibilità di intaccarli minaccia seriamente la possibilità dei paesi di continuare a trasmettere informazioni, quindi questo ulteriore sviluppo ne fa, come dicono loro, un complesso unico di attività militare dalla A alla Z. Si vantano di avere inventato i droni sottomarini. Questa è l'ultima trovata. Quindi, Leonardo, Orizzonti sistemi navali - parliamo delle acquisizioni - la Wass e la Vard sono l'insieme che aumenta la capacità di produzione della Fincantieri e appunto, diventa punto di riferimento per chi ha bisogno nel mondo, per esempio i paesi imperialisti che si stanno attrezzando per ogni tipo di guerra e ordinano commesse.
Commesse, e da quel punto di vista è importante rispetto all'economia, per come si sviluppa, che non mancano affatto. Ha in portafoglio, si chiama così, (cioè, quante navi sono state richieste alla Fincantieri?) attualmente 96 navi da fare. E per milioni di ore di lavoro, il lavoro alla Fincantieri, non manca da questo punto di vista. Naturalmente, visto che si va verso la guerra, si devono attrezzare tutti, è chiaro che le commesse non mancano.
È logico che tutto questo insieme ricade innanzitutto sugli operai stessi della Fincantieri. E qui pesa, nell'attività, nel modo in cui si svolge, tra virgolette, la lotta, che noi non vediamo dentro gli stabilimenti della Fincantieri, la divisione fra i “garantiti”, gli operai Fincantieri, secondo la strategia precisa alla Fincantieri, e tutto l'apparato dato in appalto che raccoglie migliaia di operai, per fare un esempio, solo a Marghera ci sono appunto 1000 operai, come abbiamo detto divisi in quelle forme, e circa 4500 operai del Bangladesh e di altri paesi, mentre a Palermo, per fare solo questi due esempi, sui 400 che lavorano, divisi in quelle forme, 200 e 200, poi nei momenti di produzione arriviamo a 600/800 fino a 1000, nei momenti di punta di una produzione si arriva a questi numeri.
La divisione pesa tantissimo sulle forme possibili di lotta, sulle rivendicazioni, quando ci sono, pesa tanto e noi lo verifichiamo quando interveniamo direttamente in fabbrica. Pesa, perché la precarietà, lo sappiamo, è un ostacolo incredibile per l'idea stessa di ribellarsi: il ricatto del posto di lavoro, il ricatto dello stipendio non pagato se fai qualcosina… per questo ampio strato di precari è veramente pesante. E anche quando si discute l'argomento è come se scivolasse via, l'argomento, cui noi ogni tanto accenniamo a partire dalla precarietà, della possibilità di fare una lotta per diventare dipendenti della Fincantieri, cosa di cui si “vantano” gli altri operai. È un argomento che viene lasciato cadere e si passa ad un altro argomento, perché? Qualcuno ci dice ogni tanto “ma noi in questa cooperativa siamo tre e che possiamo fare? Altri, siamo 10…, cioè spesso cooperative degli appalti così piccoli… E devo dire che questo spezzettamento che viviamo noi è grosso alla Fincantieri di Palermo, negli altri non abbiamo se non i numeri generali, non possiamo dare una valutazione specifica. Gli operai quindi chiaramente da un lato subiscono, per esempio a Palermo è una specie di pace sociale che si trova, perché? Negli anni c'era una mancanza di commesse, adesso questa mancanza di commesse non c’è più, e anche il modo in cui ci si ribellava alla mancanza di commesse: “non vogliamo più la cassa integrazione … vogliamo lavorare…” viene a mancare. Perché anche se ti danno solo un troncone da fare, mezza nave insomma da sistemare, aggiustare, il lavoro, come dicono loro, c'è. E quindi naturalmente ci dicono, “vabbè per sei mesi ancora o per un anno il lavoro c’è”. Questo modo di ragionare fa mancare quella spinta anche per altre rivendicazioni e altri problemi che ci sono che pur vengono denunciati nelle nostre discussioni con gli operai.
Qualche volta, raramente, la questione sulla sicurezza sul lavoro, rarissimamente sul contratto, per esempio - è chiaro che quando parliamo del contratto i lavoratori si lamentano, si lamentano sempre e si lamentano di tutto - e però non sono gli argomenti in questo momento che sono portati con forza dai lavoratori per dare un peso in una possibile battaglia di qualsiasi tipo. Quello che tocca in maniera abbastanza, ma come questione generale, è l'orario di lavoro che però non tocca i lavoratori Fincantieri veri e propri che si fanno le loro 8 ore e qualche volta vanno alla ricerca, ma come cosa individuale, di un'ora di straordinario…, mentre i precari ne fanno 10, certe volte 12.
Ti dicono “ma che cosa devo fare”, il padrone me lo chiede e se non continuo a lavorare, magari domani non mi chiama. Quindi l'orario, e la salute e sicurezza, perché due anni fa, a dicembre, per esempio è morto un operaio, l'anno scorso c'è stato un incidente grave… non muoiono a raffica come in altri posti, però i problemi ci sono, e si vedono, anche se gli stessi operai a volte cercano di minimizzare, come diceva l’operaio della Dalmine “la colpa è di quell'operaio che ha fatto la cavolata” o “quella non la doveva fare”... e cose di questo tipo.
I precari, la precarietà in questo senso è gravata dall'orario di lavoro, dalla ricattabilità e dalla “paga globale” che è il sistema in uso soprattutto alla Fincantieri, quello che abbiamo conosciuto noi e che ci dicono gli altri operai, anche qualche inchiesta a volte lo riporta, che è una maniera per pagarti 5 € l'ora, 6 € l'ora, io te li do, se ti va bene così, altrimenti… nella busta paga ci metto tutte le voci corrette, tutto quello che vuoi… alla fine ci siamo messi d'accordo sulla paga globale senza ferie, senza permessi, senza niente… quindi questa storia della paga globale è veramente una questione forte che gli stessi operai Fincantieri ogni tanto denunciano come solidarietà rispetto agli operai precari, dicendo “questi si accontentano pure della paga globale”… sì, ma tu, diciamo noi, non fai niente, ma questo “non fai niente tu”, da loro viene coperto dal fatto che i sindacati non fanno niente. I sindacati, lasciamo perdere gli altri ma quando ne parlano, parlano della Fiom. L’ultima volta ci hanno detto che non fanno più nemmeno un’assemblea. “È da tempo che non vediamo più manco un'assemblea.” Ora, non ha nessuna importanza che questo sia legato al fatto che l’operaio vuole l'assemblea, perché così stacca due ore dal lavoro, si alleggerisce, non c'entra. È che il sindacato non fa più nemmeno l'assemblea, perché la filosofia di cui parlava il compagno operaio che si trova nei contratti è la filosofia per l'operaio non solo è “scomparso”, ma se chiedi al sindacalista ti dice che è l'operaio che non vuole lottare. Insomma, c'è un disprezzo nei confronti dell'operaio che loro hanno costruito in questi anni in queste forme e tutta la colpa viene rigettata sugli operai. “Sì” dicono i sindacalisti, “ma se io faccio l'assemblea non viene nessuno”. E grazie! È chiaro che spesso non viene nessuno perché chiaramente hai costruito una situazione in cui la tua azione là dentro distrugge ogni possibilità di rivolta, sei un passacarte a favore della direzione, perché ti metti in mezzo - la cosa più semplice che succede alla Fincantieri è l’operaio che chiede un prestito breve, oppure un permesso, e lui, il sindacalista, è l'intermediario che va dal capoufficio e fa ottenere il favore.
Quindi, dal punto di vista generale, l'azienda va bene, per gli operai va male, nel senso che nessuno dei diritti e nessuna delle rivendicazioni che possiamo fare è che giustamente, come ricordava la compagna, sono ricordati esattamente nel documento che abbiamo letto ieri, può essere soddisfatto. Ieri abbiamo letto l'elenco della politica di collaborazione che è effettivamente qui è lucidissimo: la difesa dello sviluppo. Che cosa fanno le organizzazioni sindacali confederali? Difendono lo sviluppo produttivo e la competitività del capitale mettendo uno contro l'altro gli stabilimenti, così come è successo alla Fiat negli anni, adesso Stellantis, così alla Fincantieri, non c'è una parola su di un altro stabilimento, non sentiamo mai gli operai che parlano di un altro stabilimento Fincantieri, anzi, entrano in concorrenza loro stessi quando l'azienda li prende a Palermo e li porta a Marghera, prende quelli di Marghera e li porta a Genova, ad Ancona e via di seguito. Diventa anche una competizione interna tra operai. “Io sono specialista, questo lo so fare”, “l’importante è che mi danno pure la diaria”.
Quindi abbiamo di fronte un'azienda che governa il rapporto con gli operai con una forza impressionante, un'azienda che per il 70% del governo della Cassa depositi e prestiti, così come la Leonardo, non lo dimentichiamo, e che fa profitti, come ha dichiarato quest'anno. Hanno dichiarato credo più di 200 milioni di profitti. Una parte va allo Stato che li raccoglie e li utilizza. Quello che negli anni abbiamo fatto alla Fincantieri, in parte sollecitati degli operai stessi, ma in parte perché noi portiamo tutte le argomentazioni di discussione: naturalmente portiamo la controinformazione che raccoglie tutte le denunce che facciamo, ma poi quest'anno siamo andati naturalmente per il 25 Aprile, per il 1° maggio, per le manifestazioni contro la guerra, fatte pure davanti alla Fincantieri stessa, per la Palestina, per i morti sul lavoro, sia quelli di Brandizzo, sia quelli di Casteldaccia che hanno sentito un po’ più vicini perché a 20 km di distanza. Abbiamo fatto tutta la campagna per il G7, invitandoli naturalmente a venire in piazza, sull'India, sulle elezioni, insomma su tutto.
Certe volte queste discussioni tengono e si ha un minimo di interlocuzione interessante, altre volte invece trovano meno interesse. Naturalmente ci sono cose che si trascinano da una vita, c'è gente che ancora parla dell'amianto, naturalmente alla Fincantieri sono morti tanti per l'amianto e ancora ci sono cause in corso e di tanto in tanto viene condannato l'ingegnere X, Y che nel frattempo magari è morto come è successo visto quanto durano i processi.
Una parola d'ordine che abbiamo usato di volta in volta, soprattutto quando c'era il problema però che aveva una certa presa - e noi abbiamo avuto per un periodo breve anche una quindicina di iscritti – era “vogliamo una nave intera da costruire”. Contro questi lavori a tronconi ecc. perché la battuta degli operai era “noi con quattro colpi di saldatura abbiamo finito”. Se invece c'è la nave da costruire non solo significa più ore di lavoro, ma si coinvolgono anche tutti gli specialisti da quello degli arredamenti, agli elettricisti ecc. Quindi quella era una parola d'ordine che era servita per un periodo per dialettizzarci con gli operai. Rispetto allo sciopero devo dire una cosa, prima che mi sfugga: fra le parole d'ordine che abbiamo letto ieri nel documento, c'è la questione della lotta per il lavoro, per il salario, che è una lotta che stiamo portando avanti perché è giusto farlo, e per l'uguaglianza. Questa cosa è importantissima perché nelle fabbriche di oggi e forse non solo nel nostro paese c'è una disuguaglianza di fatto. Se nella stessa linea di montaggio, chiamiamola così, per semplificare, ci sono quattro tipi di contratti minino, quattro tipi di contratti diversi, ritorna la questione dell'uguaglianza del tipo di contratto. Cioè ci vuole una lotta seria per dire il contratto deve essere tutto uguale, a parte l'aumento di salario che anche lì ha ripercussione oggettiva; questa parola d’ordine la possiamo utilizzare benissimo, provare ad utilizzare, è necessità delle fabbriche dell'oggi, mi riferisco solo al nostro paese, perché non abbiamo il contesto degli altri in maniera approfondita.
Riguardo allo sciopero, ricorderete che abbiamo indetto lo sciopero per il 20 ottobre e andava fatto dappertutto e noi abbiamo mandato la proclamazione dello sciopero all'azienda con raccomandata con ricevuta di ritorno, all’antica, perché l'azienda a Palermo non si trova su Internet, e bisogna usare il vecchio modo. È impossibile se non sei sindacalista là dentro avere questi dati. E questa discussione sullo sciopero con gli operai c’è stata. Operai che ci hanno detto, quando si fa il capannello, che “Se non lo indicono loro, cioè i sindacati confederali, te lo puoi scordare che qualcuno fa lo sciopero”, sì, diciamo noi, ma perché i sindacati confederali non indicono lo sciopero se ci sono tutti i problemi che stiamo analizzando”?. E qui allargano le braccia, oppure ti dicono qui i sindacati non fanno niente, è come se fossero inesistenti, ma purtroppo non è così, abbiamo detto, verifichiamo ogni giorno che i sindacati lì dentro fanno tutto quel lavoro che serve ad ammorbidire, a mitigare, a tranquillizzare, a fare da mediatori e soprattutto a fare danni. Danni perché nessuno degli argomenti seri, in Italia il governo, per esempio, passa come ragionamento interno, nessuno fa una cosa del genere.
Quindi credo di avere un quadro generale diciamo della Fincantieri: all'interno di una trasformazione strada facendo sempre più come organico al tipo di preparazione per la guerra secondo le stesse richieste dello Stato. Il rapporto fra azienda e operai trattato nella maniera in cui abbiamo visto con i sindacati di mezzo, a parte l'arroganza dei padroni, con effetto “pensionamento”. Non ci sono nuove assunzioni da nessun punto di vista; quindi, c'è un prosciugamento dei vecchi operai, perché sono vecchi davvero alla Fincantieri, per lasciare spazio alla totalità della precarietà degli appalti esterni. Qualcuno dice che la Fincantieri è un marchio, la produzione la fanno altri, ci metti un timbro che è stato fatto dalla Fincantieri e via, forse da questo punto di vista è un po’ esagerato, però…
Visto il tipo di azienda, visto la proprietà statale, anche la Fincantieri è uno dei posti dove i dirigenti fanno carriera. Finisco con questo. È morto il Presidente precedente, Graziano, ed è stato nominato il nuovo. Il nuovo si chiama Biagio Mazzola, questo Biagio Mazzola è stato buttato fuori dal Ministero delle Finanze perché “non è stato in grado” di gestire l'esplosione dei costi del superbonus, hanno scaricato la colpa a questo e lo hanno buttato fuori, chiaramente nelle loro forme. E poi si è scatenata la ricerca del posto per questo dirigente, questi non vengono licenziati e vanno a casa. Quale posto gli diamo? È diventato Presidente della Fincantieri, 500.000 € all'anno di stipendio.
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