Dunque, le mani sui cantieri navali con due storiche
cooperative, sul mercato ortofrutticolo e sul tutto
il quartiere… mentre il ministro dell’interno Lamorgese, come tutti i ministri del passato, dice che “la lotta alla mafia è una priorità”, e meno male!
il quartiere… mentre il ministro dell’interno Lamorgese, come tutti i ministri del passato, dice che “la lotta alla mafia è una priorità”, e meno male!
Se si ribadisce che “segmenti delle istituzioni e di
imprenditori”, e cioè “segmenti” di stato e padroni sono compiacenti
e cioè mafiosi, è chiaro che la “lotta alla mafia” dovrebbe occuparsi innanzitutto
di tagliare la testa a questi “segmenti”, ma sarebbe come chiedere alla società
borghese di togliersi di mezzo da sola.
Riportiamo di seguito l’articolo di Repubblica di oggi sulla
presenza della mafia ai Cantieri navali, il quale rivela che ben cinque anni fa
un volantino anonimo ben dettagliato: “…nel volantino degli operai c’erano
nomi, ditte, c’era la denuncia di fatti specifici: “Ci fanno firmare buste paga
fasulle. E Ferrante, pezzo da novanta, ha preso il controllo degli operai”. Ne aveva
fatti licenziare due. Altri due li aveva minacciati…”
“Oggi, - continua il quotidiano - Fincantieri richiama in un
comunicato la firma di un protocollo di legalità con la prefettura [firmato
insieme ai sindacati confederali], “esempio concreto di collaborazione tra
pubblico e privato per la prevenzione delle derive criminali”, è scritto in una
nota. Ma nessuna segnalazione è mai arrivata in prefettura o in procura sui
nuovi vecchi boss dei Cantieri."
***
I boss al Cantiere, la lunga storia della fabbrica metafora
della città
Le denunce dell'operaio Gioacchino Basile negli anni Ottanta
e adesso il volantino di altre tute blu, che ha svelato il ruolo della coop
mafiosa
Il giovane maresciallo della polizia valutaria ricorda di
aver dovuto abbassare il volume in cuffia perché il boss Giovanni Ferrante
urlava: «Guarda cosa hanno combinato al Cantiere - diceva a uno dei suoi
picciotti - guarda, hanno fatto i volantini per farmi arrestare. Dicono che
comando io, al direttore gli hanno mandato il volantino». Quell'afosa mattina
del luglio di cinque anni fa, il maresciallo chiamò subito i suoi colleghi in
sala intercettazioni. Chi erano mai quegli operai coraggiosi che avevano
denunciato le nuove infiltrazioni di Cosa nostra all'interno dei Cantieri
navali? In quello stesso momento, anche l'uomo del clan Fontana, ufficialmente
solo un operaio della cooperativa "Spa.ve.sa.na.", voleva saperlo a
tutti i costi, per evidenti altre ragioni. Capì subito che quel volantino,
seppur anonimo, gli avrebbe causato guai: «C'è troppo movimento, troppo, troppo
assai, peggio di quando c'era mio zio». Lo zio Stefano Fontana, autorevole
padrino dell'Acquasanta che all'interno dei Cantieri era un'autorità. Alla fine
degli anni Ottanta, si era fatto avanti un altro operaio coraggioso per denunciarlo,
si chiamava Gioacchino Basile, coraggioso perché restò da solo a parlare delle
infiltrazioni dei clan all'interno dai bacini, e per questo venne pure espulso
dal sindacato. “Ma adesso è peggio di quando c’era mio zio”, continuava a dire
Ferrante. Evidentemente, perché non era più solo una persona a parlare. Ma un
gruppo di operai, seppur rimasti nell’anonimato. “Tra di noi c’è tanta paura”,
scrivevano. E il volantino lo hanno mandato pure alla Guardia di finanza. Così,
è diventato uno spunto straordinario per gli investigatori. L’unica voce
coraggiosa arrivata da quella parte di città, dove regnavano i Fontana e Ferrante,
loro fedelissimo. L’unica voce che ha svelato dove si continuavano ad annidarsi
i complici dei boss all’interno dei Cantieri. Fra alcuni nomi storici dei
bacini, che da sempre si aggiudicano i lavori più importanti. Ieri, sono stati
arrestati: Roberto Giuffrida, patron della cooperativa “Spa.ve.sa.na”, adesso sequestrata,
accusato di associazione mafiosa: ai domiciliari, sono andati invece Giuseppe
Scrima, rappresentante della cooperativa “Picchettini” e gli imprenditori
Nicolò e Giuseppe Todaro Bruno, fratelli, rispondono di favoreggiamento.
Il passato e il presente che si intrecciano in modo
vorticoso dentro i Cantieri. Si intrecciano le lotte di operai, spesso in
solitudine, e i ricatti dei mafiosi. Una storia antica, di coraggio, ma anche
di indifferenza e complicità, che fa di quel luogo la metafora di un'intera
città. Da sempre. Fu un gruppo di coraggiosi, una notte del luglio 1943, a
salvare lo stabilimento dalle mine piazzate dai tedeschi. Erano i comunisti
Placido Nolfo, Franco Grasso, Ignazio Dell'Aira e Aurelio Attardi. Negli anni
Cinquanta, c'era già un Galatolo a imporre la sua legge ai Cantieri, Tano
Alati, che però fu ucciso, per un contrasto con altri boss sul controllo del
mercato ortofrutticolo. Quella fu l'unica parentesi. I Galatolo e i Fontana
hanno continuato a fare affari all'interno dei bacini.
Ora, com'è possibile che dopo tanti anni il clan
dell'Acquasanta avesse ancora tanta forza economica? Il volantino che ha
incastrato Ferrante racconta: «Le nostre cooperative sono manovrate dalle mani
dei Fontana. Controllano ancora tutto il territorio, compreso il cantiere e i
nostri presidenti sono in stretto contatto con loro». Ma dopo quel volantino,
stampato cinque anni fa, non è successo niente ai Cantieri. Fino a martedì
mattina, quando è scattato il blitz del nucleo speciale di polizia valutaria
disposto dalla procura. Un lungo silenzio, come era accaduto nel passato, prima
di altri blitz. Possibile che nessuno si fosse accorto della presenza
asfissiante dei Fontana? Oggi, Fincantieri richiama in un comunicato la firma
di un protocollo di legalità con la prefettura, “esempio concreto di
collaborazione tra pubblico e privato per la prevenzione delle derive criminali”,
è scritto in una nota. Ma nessuna segnalazione è mai arrivata in prefettura o
in procura sui nuovi vecchi boss dei Cantieri. Eppure, nel volantino degli
operai c’erano nomi, ditte, c’era la denuncia di fatti specifici: “Ci fanno
firmare buste paga fasulle. E Ferrante, pezzo da novanta, ha preso il controllo
degli operai”. Ne aveva fatti licenziare due. Altri due li aveva minacciati. Chissà,
chi sono i coraggiosi del volantino che hanno sfidato la mafia. Ancora una
volta, come nel ’43, un gruppo di operai ha salvato il Cantiere.
La Repubblica Palermo
14 maggio ’20
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