L'attacco all'Iran da parte dello Stato sionista di Israele della fine della settimana scorsa è stato da noi immediatamente denunciato come interno all'allargamento del conflitto voluto dall'imperialismo americano e dallo Stato sionista israeliano allo scopo di proseguire l'operazione genocida in Palestina, di estenderla al Libano nei confronti di Hezbollah e, infine, di rivolgerla contro tutti gli Stati arabi, in primis quelli non allineati con l'imperialismo - l'Iran e la Siria - ma, in generale, per riaffermare il tallone di ferro dell'imperialismo e del suo gendarme nell'area rappresentato dallo Stato di Israele.
L'attacco israeliano è una violazione aperta di tutti i
dettami dell'ONU: il Libano e ancora più l'Iran, sono stati attaccati da Israele
che, uscendo dai propri confini, si è arrogato il diritto di colpire qualsiasi
Stato arabo considerato un nemico, fuori dal diritto internazionale, dai
dettami dell'ONU e in violazione sia dei suoi principi sia della maggior parte
delle sue risoluzioni.
Noi siamo incondizionatamente dalla parte dei paesi arabi attaccati, il Libano, la Siria e soprattutto l'Iran, noi sosteniamo una linea generale che vuole che gli Stati arabi, le nazioni oppresse arabe, debbano rispondere all’aggressione israeliana sostenuta dall'imperialismo americano con una guerra che unisca le nazioni arabe e i popoli oppressi dell'area contro lo Stato di Israele, per rimuovere il gendarme mondiale dell'imperialismo e porsi all'interno della battaglia
generale anti imperialista - in primis contro l'imperialismo americano e quindi contro tutti gli imperialismi suoi alleati - e contro ogni penetrazione di altri Stati imperialisti che, pur essendo contrari all'imperialismo americano, vogliono comunque mettere mani sul mondo arabo e le nazioni arabe e sulle loro fondamentali risorse energetiche. Su questo piano noi siamo per la guerra dei paesi arabi, uniti, - in questo caso nazioni oppresse dall'imperialismo - perchè rispondano a questi attacchi e la conducano fino alla vittoria con la sconfitta dello Stato sionista d'Israele e dell'imperialismo.Questo è nell'interesse dei popoli, del popolo palestinese
innanzitutto ma di tutti i popoli oppressi del mondo arabo, e costituisce
l'interesse tattico del proletariato palestinese nel mondo arabo per indebolire
il nemico principale e poter proseguire la guerra anti israeliana in una guerra
di popolo che porti alla liberazione nazionale e sociale di questi paesi e di
questi popoli e alla realizzazione del compito storico della Palestina “dal
fiume al mare”.
Ma se questa è la prospettiva generale in cui si muove la
situazione attuale, esiste oggi un divario profondo tra quello che diciamo e quello
che avviene nella realtà. L'attacco israeliano è stato un attacco in qualche
misura pilotato, un attacco che chiamano “moderato”, rivolto a dare un segnale
e indirizzato verso 20 siti militari, accettando l'orientamento generale di
tutti i paesi imperialisti di non toccare i siti nucleari e i siti petroliferi.
Lo Stato di Israele, attaccando, ha già detto che la questione potrebbe finire
lì. E su questo hanno concordato tutti i paesi imperialisti di ogni ordine e
grado e, nella sostanza, su questa linea si sono allineati i sauditi, i giordani
che, pur condannando l'attacco, hanno espresso l'opinione che la cosa debba
finire lì. Particolarmente equivoca è stata la posizione dell'Arabia Saudita
che ha condannato l'attacco senza neanche citare
Tel Aviv.
Questo attacco pilotato vuole dare un segnale determinato all'Iran e nello stesso tempo poter proseguire per
tappe la guerra dello Stato sionista d'Israele, per conto dell'imperialismo e
degli altri paesi imperialisti allineati, che è principalmente contro il popolo
palestinese nel quadro di un genocidio e secondariamente nei confronti del
popolo libanese, in particolare della sua parte legata agli Hezbollah come
parte della solidarietà al popolo palestinese.
I giornali e l'informazione internazionale che hanno
analizzato questo attacco hanno messo in luce la questione più grave in questa
situazione, che è stata la reazione che ha avuto il regime iraniano che
all'interno esercita il massimo della dittatura contro le forze che vi si
oppongono: le donne, parte del movimento operaio, il movimento della gioventù,
il movimento democratico, verso i quali, oltre che la repressione, li attacca
considerandoli quinta colonna dell'imperialismo, che agirebbero per conto
dell'imperialismo per minare dall'interno il regime iraniano.
Il regime iraniano, con la sua reazione di cane che abbaia
ma non morde, non risponde a tono
all'attacco dell'imperialismo e dello Stato sionista d'Israele al proprio paese
e al suo popolo. La risposta è stata all'insegna
della moderazione e, ancora una volta, con affermazioni retoriche che finora
non hanno corrisposto a nessun fatto significativo ma solo a fatti simbolici. Tutti
sanno che muovere le guerre allo Stato di Israele significa esporsi alla guerra
nei confronti di uno Stato potentemente armato e sostenuto, in possesso
dell'arma nucleare e ben determinato a fare piazza pulita non solo nella forma
di genocidio in Palestina ma anche nel cancellare i suoi nemici in tutto il
mondo arabo.
La linea di condotta dello Stato di Israele in questo è di
colpire le forze della resistenza o dell'opposizione attraverso gli attacchi
generalizzati contro il popolo, la logica del genocidio dello Stato sionista
nei confronti del popolo palestinese è la stessa logica che guida l'azione nel
Libano e che in un'eventuale guerra con l'Iran o con altri paesi arabi avrebbe
le stesse caratteristiche.
Ma questo non toglie che la partita in gioco è o la vittoria
definitiva, strategica, dell'imperialismo e dello Stato sionista di Israele e
del suo piano di Grande Oriente e di potenza dominante nell'area o la vittoria
delle nazioni e dei popoli oppressi dall'imperialismo e da questi Stati arabi.
S’illudono le classi dominanti - tutte le reazionarie - di poter
conservare il loro status e il loro potere dominante nel paese a fronte
dell'avanzata dello Stato sionista di Israele, a fronte degli interessi
generali dell'imperialismo, in primis americano, che considera il controllo
totalitario del Medio Oriente e il soffocamento di ogni opposizione, sia quella
del popolo, in particolare del popolo palestinese, sia di quelle degli Stati, come un anello dello schieramento dentro la
prospettiva di una guerra imperialista mondiale che avanza e che in ogni
scacchiere di questa guerra, dall'Ucraina al Medio Oriente all’ Indo-Pacifico,
si va determinando una situazione militare, geostrategica, che permette all'imperialismo di combatterla nei confronti dei suoi antagonisti.
Sull'attacco tutti dicono che la cosa finisce qui. Dietro
l'affermazione, in parte vera, del regime degli ayatollah, la montagna ha
partorito il topolino, cioè questo regime minimizza l'azione dello Stato sionista e tranquillizza
il proprio popolo e nello stesso tempo afferma che l'Iran non vuole accendere e
rilanciare la guerra che lo Stato sionista di tipo nazista israeliano sta conducendo.
Ma questa si chiama resa! dietro il non voler rilanciare c'è
una linea di resa. I proletari e i popoli arabi non possono accettare non solo
il genocidio dei loro fratelli palestinesi che si estende ai loro fratelli
libanesi, né tantomeno possono accettare che la loro autodeterminazione
nazionale e sociale, la loro prospettiva di liberazione progressista,
anti-imperialista e, infine, rivoluzionaria e socialista possa essere ipotecata
non solo oggi ma per il futuro dal ruolo che svolge lo Stato di Israele e dai
piani dell'imperialismo.
Noi quando affermiamo che occorre la guerra dei paesi arabi
contro lo Stato d'Israele - e che se questa guerra non viene condotta, i proletari
e i popoli all'interno di questi paesi devono rovesciare i loro governi e
condurla in prima persona in un quadro di guerra rivoluzionaria, guerra popolare
in tutto il mondo arabo per la liberazione della Palestina e per l'affermazione
dell'autodeterminazione nazionale e sociale dei proletari e dei popoli di tutto
il mondo arabo - indichiamo l'unica strada, inevitabile sotto certi aspetti, che
il proletariato e le masse arabe devono intraprendere, nel quadro della contesa
attuale.
Se le masse palestinesi, le masse arabe e i proletari scendono
in campo realmente nelle forme necessarie al combattimento contro il nemico
imperialista e sionista questo costituisce una pagina determinante nel rapporto
tra imperialismo e nazioni e popoli oppressi ed esprime l'interesse generale
del proletariato mondiale, compreso quello dei paesi imperialisti che
naturalmente deve sostenere, oltre che il popolo palestinese, la liberazione
delle masse arabe e delle nazioni oppresse nell'area nei confronti
dell'imperialismo.
Un'ultima considerazione che va fatta è il ruolo
dell'Italia. L'Italia si è allineata con l'imperialismo americano perché è la
sua collocazione con cui svolge la sua funzione storica anche nell'area, sia
nella forma di partecipazione e di complicità col genocidio in atto nel popolo
palestinese, sia con la partecipazione alla missione in Mar Rosso che è parte dell'azione
dell'imperialismo - americano e anche europeo - per combattere gli Huthi,
l'altra componente delle masse arabe che sono scese in campo a fianco del
popolo palestinese, sia per svolgere la propria funzione nel controllo delle
vie commerciali, che poi è il controllo generale dell'area che comprende
innanzitutto le importanti risorse energetiche.
L'Italia è complice dell'imperialismo, copre gli attacchi
dello Stato sionista d'Israele nei confronti del Libano e del mondo arabo. Una
particolarità di questa situazione si riflette infatti nell'attacco che lo
Stato di Israele sta conducendo con la logica dell'occupazione militare, dei
massacri e del controllo del territorio, nei confronti del Libano. La questione
è piuttosto evidente. Nel Libano lo Stato sionista di Israele ha minacciato,
con numerosi segnali militari, ha attaccato la forza UNIFIL, vale a dire la
forza di intermediazione militare che è sancita da una risoluzione del dell'ONU
con la quale agisce nel Libano. Questi attacchi hanno fatto
scalpore, l'Onu ha espresso la sua condanna, ma, come al solito, è stata una
condanna senza alcun esito pratico sul piano del terreno militare dell'azione e
di nessun freno all'azione israeliana, come ormai avviene tutti i giorni nei
confronti del popolo palestinese. A questa condanna si è unito il governo
italiano che ha criticato gli attacchi all'UNIFIL e li ha inseriti in un
discorso di possibili crimini di guerra. E quindi si potrebbe pensare che il
governo abbia preso posizione, che in questo caso si sia schierato contro lo
Stato sionista di Israele. Ma si tratta di pura apparenza, testimoniata sia a
livello internazionale dalle effettive prese di posizione da parte innanzitutto
dall'imperialismo americano, che supportano le dichiarazioni di condanna che
vengono dall'ONU, sia dalla successive dichiarazioni del governo italiano, sia
dal suo ministro Crosetto, sia dalla premier che ha fatto un viaggio nell'area.
Prendiamo in considerazione prima di tutto l'orientamento
generale dell'imperialismo americano che si cela dietro la presa di posizione “critica”
nei confronti dello Stato di Israele in seguito all'attacco all'UNIFIL. In
sostanza, cos'è che si vuole? Si vuole in realtà che comunque l'UNIFIL
abbandoni la sua presenza attuale. Si dice che l'Unifil abbia fallito e, quindi,
questo svela la vera natura della missione UNIFIL che era quella di contenere
insieme alle forze libanesi la presenza dell'opposizione politico-militare
interna al Libano rappresentata dagli Hezbollah. Quindi lo scopo effettivo
della missione è stato sin dall'inizio di essere non forza di intermediazione ma
forza di contenimento e di rafforzamento delle forze libanesi nei confronti
degli sviluppi politico-militari dell'azione di Hezbollah a fianco del popolo
palestinese e in generale in Libano e nell'area. L'ipotesi che viene fatta ora
e per la quale, secondo la stampa, Israele avrebbe presentato una proposta innanzitutto
che afferma il diritto dell'esercito israeliano a disarmare Hezbollah e,
quindi, di sostituire, l'UNIFIL con una forza guida americana che nell'area
avrebbe lo scopo di fiancheggiare lo Stato di Israele nel disarmo di Hezbollah
e nel permettere che lo Stato di Israele controlli il Libano sia nella sua
parte in cui è predominante Hezbollah sia, in generale, l'intero paese. Nei
confronti dell'attacco israeliano, dietro le critiche all'UNIFIL si vuole la
soluzione di mantenere l'UNIFIL non come forza distinta, ma bensì di farne una
parte integrante, cioè di trasformare l'UNIFIL in una forza armata che difende
gli interessi di Israele nell'area e che contribuisce al disarmo degli
Hezbollah. E su questo va considerato che nel Libano esiste una fazione filo-
israeliana che è sempre esistita, pensiamo a quello che fu il il massacro di
Sabra e Chatila che fu condotto dalle forze libanesi allineate con lo Stato
sionista d'Israele. E’ questa situazione che si vuole realizzare, per cui una
parte delle forze libanesi, rappresentanti delle fazioni opposte agli Hezbollah
e legate e sostenute dallo Stato sionista di Israele, sono d'accordo
nell'azione dello Stato di Israele e nello stesso tempo vogliono che la
soluzione sia una presenza di una forza militare israeliana sul territorio, una
possibilità che la forza presente sia guida americana e che realizzi gli
obiettivi che l'imperialismo americano e lo Stato di Israele vogliono in
Libano, in contrasto con il diritto internazionale, il diritto del Libano di essere
uno Stato autonomo, libero e indipendente e il diritto, all'interno di questo
paese, alla libera dialettica politica e sociale rappresentata dalla presenza
degli Hezbollah.
Non è diversa nella sostanza la posizione del governo
italiano che, sia per bocca di Crosetto sia per bocca della Meloni nel suo
viaggio, sostanzialmente insiste perché vengano mutate le regole di ingaggio
della forza dell'UNIFIL e in particolare, per quanto li riguarda, le regole di
ingaggio delle truppe italiane. Ma quando si dice “modifica delle regole di
ingaggio” si dice trasformarle da "peacekeeping" a "peace enforcement", cioè da
mantenitori della pace a rafforzatori della pace, che vuol dire la possibilità che
le truppe italiane e l'UNIFIL in generale, possano diventare da forza passiva a forza attiva nei confronti degli Hezbollah alla fine e contro il popolo
libanese. Quindi ciò che vogliono in realtà Crosetto e Meloni è un
rafforzamento di questa missione, perché abbia le armi per svolgere i compiti
che vogliono l'imperialismo americano, lo Stato sionista di Israele e quindi lo
Stato imperialista italiano, cioè di partecipare all'occupazione militare del
Libano, al disarmo degli Hezbollah e a realizzare il piano vero dell'aggressione
sionista nel Libano.
Invece la posizione nostra - che va fatta propria dall'intero
movimento che si oppone all'azione dello Stato di Israele insieme alla lotta contro
il genocidio in corso verso il popolo - è del tutto diversa. La nostra posizione è
quella per il ritiro senza condizioni delle truppe italiane del Libano e, nello
stesso tempo, la nostra posizione è per il massimo sostegno alle forze che in
Libano resistono all'aggressione israeliana e quindi massima solidarietà a Hezbollah.
Hezbollah non è la forza di liberazione del popolo arabo delle masse palestinesi e oggi l'ostacolo al loro dominio sono coloro che rappresentano la resistenza. Noi pensiamo alla resistenza come una guerra di popolo di lunga durata che possa essere guidata dalle forze progressiste, proletarie e comuniste nell'area, in una prospettiva di rivoluzione, di liberazione nazionale, di autodeterminazione anti imperialista che possa cambiare i rapporti di forza nell'area e aprire la prospettiva della effettiva liberazione sociale e politica del popolo palestinese, del popolo libanese e di tutti i popoli e i proletari e le masse arabe dell'area.
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