Attenzione: l’assunzione prolungata
può provocare attacchi di panico, tachicardia, insonnia, nausea,
tremori, dermatiti, cefalee e pianto nervoso. Non sono gli effetti
collaterali di un farmaco ma quelli di un lavoro. Un impiego come
venditrice di mobili a Mondo Convenienza.
“C’era questo gioco, la Master Seller. Il torneo dei venditori. Ognuno era una pedina. Doveva risalire la strada fino alla cima della montagna e superare gli altri, o finiva maglia nera”. Maglia nera?! Quale Montagna? “Quella disegnata sulla parete. Se non superavi le prime due curve eri maglia nera, un gregario”.
C’era scritto proprio così, sulla grande lavagna, accanto al nome e cognome: “gregario”. Con tanto di esortazione: “Noi crediamo in te.. tu no? Forza!”. Era pieno di “esortazioni”, sulle pareti del punto vendita di Prato. Moniti per spronare i dipendenti a lavorare di più, per ricordargli che la loro permanenza in negozio non era scontata “Esserci ≠ Rimanerci”.
E allora, anche se il contratto a tempo indeterminato prevede una paga fissa e la sicurezza dello stipendio, ci si affanna a vendere ogni singola cassettiera come un lavoratore a cottimo per passare maglia bianca: “Fai del tuo meglio… scendi in campo da protagonista!”, poi maglia ciclamino, azzurra, verde e rosa, all’ultima curva: “Sei il numero uno… non ti fermare ora!”. E vincere il premio previsto dal regolamento. “Un prestigiosissimo trofeo di Vincitore della master Seller Challenge”. Un sistema per mettere i venditori in competizione misurandone “la produttività oraria” attraverso “il ranking settimanale”.
Lucia che non si chiama così, ma non vuole che il suo nome venga associato a quello dell’azienda dove si è ammalata, non riesce a star ferma sulla sedia del dottore mentre lo racconta. Non regge più i ritmi le pressioni, non sopporta più i motti alle pareti “Non c’è mai una seconda occasione per fare una prima buona impressione” e Benjamin Franklin piegato a vendere cucine componibili: “Dimmi e io dimentico, mostrami e io ricordo, coinvolgimi e io imparo”.
Si licenzia e ottiene dall’Inail il riconoscimento per malattia professionale. Un fatto raro per una venditrice, che non fa un lavoro “usurante”: non solleva carichi, non è esposta al caldo dell’altoforno o al freddo delle celle frigo, eppure si ammala di lavoro, per le condizioni sempre più spesso imposte a commessi e cassieri, tenuti a domandare, per contratto, a chi ordina un caffè se non vuole anche un cornetto, a piazzare il secondo paio di calzini a chi compra il primo, a lavorare a tempo pieno con un part-time e durante le feste con l’indeterminato.
Parte l’indagine della Asl, che raccoglie per mesi le testimonianze dei dipendenti. “È dal 2014 che i lavoratori si rivolgono a noi raccontandoci delle pressioni psicologiche che hanno provocato in molti di loro stati di stress, nausea, insonnia”, racconta Simona Baldanzi, della Camera del Lavoro di Prato, che con Filcams Cgil ha presentato un esposto in procura: “Abbiamo capito che queste condizioni di salute precaria sono dovute ai richiami verbali e scritti aggressivi, ai controlli ossessivi, al carico eccessivo di lavoro”.
L’azienda replica che è il contrario: “Nei nostri punti vendita rispettiamo tutte le prescrizioni previste in tema di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e l’analisi Stress Lavoro Correlato non ha mai evidenziato alcuna criticità sul punto”. I lavoratori raccontano la loro versione su una pagina Facebook, “Mondo sofferenza” facendo il verso alla ditta che si vanta di “crescere con serenità” grazie al “senso di responsabilità” ma che, come altri colossi della grande distribuzione da Ikea a Amazon, è finita sotto inchiesta per le pesanti condizioni di lavoro.
Ad Agosto l’azienda nega a un dipendente di Bologna il permesso di partecipare al battesimo di suo figlio: la Cgil proclama uno sciopero. Arrivano due condanne del tribunale che annulla le sanzioni disciplinari a dieci lavoratori: si erano rifiutati di lavorare a Ferragosto e l’8 dicembre. Il giudice punisce l’azienda per aver punito i lavoratori, condannando La Primula Mobili srl, che gestisce il negozio di Bologna, a restituire la paga trattenuta e pagare le spese.
Report denuncia lo sfruttamento dei magazzinieri ai quali viene ridotta la paga di 300 euro grazie a un cambio di contratto e di cooperativa. L’azienda si difende spiegando che gli autotrasportatori e i montatori non sono alle dirette dipendenze di Mondo Convenienza, che si avvale di ditte esterne. “Attendiamo il pronunciamento del Tribunale – dice Simona Baldanzi – che deve verificare la relazione tra malattia professionale e responsabilità aziendali, ma continuiamo a ricevere segnalazioni da ex dipendenti che si licenziano per i ritmi e le pressioni”. “Ex” perché lottare per i diritti sul posto di lavoro è troppo oneroso: “Due iscritti Cgil, una coppia di genitori, venivano sistematicamente ostacolati nell’organizzazione dei turni, il che rendeva impossibile la vita familiare”.
Tra gli ex, anche una delle firmatarie della lettera in difesa dell’azienda che trenta venditori – meno della metà – hanno sottoscritto e inviato al Tirreno, per riscattare la reputazione di Mondo Convenienza dopo la malattia professionale: “Noi siamo parte di questa azienda, crediamo nel rispetto, nella responsabilità, nella lealtà, nello spirito di iniziativa”, scrivono citando nell’ordine i capisaldi della filosofia aziendale riportati sul sito della ditta alla voce “valori”. “Il restyling ci ha dato la possibilità di veder rinnovare non soltanto l’ambiente ma anche noi stessi, Il recap ha regalato nuove motivazioni. Quando un uomo ha posto un limite a quanto farà ha posto un limite a quanto può fare. Grazie per aver rinnovato il nostro limite.”
Via così, con altre citazioni stile “maestro che apre la porta ma tu devi entrarci da solo”. “Ero arrivata da poco, mi hanno chiesto di firmare e ho detto ok. Poi ho chiesto una domenica libera e mi hanno detto no”.
Dall’inchiesta dell’autrice per Il Fatto Quotidiano
“C’era questo gioco, la Master Seller. Il torneo dei venditori. Ognuno era una pedina. Doveva risalire la strada fino alla cima della montagna e superare gli altri, o finiva maglia nera”. Maglia nera?! Quale Montagna? “Quella disegnata sulla parete. Se non superavi le prime due curve eri maglia nera, un gregario”.
C’era scritto proprio così, sulla grande lavagna, accanto al nome e cognome: “gregario”. Con tanto di esortazione: “Noi crediamo in te.. tu no? Forza!”. Era pieno di “esortazioni”, sulle pareti del punto vendita di Prato. Moniti per spronare i dipendenti a lavorare di più, per ricordargli che la loro permanenza in negozio non era scontata “Esserci ≠ Rimanerci”.
E allora, anche se il contratto a tempo indeterminato prevede una paga fissa e la sicurezza dello stipendio, ci si affanna a vendere ogni singola cassettiera come un lavoratore a cottimo per passare maglia bianca: “Fai del tuo meglio… scendi in campo da protagonista!”, poi maglia ciclamino, azzurra, verde e rosa, all’ultima curva: “Sei il numero uno… non ti fermare ora!”. E vincere il premio previsto dal regolamento. “Un prestigiosissimo trofeo di Vincitore della master Seller Challenge”. Un sistema per mettere i venditori in competizione misurandone “la produttività oraria” attraverso “il ranking settimanale”.
Lucia che non si chiama così, ma non vuole che il suo nome venga associato a quello dell’azienda dove si è ammalata, non riesce a star ferma sulla sedia del dottore mentre lo racconta. Non regge più i ritmi le pressioni, non sopporta più i motti alle pareti “Non c’è mai una seconda occasione per fare una prima buona impressione” e Benjamin Franklin piegato a vendere cucine componibili: “Dimmi e io dimentico, mostrami e io ricordo, coinvolgimi e io imparo”.
Si licenzia e ottiene dall’Inail il riconoscimento per malattia professionale. Un fatto raro per una venditrice, che non fa un lavoro “usurante”: non solleva carichi, non è esposta al caldo dell’altoforno o al freddo delle celle frigo, eppure si ammala di lavoro, per le condizioni sempre più spesso imposte a commessi e cassieri, tenuti a domandare, per contratto, a chi ordina un caffè se non vuole anche un cornetto, a piazzare il secondo paio di calzini a chi compra il primo, a lavorare a tempo pieno con un part-time e durante le feste con l’indeterminato.
Parte l’indagine della Asl, che raccoglie per mesi le testimonianze dei dipendenti. “È dal 2014 che i lavoratori si rivolgono a noi raccontandoci delle pressioni psicologiche che hanno provocato in molti di loro stati di stress, nausea, insonnia”, racconta Simona Baldanzi, della Camera del Lavoro di Prato, che con Filcams Cgil ha presentato un esposto in procura: “Abbiamo capito che queste condizioni di salute precaria sono dovute ai richiami verbali e scritti aggressivi, ai controlli ossessivi, al carico eccessivo di lavoro”.
L’azienda replica che è il contrario: “Nei nostri punti vendita rispettiamo tutte le prescrizioni previste in tema di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e l’analisi Stress Lavoro Correlato non ha mai evidenziato alcuna criticità sul punto”. I lavoratori raccontano la loro versione su una pagina Facebook, “Mondo sofferenza” facendo il verso alla ditta che si vanta di “crescere con serenità” grazie al “senso di responsabilità” ma che, come altri colossi della grande distribuzione da Ikea a Amazon, è finita sotto inchiesta per le pesanti condizioni di lavoro.
Ad Agosto l’azienda nega a un dipendente di Bologna il permesso di partecipare al battesimo di suo figlio: la Cgil proclama uno sciopero. Arrivano due condanne del tribunale che annulla le sanzioni disciplinari a dieci lavoratori: si erano rifiutati di lavorare a Ferragosto e l’8 dicembre. Il giudice punisce l’azienda per aver punito i lavoratori, condannando La Primula Mobili srl, che gestisce il negozio di Bologna, a restituire la paga trattenuta e pagare le spese.
Report denuncia lo sfruttamento dei magazzinieri ai quali viene ridotta la paga di 300 euro grazie a un cambio di contratto e di cooperativa. L’azienda si difende spiegando che gli autotrasportatori e i montatori non sono alle dirette dipendenze di Mondo Convenienza, che si avvale di ditte esterne. “Attendiamo il pronunciamento del Tribunale – dice Simona Baldanzi – che deve verificare la relazione tra malattia professionale e responsabilità aziendali, ma continuiamo a ricevere segnalazioni da ex dipendenti che si licenziano per i ritmi e le pressioni”. “Ex” perché lottare per i diritti sul posto di lavoro è troppo oneroso: “Due iscritti Cgil, una coppia di genitori, venivano sistematicamente ostacolati nell’organizzazione dei turni, il che rendeva impossibile la vita familiare”.
Tra gli ex, anche una delle firmatarie della lettera in difesa dell’azienda che trenta venditori – meno della metà – hanno sottoscritto e inviato al Tirreno, per riscattare la reputazione di Mondo Convenienza dopo la malattia professionale: “Noi siamo parte di questa azienda, crediamo nel rispetto, nella responsabilità, nella lealtà, nello spirito di iniziativa”, scrivono citando nell’ordine i capisaldi della filosofia aziendale riportati sul sito della ditta alla voce “valori”. “Il restyling ci ha dato la possibilità di veder rinnovare non soltanto l’ambiente ma anche noi stessi, Il recap ha regalato nuove motivazioni. Quando un uomo ha posto un limite a quanto farà ha posto un limite a quanto può fare. Grazie per aver rinnovato il nostro limite.”
Via così, con altre citazioni stile “maestro che apre la porta ma tu devi entrarci da solo”. “Ero arrivata da poco, mi hanno chiesto di firmare e ho detto ok. Poi ho chiesto una domenica libera e mi hanno detto no”.
Dall’inchiesta dell’autrice per Il Fatto Quotidiano
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