venerdì 7 novembre 2025

pc 7 novembre - Contro la politica imperialista/neocoloniale anti-immigrati del governo Meloni/Nordio "liberatori" di Almasri

da ORE12/Controinformazione rossoperaia del 6/11

Torniamo sul fronte di denuncia, di lotta contro la politica dei respingimenti antimmigrati che sta portando avanti questo governo, in particolare sul conferimento a paesi terzi come Libia e Tunisia, attraverso accordi sottoscritti, attraverso finanziamenti, mezzi militari, addestramento, dell’attività di impedimento delle partenze che per i migranti in fuga da fame, povertà, guerre, significa prigionia nei lager come in Libia, torture, schiavismo, violenze di ogni tipo, violazione dei diritti umani e morte per alcuni di essi che non riescono a partire.

Il governo Meloni sostiene questo crimine e cerca di mantenerlo il più possibile nascosto ma è questo uno dei punti su cui si basa la sua azione con il cosiddetto Piano Mattei, un piano neocoloniale che ha l’obiettivo di far fare ad altri paesi il “lavoro sporco” dei respingimenti e della rapina delle risorse, dei profitti e delle materie prime con l’ENI che fa da capofila di questi paesi.

Veniamo a parlare di alcuni fatti che sono sui quotidiani della stampa borghese in questi giorni, come l’arresto in Libia del criminale aguzzino libico Almasri e delle carceri in Albania.

Il 2 novembre 2025 il governo italiano avrebbe potuto interrompere il Memorandum Italia-Libia, e invece non lo ha fatto e dunque, il 2 febbraio 2026 verrà automaticamente prorogato per altri tre anni. E’ un accordo “sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo stato della Libia e la Repubblica italiana", così è la dicitura di questo Memorandum, sottoscritto a partire dal 2017 dal governo Gentiloni con il ministro dell’Interno Minniti e lo sottolineiamo per dimostrare, ancora una volta, che il centro sinistra, il PD in particolare, ha aperto un’autostrada a questo governo per quello che riguarda i respingimenti antimmigrati, non dimentichiamo che questo è il governo che ha lasciato morire i migranti a Cutro, che sta facendo la guerra alle ONG che soccorrono i migranti in mare con il decreto Piantedosi e con l’assegnazione di “porto sicuro” sempre più lontano dai confini più vicini agli sbarchi che comporta più tempo per raggiungerli e aumenta le sofferenze per chi è sopravvissuto ai viaggi.


Una politica razzista dall’alto, inaugurata proprio dal centro sinistra, già da molti anni, con i blocchi navali, pensiamo allo speronamento della nave albanese nello stretto di Otranto nel ’97 con 81 morti, e tutta la politica razzista repressiva che ne è seguita, con l’istituzione dei cpr, con gli ostacoli alle domande di asilo, fino ad arrivare al Memorandum.

Con il Memorandum con la Libia, l’Italia fornisce motovedette, finanzia i mafiosi, i criminali che gestiscono i lager di Stato in Libia, per trattenere forzatamente gli immigrati in prigioni fatiscenti dove torture, violenze, tratta di esseri umani sono documentate da Onu, Corte penale internazionale e organizzazioni indipendenti.

Nel marzo 2023, la Missione d'inchiesta delle Nazioni Unite in Libia ha accertato che nel paese sono

stati commessi crimini contro l'umanità e ha chiesto la cessazione di ogni forma di supporto agli attori libici coinvolti.

Anche la Corte di Cassazione italiana e la Corte europea dei diritti umani hanno stabilito che la Libia non è un porto sicuro per lo sbarco delle persone soccorse. Secondo dati dell'Organizzazione internazionale delle migrazioni, dall'inizio del 2025, oltre 20mila persone sono state intercettate e riportate nei centri di detenzione libici.

Il 4 giugno 2025 l'Ufficio dell'Alto commissariato Onu per i Diritti umani ha avviato un'inchiesta sulla scoperta di fosse comuni nei pressi di Tripoli. Tutti fatti incontrovertibili che riguardano le responsabilità dei governi italiani per questi crimini contro l’umanità.

L’arresto del criminale torturatore libico, Almasri, avvenuto ieri in Libia deve essere l’occasione per risollevare la denuncia contro questo governo e contro la sua politica di respingimenti.

Contro il Memorandum e il suo rinnovo si è fatta sentire la voce dei rifugiati in Libia a Roma il 18 ottobre ma nessuna opposizione nelle piazze e meno che mai in Parlamento, nonostante la gravità del tema, un parlamento che comunque si è espresso negando la richiesta di autorizzazione a procedere contro Nordio, Piantedosi e Mantovano.

La manifestazione dei rifugiati a Roma.

Sul palco, donne, uomini e bambini provenienti dal Sudan, dall’Eritrea e da altri paesi africani avevano in comune il trauma subito nelle carceri libiche: nessuno di loro ha dimenticato chi ancora oggi lotta per la sopravvivenza in condizioni disumane sull’altra sponda del Mediterraneo.

Con il titolo Stage of Survivors hanno messo in scena la rappresentazione del processo ai responsabili delle loro sofferenze e di tutte le persone transitate o ancora detenute nei campi libici: ministri e sottosegretari, per ognuno dei quali viene formalizzato il capo d’imputazione. Dal palco hanno così ripercorso, in qualità di testimoni, le violenze viste e subite durante la detenzione in Libia.

Un’azione che guarda e non dimentica chi ha avuto meno fortuna di loro e si trova ancora rinchiuso in un carcere al di là del Mediterraneo, ma al tempo stesso è rappresentazione del coraggio di denunciare gli abusi subiti a voce alta – anche se a volte rotta dal pianto – per quelle ferite dell’anima che spesso sono molto più difficili da cicatrizzare di quelle sui corpi.

Un’azione che è volontà di denunciare un sistema ben descritto da Mamadou, il quale paragona il MoU a un grande banchetto in cui i rifugiati sono il piatto di portata: «Perché – ha spiegato – in Libia le persone vengono vendute come il pane».

Da un lato sembra essere una buona notizia quella dell’arresto del generale stupratore assassino, ma non è certo per rendere giustizia a tutti quei migranti torturati, violentati, uccisi da questa bestia criminale, ma sembra più una mossa per garantirgli protezione, visto che al momento non dovrà essere consegnato alla Corte penale internazionale che aveva emesso il mandato di cattura internazionale e che il governo italiano di Meloni, Piantedosi, Salvini aveva arrestato a Torino e scarcerato dopo qualche giorno e riportato in Libia con un aereo di Stato in nome della difesa di “interessi strategici”, della “sicurezza nazionale”.

Per ora il generale dovrà rimanere in custodia a Tripoli, in un momento in cui la sua figura il Libia era “caduta in disgrazia”, era stato estromesso da ogni incarico pubblico e i vertici della sua milizia, la «Polizia giudiziaria libica», erano stati decimati. Ma un processo davanti alla Corte penale internazionale servirebbe ad aprire anche il “vaso di Pandora” dei suoi legami con i paesi europei che lo hanno avuto come riferimento per i respingimenti antimmigrati in Libia e l’Italia su questo è in prima fila. Quindi un arresto che potrebbe essere usato come arma di ricatto contro quei paesi, tra cui l’Italia, che lo hanno appoggiato e sostenuto, anzi, ed è per questo che l’Italia del governo Meloni è stata condannata perchè non «non aveva ottemperato» alle procedure per il mandato d’arresto emesso. Dal punto di vista del governo è il solito diritto internazionale che sarebbe valido, secondo le parole dell’inutile ministro Tajani, solo “fino ad un certo punto”.

Come ricostruisce un quotidiano: “La Corte penale internazionale aveva rivelato di «aver emesso un mandato di arresto il 18 gennaio, per crimini contro l'umanità e crimini di guerra». Il giorno dopo il generale venne arrestato a Torino, ma la notizia venne tenuta nascosta fino a quando, il 20 gennaio, non venne rivelata da Avvenire e confermata dal Ministero della Giustizia italiano solo il 21 gennaio, quando ormai Almasri stava per essere accompagnato a Tripoli.

Il comunicato della procura di Tripoli conferma l’intenzione di consegnare il generale alla Corte penale internazionale, ma l’ultima parola spetterà al primo ministro Dbeibah.”

Ma su questo l’estradizione non è scontata.

L’altra stampella della politica antimmigrati appaltata a paesi terzi sono le carceri costruite in Albania per decisione di questo governo, di Meloni in particolare che aveva minacciato che “fun-zio-ne-ran-no”.

“Costosi e inutili, anche i Garanti bocciano il Cpr in Albania di Meloni: «Diritto alla difesa compromesso»...Da aprile 2025 sono transitati solo 140 persone nella struttura voluta dal governo. Secondo i garanti dei detenuti di Roma e Lazio «non è giustificato il trasferimento in Albania di queste persone» dato che non ci sono condizioni di sovraffollamento nei Cpr italiani. Questi trasferimenti, oltre a rappresentare un ingente costo per il bilancio pubblico, rendono ancora più complicate le comunicazioni tra i trattenuti e le loro reti sul territorio italiano, compromettendo in maniera rilevante anche il loro diritto alla difesa».

Qualche giorno fa c’è stata la protesta di centinaia di attivisti “assediano” Gjader in contemporanea alla protesta dei rifugiati a Roma.

Ma per chi è riuscito a sopravvivere ai viaggi in mare, alle prigioni nonostante non abbiano commesso alcun reato, c’è la condizione di sfruttamento in Italia degli immigrati. Si parla apertamente di segregazione lavorativa.

Un quotidiano scrive: “La segregazione lavorativa dei migranti: in Italia retribuzioni inferiori del 45%. Il rapporto Ocse evidenzia la maglia nera del nostro Paese in termini di gap retributivo e sovraqualificazione, colpa anche del mancato riconoscimento dei titoli di studio”.

Ed è proprio questa condizione che porta i lavoratori immigrati a morire o a infortunarsi nei luoghi di lavoro per i profitti dei padroni e su cui il governo non è mai intervenuto e certo mai lo farà.

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