mercoledì 30 ottobre 2024

pc 30 ottobre - L'attacco all'Iran e la situazione nell'area - nella valutazione di proletari comunisti - editoriale


L'attacco all'Iran da parte dello Stato sionista di Israele della fine della settimana scorsa è stato da noi immediatamente denunciato come interno all'allargamento del conflitto voluto dall'imperialismo americano e dallo Stato sionista israeliano allo scopo di proseguire l'operazione genocida in Palestina, di estenderla al Libano nei confronti di Hezbollah e, infine, di rivolgerla contro tutti gli Stati arabi, in primis quelli non allineati con l'imperialismo - l'Iran e la Siria - ma, in generale, per riaffermare il tallone di ferro dell'imperialismo e del suo gendarme nell'area rappresentato dallo Stato di Israele.

L'attacco israeliano è una violazione aperta di tutti i dettami dell'ONU: il Libano e ancora più l'Iran, sono stati attaccati da Israele che, uscendo dai propri confini, si è arrogato il diritto di colpire qualsiasi Stato arabo considerato un nemico, fuori dal diritto internazionale, dai dettami dell'ONU e in violazione sia dei suoi principi sia della maggior parte delle sue risoluzioni.

Noi siamo incondizionatamente dalla parte dei paesi arabi attaccati, il Libano, la Siria e soprattutto l'Iran, noi sosteniamo una linea generale che vuole che gli Stati arabi, le nazioni oppresse arabe, debbano rispondere all’aggressione israeliana sostenuta dall'imperialismo americano con una guerra che unisca le nazioni arabe e i popoli oppressi dell'area contro lo Stato di Israele, per rimuovere il gendarme mondiale dell'imperialismo e porsi all'interno della battaglia

generale anti imperialista - in primis contro l'imperialismo americano e quindi contro tutti gli imperialismi suoi alleati - e contro ogni penetrazione di altri Stati imperialisti che, pur essendo contrari all'imperialismo americano, vogliono comunque mettere mani sul mondo arabo e le nazioni arabe e sulle loro fondamentali risorse energetiche. Su questo piano noi siamo per la guerra dei paesi arabi, uniti, - in questo caso nazioni oppresse dall'imperialismo - perchè rispondano a questi attacchi e la conducano fino alla vittoria con la sconfitta dello Stato sionista d'Israele e dell'imperialismo.

Questo è nell'interesse dei popoli, del popolo palestinese innanzitutto ma di tutti i popoli oppressi del mondo arabo, e costituisce l'interesse tattico del proletariato palestinese nel mondo arabo per indebolire il nemico principale e poter proseguire la guerra anti israeliana in una guerra di popolo che porti alla liberazione nazionale e sociale di questi paesi e di questi popoli e alla realizzazione del compito storico della Palestina “dal fiume al mare”.

Ma se questa è la prospettiva generale in cui si muove la situazione attuale, esiste oggi un divario profondo tra quello che diciamo e quello che avviene nella realtà. L'attacco israeliano è stato un attacco in qualche misura pilotato, un attacco che chiamano “moderato”, rivolto a dare un segnale e indirizzato verso 20 siti militari, accettando l'orientamento generale di tutti i paesi imperialisti di non toccare i siti nucleari e i siti petroliferi. Lo Stato di Israele, attaccando, ha già detto che la questione potrebbe finire lì. E su questo hanno concordato tutti i paesi imperialisti di ogni ordine e grado e, nella sostanza, su questa linea si sono allineati i sauditi, i giordani che, pur condannando l'attacco, hanno espresso l'opinione che la cosa debba finire lì. Particolarmente equivoca è stata la posizione dell'Arabia Saudita che ha condannato l'attacco senza neanche citare Tel Aviv.

Questo attacco pilotato vuole dare un segnale determinato all'Iran e nello stesso tempo poter proseguire per tappe la guerra dello Stato sionista d'Israele, per conto dell'imperialismo e degli altri paesi imperialisti allineati, che è principalmente contro il popolo palestinese nel quadro di un genocidio e secondariamente nei confronti del popolo libanese, in particolare della sua parte legata agli Hezbollah come parte della solidarietà al popolo palestinese.

I giornali e l'informazione internazionale che hanno analizzato questo attacco hanno messo in luce la questione più grave in questa situazione, che è stata la reazione che ha avuto il regime iraniano che all'interno esercita il massimo della dittatura contro le forze che vi si oppongono: le donne, parte del movimento operaio, il movimento della gioventù, il movimento democratico, verso i quali, oltre che la repressione, li attacca considerandoli quinta colonna dell'imperialismo, che agirebbero per conto dell'imperialismo per minare dall'interno il regime iraniano.

Il regime iraniano, con la sua reazione di cane che abbaia ma non morde, non risponde a tono all'attacco dell'imperialismo e dello Stato sionista d'Israele al proprio paese e al suo popolo. La risposta è stata all'insegna della moderazione e, ancora una volta, con affermazioni retoriche che finora non hanno corrisposto a nessun fatto significativo ma solo a fatti simbolici. Tutti sanno che muovere le guerre allo Stato di Israele significa esporsi alla guerra nei confronti di uno Stato potentemente armato e sostenuto, in possesso dell'arma nucleare e ben determinato a fare piazza pulita non solo nella forma di genocidio in Palestina ma anche nel cancellare i suoi nemici in tutto il mondo arabo.

La linea di condotta dello Stato di Israele in questo è di colpire le forze della resistenza o dell'opposizione attraverso gli attacchi generalizzati contro il popolo, la logica del genocidio dello Stato sionista nei confronti del popolo palestinese è la stessa logica che guida l'azione nel Libano e che in un'eventuale guerra con l'Iran o con altri paesi arabi avrebbe le stesse caratteristiche.

Ma questo non toglie che la partita in gioco è o la vittoria definitiva, strategica, dell'imperialismo e dello Stato sionista di Israele e del suo piano di Grande Oriente e di potenza dominante nell'area o la vittoria delle nazioni e dei popoli oppressi dall'imperialismo e da questi Stati arabi.

S’illudono le classi dominanti - tutte le reazionarie - di poter conservare il loro status e il loro potere dominante nel paese a fronte dell'avanzata dello Stato sionista di Israele, a fronte degli interessi generali dell'imperialismo, in primis americano, che considera il controllo totalitario del Medio Oriente e il soffocamento di ogni opposizione, sia quella del popolo, in particolare del popolo palestinese, sia di quelle degli Stati,  come un anello dello schieramento dentro la prospettiva di una guerra imperialista mondiale che avanza e che in ogni scacchiere di questa guerra, dall'Ucraina al Medio Oriente all’ Indo-Pacifico, si va determinando una situazione militare, geostrategica, che permette all'imperialismo di combatterla nei confronti dei suoi antagonisti.

Sull'attacco tutti dicono che la cosa finisce qui. Dietro l'affermazione, in parte vera, del regime degli ayatollah, la montagna ha partorito il topolino, cioè questo regime minimizza l'azione dello Stato sionista e tranquillizza il proprio popolo e nello stesso tempo afferma che l'Iran non vuole accendere e rilanciare la guerra che lo Stato sionista di tipo nazista israeliano sta conducendo.

Ma questa si chiama resa! dietro il non voler rilanciare c'è una linea di resa. I proletari e i popoli arabi non possono accettare non solo il genocidio dei loro fratelli palestinesi che si estende ai loro fratelli libanesi, né tantomeno possono accettare che la loro autodeterminazione nazionale e sociale, la loro prospettiva di liberazione progressista, anti-imperialista e, infine, rivoluzionaria e socialista possa essere ipotecata non solo oggi ma per il futuro dal ruolo che svolge lo Stato di Israele e dai piani dell'imperialismo.

Noi quando affermiamo che occorre la guerra dei paesi arabi contro lo Stato d'Israele - e che se questa guerra non viene condotta, i proletari e i popoli all'interno di questi paesi devono rovesciare i loro governi e condurla in prima persona in un quadro di guerra rivoluzionaria, guerra popolare in tutto il mondo arabo per la liberazione della Palestina e per l'affermazione dell'autodeterminazione nazionale e sociale dei proletari e dei popoli di tutto il mondo arabo - indichiamo l'unica strada, inevitabile sotto certi aspetti, che il proletariato e le masse arabe devono intraprendere, nel quadro della contesa attuale.

Se le masse palestinesi, le masse arabe e i proletari scendono in campo realmente nelle forme necessarie al combattimento contro il nemico imperialista e sionista questo costituisce una pagina determinante nel rapporto tra imperialismo e nazioni e popoli oppressi ed esprime l'interesse generale del proletariato mondiale, compreso quello dei paesi imperialisti che naturalmente deve sostenere, oltre che il popolo palestinese, la liberazione delle masse arabe e delle nazioni oppresse nell'area nei confronti dell'imperialismo.

Un'ultima considerazione che va fatta è il ruolo dell'Italia. L'Italia si è allineata con l'imperialismo americano perché è la sua collocazione con cui svolge la sua funzione storica anche nell'area, sia nella forma di partecipazione e di complicità col genocidio in atto nel popolo palestinese, sia con la partecipazione alla missione in Mar Rosso che è parte dell'azione dell'imperialismo - americano e anche europeo - per combattere gli Huthi, l'altra componente delle masse arabe che sono scese in campo a fianco del popolo palestinese, sia per svolgere la propria funzione nel controllo delle vie commerciali, che poi è il controllo generale dell'area che comprende innanzitutto le importanti risorse energetiche.

L'Italia è complice dell'imperialismo, copre gli attacchi dello Stato sionista d'Israele nei confronti del Libano e del mondo arabo. Una particolarità di questa situazione si riflette infatti nell'attacco che lo Stato di Israele sta conducendo con la logica dell'occupazione militare, dei massacri e del controllo del territorio, nei confronti del Libano. La questione è piuttosto evidente. Nel Libano lo Stato sionista di Israele ha minacciato, con numerosi segnali militari, ha attaccato la forza UNIFIL, vale a dire la forza di intermediazione militare che è sancita da una risoluzione del dell'ONU con la quale agisce nel Libano. Questi attacchi hanno fatto scalpore, l'Onu ha espresso la sua condanna, ma, come al solito, è stata una condanna senza alcun esito pratico sul piano del terreno militare dell'azione e di nessun freno all'azione israeliana, come ormai avviene tutti i giorni nei confronti del popolo palestinese. A questa condanna si è unito il governo italiano che ha criticato gli attacchi all'UNIFIL e li ha inseriti in un discorso di possibili crimini di guerra. E quindi si potrebbe pensare che il governo abbia preso posizione, che in questo caso si sia schierato contro lo Stato sionista di Israele. Ma si tratta di pura apparenza, testimoniata sia a livello internazionale dalle effettive prese di posizione da parte innanzitutto dall'imperialismo americano, che supportano le dichiarazioni di condanna che vengono dall'ONU, sia dalla successive dichiarazioni del governo italiano, sia dal suo ministro Crosetto, sia dalla premier che ha fatto un viaggio nell'area.

Prendiamo in considerazione prima di tutto l'orientamento generale dell'imperialismo americano che si cela dietro la presa di posizione “critica” nei confronti dello Stato di Israele in seguito all'attacco all'UNIFIL. In sostanza, cos'è che si vuole? Si vuole in realtà che comunque l'UNIFIL abbandoni la sua presenza attuale. Si dice che l'Unifil abbia fallito e, quindi, questo svela la vera natura della missione UNIFIL che era quella di contenere insieme alle forze libanesi la presenza dell'opposizione politico-militare interna al Libano rappresentata dagli Hezbollah. Quindi lo scopo effettivo della missione è stato sin dall'inizio di essere non forza di intermediazione ma forza di contenimento e di rafforzamento delle forze libanesi nei confronti degli sviluppi politico-militari dell'azione di Hezbollah a fianco del popolo palestinese e in generale in Libano e nell'area. L'ipotesi che viene fatta ora e per la quale, secondo la stampa, Israele avrebbe presentato una proposta innanzitutto che afferma il diritto dell'esercito israeliano a disarmare Hezbollah e, quindi, di sostituire, l'UNIFIL con una forza guida americana che nell'area avrebbe lo scopo di fiancheggiare lo Stato di Israele nel disarmo di Hezbollah e nel permettere che lo Stato di Israele controlli il Libano sia nella sua parte in cui è predominante Hezbollah sia, in generale, l'intero paese. Nei confronti dell'attacco israeliano, dietro le critiche all'UNIFIL si vuole la soluzione di mantenere l'UNIFIL non come forza distinta, ma bensì di farne una parte integrante, cioè di trasformare l'UNIFIL in una forza armata che difende gli interessi di Israele nell'area e che contribuisce al disarmo degli Hezbollah. E su questo va considerato che nel Libano esiste una fazione filo- israeliana che è sempre esistita, pensiamo a quello che fu il il massacro di Sabra e Chatila che fu condotto dalle forze libanesi allineate con lo Stato sionista d'Israele. E’ questa situazione che si vuole realizzare, per cui una parte delle forze libanesi, rappresentanti delle fazioni opposte agli Hezbollah e legate e sostenute dallo Stato sionista di Israele, sono d'accordo nell'azione dello Stato di Israele e nello stesso tempo vogliono che la soluzione sia una presenza di una forza militare israeliana sul territorio, una possibilità che la forza presente sia guida americana e che realizzi gli obiettivi che l'imperialismo americano e lo Stato di Israele vogliono in Libano, in contrasto con il diritto internazionale, il diritto del Libano di essere uno Stato autonomo, libero e indipendente e il diritto, all'interno di questo paese, alla libera dialettica politica e sociale rappresentata dalla presenza degli Hezbollah.

Non è diversa nella sostanza la posizione del governo italiano che, sia per bocca di Crosetto sia per bocca della Meloni nel suo viaggio, sostanzialmente insiste perché vengano mutate le regole di ingaggio della forza dell'UNIFIL e in particolare, per quanto li riguarda, le regole di ingaggio delle truppe italiane. Ma quando si dice “modifica delle regole di ingaggio” si dice trasformarle da "peacekeeping" a "peace enforcement", cioè da mantenitori della pace a rafforzatori della pace, che vuol dire la possibilità che le truppe italiane e l'UNIFIL in generale, possano diventare da forza passiva a forza attiva nei confronti degli Hezbollah alla fine e contro il popolo libanese. Quindi ciò che vogliono in realtà Crosetto e Meloni è un rafforzamento di questa missione, perché abbia le armi per svolgere i compiti che vogliono l'imperialismo americano, lo Stato sionista di Israele e quindi lo Stato imperialista italiano, cioè di partecipare all'occupazione militare del Libano, al disarmo degli Hezbollah e a realizzare il piano vero dell'aggressione sionista nel Libano.

Invece la posizione nostra - che va fatta propria dall'intero movimento che si oppone all'azione dello Stato di Israele insieme alla lotta contro il genocidio in corso verso il popolo - è del tutto diversa. La nostra posizione è quella per il ritiro senza condizioni delle truppe italiane del Libano e, nello stesso tempo, la nostra posizione è per il massimo sostegno alle forze che in Libano resistono all'aggressione israeliana e quindi massima solidarietà a Hezbollah.

Hezbollah non è la forza di liberazione del popolo arabo delle masse palestinesi e oggi l'ostacolo al loro dominio sono coloro che rappresentano la resistenza. Noi pensiamo alla resistenza come una guerra di popolo di lunga durata che possa essere guidata dalle forze progressiste, proletarie e comuniste nell'area, in una prospettiva di rivoluzione, di liberazione nazionale, di autodeterminazione anti imperialista che possa cambiare i rapporti di forza nell'area e aprire la prospettiva della effettiva liberazione sociale e politica del popolo palestinese, del popolo libanese e di tutti i popoli e i proletari e le masse arabe dell'area.

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