martedì 7 novembre 2023

pc 7 novembre - Con la Palestina, sotto attacco genocida di Israele, la solidarietà che popoli e lavoratori stanno mettendo in campo - Da Controinformazione rossoperaia del 6/11


Dobbiamo continuare a denunciare e a mettere in campo azioni solidali con il popolo palestinese su cui ogni giorno che passa si scatena sempre più la ferocia criminale dello Stato occupante, terrorista, nazisionista, israeliano, su Gaza in particolare, ma anche nei Territori occupati, in Cisgiordania.

Con una lunga scia di sangue lo Stato terrorista di Israele continua a bombardare quartieri dove vive la popolazione civile, colpisce ospedali, scuole, ambulanze, depositi di acqua - a Tal al Zaatar, nel nord di Gaza il contenuto del serbatoio rotto si è riversato nelle strade. E questo avviene mentre i palestinesi di Gaza stanno affrontando una terribile carenza di acqua dolce -, mentre avvengono decine di uccisioni, pestaggi nella West Bank da parte di coloni impuniti.

I lavoratori palestinesi che si trovano in Israele sono stati prelevati sul posto di lavoro e spediti con forza nella Striscia di Gaza. Molti di questi sono stati "sottoposti a tortura elettrica, picchiati e detenuti. Le forze israeliane gli hanno scatenato addosso i cani”.

E’ salito a 9.488 il bilancio delle vittime a Gaza da quando Israele ha iniziato a colpire la Striscia, come rappresaglia agli attacchi del 7 ottobre compiuti da Hamas. Dei morti 3.900 sono bambini e 2.509 donne.

Ma il popolo palestinese non è solo. Le masse popolari in tutto il mondo da settimane stanno manifestando a loro fianco, lottando anche contro i propri governi che sostengono il governo razzista, nazista, criminale, di Netanyahu. Operai in diversi paesi cominciano a scendere in campo per la Palestina, dal Canada alla Gran Bretagna. I sindacati belgi dei lavoratori aeroportuali si sono fermati bloccando il transito d'armi Usa verso Israele.

Anche in Italia la mobilitazione per la Palestina non si ferma, da Milano a Palermo, a Torino, ecc.

Sabato ci sono stati cortei e manifestazioni in oltre 40 città italiane, con decine di migliaia di presenze; sono state occupate università e sedi UE. Le manifestazioni più importanti e numerose, sono state a Milano e Roma.

A MILANO oltre 10.000 al fianco del popolo di Palestina, mentre è stato un flop la provocazione di Salvini: solo quattro gatti nella manifestazione dal titolo “in difesa dell’Occidente”, amplificati dai media, messi sullo stesso piano di chi esprime la solidarietà al popolo palestinese. 4 gatti ad ascoltare uno che con la solita faccia come il c…, lui che sta con i fascisti, ed è fascista, razzista come chi governa Israele, da del “fascista” a chi manifesta contro Israele.

Scrivono i compagni di proletari comunisti presenti al corteo a Milano.

A fronte di schifosa campagna di criminalizzazione di media, questura, governo, anche questo sabato una marea di palestinesi, comunità arabe, centri sociali, lavoratori, organizzazioni solidali e politiche, sono scese in piazza al grido di "Stop genocide a Gaza" - "Israele fascista, stato terrorista" - "Free Palestine"; ed è risuonata forte dal camion la denuncia della complicità del governo Meloni nel genocidio che sta avvenendo in questi giorni, in queste ore, contro il popolo palestinese.

Una manifestazione con una presenza asfissiante di Digos che filmava e registrava, alla ricerca di ipotetici slogan "terroristici", quando proprio dal corteo si alzava forte il grido "le mani di Netanyahu di Biden della Meloni, siete sporche del sangue dei bambini, delle donne, dei civili di Gaza". Una manifestazione che si è ingrossata lungo il percorso e che ha ricevuto la solidarietà anche dai balconi del centro, che ha denunciato vicino la sede di Assolombarda il sostegno militare del governo italiano”.

Almeno la metà del corteoriporta nella cronaca Radio Onda d'urto - è composta dalla comunità e dalle associazioni palestinesi. Grande partecipazione anche da parte delle altre comunità originarie di paesi arabi, da parte di giovani di seconda e terza generazione migrante, ma sono presenti anche tutti i centri sociali milanesi e diversi partiti e associazioni della sinistra”.

E poi il fuoco davanti a Confindustria: “Vi boicotteremo”, “industrie italiane complici del genocidio”, “Boicotteremo le industrie italiane che producono e vendono armi a Israele", "non vi lasceremo in pace: state aiutando Israele a commettere un genocidio“.

A ROMA, dal quartiere Esquilino è partito il corteo per arrivare in piazza S. Giovanni. In 10 mila anche a Roma hanno scandito slogan contro Meloni e Israele, contro “la complicità del governo nella guerra di sterminio a Gaza”. Diversi gli striscioni: . "Fuori l'Italia dalla guerra", "No alla guerra e alle spese militari". "Fuori dalla Nato", "Palestina libera" e "Nato, Ue, sionisti: cacciamoli via”.

E’ stato esposto uno striscione con i volti di Meloni, Biden, Netanyahu, del segretario generale della Nato Jens Stoltemberg e di Ursula Von der Leyen. Vicino ai volti compariva la richiesta di "una nuova Norimberga per i crimini dell'Occidente in Palestina".

Il governo Meloni e il Parlamento nero volevano il 4 novembre come festa nazionale, anche da contrapporre e sostituire quella del 25 Aprile, per celebrare l’ideologia della Patria, l’ideologia del nazionalismo, del militarismo, della guerra al servizio dei padroni capitalisti/imperialisti, si è invece levata alta e forte la bandiera dell’internazionalismo, della solidarietà alla Resistenza del popolo palestinese che ha seppellito la retorica fascio-imperialista.

Segnaliamo e appoggiamo nel nostro paese le lotte dei lavoratori in solidarietà con i lavoratori e il popolo palestinese, perché altri lavoratori comincino a fare sentire la propria voce e si schierino contro i massacri dei nazisionisti israeliani, contro l’imperialismo che li sostiene, contro il nostro governo che li appoggia. 10/100/1000 azioni dirette per sostenere il popolo palestinese e la sua Resistenza!

Governi complici dei massacri, fermiamo la lobby delle armi”: è l’appello dei portuali di Genova per bloccare gli armamenti diretti in Israele

L’appello è a bloccare il varco di San Benigno, a Genova, all’alba di venerdì 10 novembre. E' solo l’ennesimo atto di una lotta, quella contro il transito di armamenti dal porto, che il Collettivo autonomo dei lavoratori portuali porta avanti da oltre cinque anni: “La catena logistica è necessaria ad alimentare i conflitti rifornendoli di armamenti e non vogliamo fare parte di questo ingranaggio”. “La compagnia marittima Zim ha messo a disposizione la sua flotta per portare armi verso Israele, sappiamo che in questi giorni transiteranno di qua, mentre in banchina ci sono già armamenti destinati all’Arabia Saudita, pronti a essere imbarcati sui cargo della compagnia Bahri”. “Quello a Gaza non è certo l’unico conflitto in Medio Oriente, ma indubbiamente è il più feroce e sanguinario. Noi siamo sempre dalla parte delle popolazioni oppresse e dei civili che restano vittime di chi per motivi economici sostiene l’industria delle armi e alimenta guerre sempre più pericolose”.

Il porto di Genova continua a caratterizzarsi come snodo per la logistica di guerra – si legge nel volantino diffuso dall’Assemblea contro guerra e repressione, che insieme al Calp ha lanciato l’iniziativa – quanto sta accadendo a Gaza lo rende evidente, chi governa le nostre società ci sta portando sull’orlo della Terza Guerra mondiale, e le conseguenze indirette sono già arrivate”.

Il timore di chi organizza il presidio non è solo l’allargamento del conflitto nelle regioni vicine, ma i tagli al sociale necessari per implementare le spese belliche e l’aumento del costo delle materie prime; e questo a causa della scelta dei “governi occidentali” di “continuare a supportare e armare” le parti coinvolte, mentre una certa omologazione dei media scredita chi propone soluzioni diplomatiche e nonviolente, arrivando a sostenere la repressione delle proteste antimilitariste. Il riferimento particolare è al divieto, in Francia e Germania, di manifestazioni che “chiedono di fermare il massacro in Palestina” con la motivazione di possibili atti di “apologia di terrorismo”.

Nel frattempo, agli operai che lavorano al Genoa Metal Terminal, la società Steinweg avrebbe dato indicazioni in chiave “antiterroristica”. Il terminal è ritenuto “obiettivo sensibile per atti di terrorismo” dal momento che lì, da anni, approdano le navi della flotta saudita Bahri, con i loro carichi d’armamenti destinati al Medio Oriente. “La guerra è fatta anche di chi ci lucra sopra – scrivono in uno dei comunicati che lancia il presidio di protesta previsto per venerdì mattina – I porti si confermano uno snodo fondamentale per la logistica di guerra” e per questo, chi intende “mettere della sabbia negli ingranaggi della macchina bellica” si dà appuntamento ai varchi portuali.

Ma su questo campo, c’è l’aperto coinvolgimento del governo italiano che tutto questo rende lecito! Se esportare e consentire il transito di armamenti verso zone di guerra è vietato dalla legge 185 del 1990 e dal trattato internazionale sulle armi convenzionali, secondo il Weapon Watch “molti grandi gruppi stranieri, in particolare americani, hanno aperto filiali in Italia che a loro volta esportano materiale militare verso destinazioni terze, in maniera quanto meno opaca e difficilmente tracciabile”.

Siamo con i compagni del Calp di Genova, supportiamo e sosteniamo queste iniziative e creiamole anche negli altri posti di lavoro.

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