Il 18 ottobre vi sono stati due scioperi.
Lo sciopero, indetto dalle organizzazioni sindacali confederali Fim, Fiom e Uilm. degli operai dell'auto, essenzialmente del gruppo Stellantis, a cui si sono aggiunti tutte le realtà lavorative legate all'indotto dell'auto o legate alla componentistica dell'auto su scala nazionale, con una manifestazione a Roma al mattino.
L'altro sciopero importante è stato quello indetto dal Si.Cobas che ha avuto un riscontro significativo nel settore in cui questa organizzazione sindacale è radicata - cioè tra gli operai lavoratori della logistica; e che ha avuto come tematica, oltre che naturalmente le condizioni e le rivendicazioni dei lavoratori che ci sono stati anche nei precedenti scioperi e nelle quotidiane lotte che questi lavoratori conducono, l'opposizione ai decreti sicurezza in approvazione in Parlamento.
Come proletari comunisti, come Slai Cobas per il sindacato di classe, noi abbiamo appoggiato questi due scioperi e queste due iniziative. Appoggiarle significa condividere alcuni aspetti di essi e considerarli importanti, e nello stesso tempo ragionare sul modo in cui gli aspetti positivi possano trasformarsi in effetti concreti rispetto agli obiettivi che si propongono.
Nel settore auto i padroni rappresentanti della Stellantis, con l'amministratore delegato Tavares, hanno detto più o meno chiaramente nel loro linguaggio qual’è lo stato delle cose: il settore auto attraversa una crisi profonda a livello nazionale e internazionale e vi è nella crisi un acuto scontro commerciale tra i diversi gruppi. Ogni volta che i grandi gruppi industriali, le grandi multinazionali, in questo caso dell'auto, sono in crisi l'unica strada che hanno per uscire da questa crisi è di scaricarla sugli operai e i
lavoratori e allo stesso tempo utilizzare gli effetti che la crisi ha sugli operai e sui lavoratori per ottenere aiuti e sostegni dai propri governi nella guerra commerciale, industriale, che si sviluppa su scala mondiale.E quindi è chiarissimo che i padroni, nel caso concreto la Stellantis, legano la possibilità di mantenere le produzioni, gli stabilimenti, a queste due condizioni: che abbiano la libertà di scaricarli sui lavoratori e nello stesso tempo che ottengano il sostegno dei governi. Ed è esattamente ciò che Tavares ha dichiarato in due differenti incontri avvenuti nei due giorni che hanno preceduto quest'ultima fase di scioperi, uno con i sindacati di comodo, a cui i confederali si sono sottratti affermando giustamente che volevano fare lo sciopero e poi casomai andare a questo incontro con gli altri sindacati che non partecipavano allo sciopero.
Nello stesso tempo Stellantis era convocata dalle commissioni parlamentari alla Camera per esporre i suoi piani. I padroni su questo sono stati chiari. Quello di un milione di auto è un discorso puramente propagandistico, sostanzialmente Tavares ha detto di trovargli un milione di clienti e allora si avranno un milione di auto. E i clienti, dice sempre Tavares, si butteranno a comprare le macchine nuove, elettriche, nel quadro della transizione in atto nel sistema mondiale nel settore auto, se costeranno quanto le macchine che attualmente hanno.
E quindi se si deve parlare di ruolo dello Stato, di ciò che lo Stato può fare per loro, è quello di distogliere i fondi statali per incentivi che possano permettere di acquistare queste auto. Con estrema demagogia, Tavares dice, che questi non sono soldi dati all'azienda, sono soldi dati ai cittadini, agli utenti; quindi non è che i governi e gli Stati stanno facendo un favore all'azienda ma lo stanno facendo ai cittadini che così potranno accedere all'acquisto delle auto elettriche perché altrimenti non le compreranno.
Nella crisi che già attraversa l'intero mercato, gli indici sono in caduta libera in generale verso tutti i modelli, ancor più per i modelli che costituiscono la produzione di massa.
Ma Stellantis “nasconde” il dato di fatto che tutto questo significa grandi profitti per l'azienda, i cui manager devono avere grandi stipendi, compreso lo stipendio stesso di Tavares.
Tavares sa che il suo mega stipendio è legato alla capacità di fare profitti, attraverso la creazione di una situazione in cui le auto possano essere acquistate in massa per effetto degli incentivi.
Nello stesso tempo altri produttori dicono in altre sedi che questa idea di trasformare tutta la produzione in produzione elettrica entro il termine fissato dalla Comunità europea è illusoria, perché non ci sono le condizioni perché questa produzione sia poi, nel sistema capitalistico e imperialistico in cui viviamo, fonte di profitti adeguati alle grandi multinazionali che si disputano il mercato.
Ora come ora, pertanto, tutte le industrie in questo momento parlano di ibrido, nel senso che siccome ancora le auto elettriche non si possono fare, si faranno delle auto a metà strada tra l'elettrico e quelle a benzina, che comunque hanno costi già adesso superiori alla normale produzione di massa.
In questo senso gli strilli che vengono fatti in Parlamento dai partiti che dicono: “ci chiedono sempre soldi, i soldi glieli diamo e poi la situazione peggiora”, altro non sono che il manifestarsi chiaro di come funziona il sistema capitalistico e di come funzionano i rapporti tra Stato e sistema capitalistico, tra governi e sistema capitalistico.
Stellantis non può dare alcuna garanzia che ciò che vuole fare possa farlo in condizioni di profittabilità, e, di conseguenza, dice a tutti: “mettetemi in condizione affinché io possa fare quello che poi prometto”.
Quindi non ci sono il milione di auto, la diversificazione dei modelli assegnati ai diversi stabilimenti che possano in qualche maniera saturare temporaneamente i posti di lavoro; in una prospettiva che comunque con l'elettrico l'ipotesi è di netta riduzione dell'occupazione su scala mondiale e nazionale, secondo la diversa forza e il diverso peso che le produzioni hanno nei diversi paesi capitalisti e imperialisti in generale.
Oggi ti devi accontentare di una cassa integrazione permanente, di una situazione di riduzione incentivata dell'occupazione e di una situazione di massima flessibilità dei lavoratori, chiamati quando c'è bisogno e lasciati a casa quando non c'è bisogno e in più con ritmi, condizioni di lavoro sempre peggiori, mentre in tutto l'universo che circonda i grandi stabilimenti dell'indotto vi sono licenziamenti, chiusure, mancate prospettive.
In questo quadro gli unici che non hanno voce sono gli operai e i lavoratori concreti che subiscono gli effetti della crisi e delle politiche dei padroni, e che non hanno alcun beneficio dalle cosiddette politiche del governo.
Chiaramente stiamo parlando della produzione, perché l'altro lato che viene nascosto è la finanziarizzazione della produzione. I padroni veri, che non siano il Tavares di turno, spostano capitali nei settori della finanza, nei settori della guerra. E quindi su quei settori puntano a fare dei profitti certi. Il settore auto all'interno di questa trasformazione generale del sistema produttivo, in un contesto che è anche di guerra, è secondario per la realizzazione dei grandi profitti. Secondario naturalmente non vuol dire che non traggono dalla produzione il massimo profitto possibile, ma che legano questo profitto alle condizioni in cui loro non vogliono metterci una lira e investire in finanza e in armamenti. Elkann, in questo caso, è una figura tipica di questo tipo di scelta dei grandi padroni.
In questo contesto di contesa mondiale, l'altro elemento importante sono le fusioni e l'accorpamento delle produzioni. La Stellantis lo ha fatto e già si parla di nuove produzioni.
Lo sciopero è per mettere in campo i lavoratori perché i lavoratori di tutti gli stabilimenti e dell'indotto si riconoscano come parte di una stessa vertenza, di una stessa condizione. Finora, anche per l'azione dei sindacati confederali, ogni stabilimento, ogni vertenza è stato presa a sé: la vertenza Melfi, la vertenza Mirafiori, la vertenza Atessa, la vertenza Cassino, e così via. Questa situazione ha fatto sì che i lavoratori si sono mossi frammentati, con giuste rivendicazioni ma come “gattini ciechi” nei confronti dei padroni e i padroni hanno potuto evitare il conflitto vero con i lavoratori, almeno del genere di quello che c'è stato in occasione dei grandi scioperi dell'auto negli Stati Uniti.
Questo sciopero generale mette invece insieme tutti gli stabilimenti e tutti i lavoratori, come rappresentanze chiaramente. Non basta lamentarsi, in ogni stabilimento ci si lamenta, nè basta che in ogni stabilimento vi siano degli operai attivi, che è bene che ci siano e che siano impegnati su una linea, uno sforzo di dare una linea alternativa ai lavoratori, occorre che questo diventi una forza materiale che metta in discussione i piani produttivi dell'azienda all'interno dei singoli stabilimenti e in generale.
Per questo non basta che questa realtà di operai non partecipa agli scioperi dei sindacati confederali, rifiutando la “solita passeggiata a Roma”. “La fate facile, compagni, questo è dire una banalità. Ma dove sono gli scioperi alternativi, dove sono le piattaforme operaie alternative?”
Noi dobbiamo rapportarci a questa situazione. Senza l'attivizzazione autonoma dei lavoratori e una Piattaforma operaia, che attualmente non c'è, né è posta all'ordine del giorno all'interno degli stabilimenti e in generale, non è possibile costruire un movimento alternativo. E qui non è un problema di numeri, ma di capacità di bloccare la produzione, di far emergere la vertenza nello scontro con padroni, Stato e governo. Non c'è altra forma con cui gli operai possano in qualche maniera rappresentare i loro interessi di classe a fronte di padroni e governo.
Questo sciopero, quindi, rappresenta la necessità oggettiva dei lavoratori di ritrovarsi a contrastare i piani di Tavares e nello stesso tempo la necessità oggettiva di trovarsi come diversi stabilimenti, di incontrarsi tra di loro, la necessità oggettiva dell'intero apparato di strutture. che comunque organizza i lavoratori, di misurarsi effettivamente col conflitto e non con la trattativa permanente, con l'eterno ciclo di richieste di incontri al governo.
Il Min. Urso ha dato l'ultima assicurazione del governo: “La Camera ha approvato la mozione di maggioranza e parti di quelle presentate dalle opposizioni sul rilancio degli stabilimenti italiani di Stellantis. Intervenendo in Aula, il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso ha proposto alle opposizioni di convergere sull’invito a Stellantis a concludere il tavolo sui livelli produttivi e occupazionali entro dicembre del 2024 con una seduta conclusiva a Palazzo Chigi, in cui l’azienda si impegni formalmente a presentare un piano industriale focalizzato alla produzione in Italia” (dal sole24Ore del 17/10).
Diciamo ai sindacati e ai lavoratori in sciopero - che dovrebbero essere i primi a dirlo - evitate che il risultato di questo sciopero di oggi sia esattamente quello che il governo ha già deciso, impegni che ha già assunto ma che sappiamo bene sono in continuità con quello che avviene adesso e che ogni lavoratore e ogni stabilimento sta verificando sulla propria pelle.
Allora diciamo che se entro l'anno tutto questo non si tradurrà in difesa dei posti di lavoro, difesa dei salari, difesa delle condizioni di lavoro e occupazione per tutti i lavoratori dell'industria, degli stabilimenti centrali, dell'appalto e della componentistica, allora bisogna organizzare la rivolta dei lavoratori contro padroni e governo.
Lo sciopero del 18 ottobre, che facesse emergere non tanto questa parola d'ordine, ma questa necessità, sarebbe un fatto positivo, ed è il fatto positivo su cui gli operai d'avanguardia e tutti i lavoratori e le organizzazioni sindacali che non si ritrovano nei piani di padroni e governo possono lavorare da qui a fine anno, e soprattutto con l'inizio del nuovo anno quando l'aria fritta venduta da Urso e Tavares mostrerà quello che è realmente.
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Lo sciopero dei lavoratori della logistica organizzato dal Si.Cobas ha avuto invece al centro l'opposizione ai decreti sicurezza ed è stato sicuramente il primo segnale netto e chiaro che viene dai lavoratori.
Sappiamo tutti che esiste un'opposizione di vario genere ai decreti sicurezza in approvazione al Parlamento, esiste una Rete che ha raccolto diverse forze sociali e politiche di base, dei movimenti reali che stanno opponendosi al decreto sicurezza, così come ci sono altre forze che, un po’ per non farsi rubare lo spazio, stanno cercando di fare un altro comitato di cui non si capisce la vera ragione visto che la piattaforma, i contenuti della Rete “Liberi/e di lottare” era sufficientemente accogliente perché si potesse fare un fronte unito effettivo di tutte le forze che si oppongono ai decreti sicurezza.
Ma qui lo sciopero della logistica è motivato dal fatto che il governo, attraverso la voce di Piantedosi, ha detto chiaramente che uno dei punti di questo decreto è volto esplicitamente a bloccare gli scioperi della logistica, gli scioperi coi picchetti, gli scioperi che mettono in crisi effettivamente la produzione, gli scioperi che impongono inevitabili blocchi non solo dei cancelli ma spesso delle strade prospicienti agli stabilimenti. Si sa bene che tutti i padroni della logistica, padroni, semi-padroni, cooperative, padroncini, rispetto a questi scioperi che li danneggiano e li colpiscono seriamente - come è giusto che sia per uno sciopero - hanno reagito in tutte le forme, comprese la violenza e le aggressioni - e non stiamo a raccontare il numero di aggressioni che i lavoratori in lotta della logistica hanno dovuto subire, compreso la morte di un loro rappresentante.
È chiaro quindi che con il decreto sicurezza si vogliono impedire questi scioperi e colpire i lavoratori che li fanno, violando il diritto di sciopero, violando i diritti costituzionali che li tutelano; ma è altrettanto chiaro che i primi a rispondere a questo tipo di attacco siano gli operai più colpiti, che difendono la loro libertà di lottare e la difendono per tutti i lavoratori che vogliono lottare seriamente - cosa che non avviene in altri settori importanti, comprese le stesse fabbriche.
Quindi questo sciopero è la giusta risposta, si risponde ai divieti scioperando, si risponde a chi vuole impedire picchetti e blocchi, facendoli, sapendo che c’è una situazione difficile, ma che dimostra effettivamente che gli operai non ci stanno ad essere colpiti in questa maniera da un governo che proprio con questi decreti dimostra apertamente la sua natura di fascismo, di violazione di diritti e libertà dei lavoratori.
I lavoratori mettendoci la faccia col loro sciopero danno un segnale a tutti i lavoratori e danno un segnale anche a tutto l'universo democratico di opposizione politica e sociale che rispetto a questi decreti occorre una battaglia campale.
L'unico problema che poniamo noi, ma lo poniamo ai lavoratori come compagni di lotta, è quello che nel contesto attuale una giusta analisi del decreto non può non arrivare a una giusta analisi della natura di questo governo. La natura di questo governo è quella che noi chiamiamo moderno fascista e che in questi decreti mostra tutta la sua faccia. I governi moderno fascisti non fanno passi indietro rispetto anche alle lotte, anzi, considerano le lotte un “complotto” che conferma che sono necessarie proprio queste misure repressive perché altrimenti, vedete i lavoratori cosa fanno?
Quindi è evidente che le esperienze di lotta in corso e il movimento reale in corso contro i decreti sicurezza debba porsi l'obiettivo di rovesciare il governo.
Quando si parla di rovesciare il governo occorre prendere in considerazione un percorso e forme di lotta, di organizzazione e forme di ipotesi di alternativa che richiedono una discussione reale tra i lavoratori e tra tutte le forze che sono su questo terreno.
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