ORA E SEMPRE RESISTENZA!
Alle 10.12 del 28 Maggio del 1974 in piazza della Loggia, a Brescia, esplode una bomba uccidendo in totale 8 persone e ferendone più di 100.
Si tratta di militanti politici appartenenti a diverse strutture organizzate dell'epoca (dai sindacati confederali ai gruppi extraparlamentari) scesi in piazza, quella mattina, con diversi cortei, tutti confluiti nella piazza principale della città per il comizio organizzato dai sindacati confederali e dal Comitato Antifascista.
La manifestazione era stata indetta per rispondere in maniera decisa al clima di paura provocato da diversi attentati e violenze fasciste avvenute in città e davanti alle scuole; l’episodio più noto in assoluto avviene pochissimi giorni prima della Strage, nella notte tra il 18 ed il 19 Maggio, e riguarda il neofascista Silvio Ferrari di Ordine Nuovo, il quale salta in aria in piazza Mercato, in pieno centro, insieme alla sua Vespa, mentre trasporta un ordigno.
In piazza della Loggia, quando esplode la bomba, è immediatamente chiaro a tutti che l’esecutore non possa che essere la manovalanza fascista. A molti è chiaro anche il mandante. E per coloro ai quali il mandante non fosse chiaro arriva un suggerimento da parte del vice-questore di Brescia: dopo il boato, il panico, il fuggi-fuggi disordinato, l’evacuazione dell’intera piazza questi compie un gesto eloquente ordinando ai pompieri di pulire detriti e sangue dal selciato distruggendo così la possibilità di raccogliere reperti importanti per le indagini e per i riscontri probatori.
Il mandante è lo stesso della Strage di piazza Fontana a Milano (12 Dicembre 1969). Il mandante è lo Stato italiano governato dalla Democrazia Cristiana. Quella di piazza della Loggia è una strage fascista e di Stato.
A dimostrazione di ciò, non solo la distruzione immediata di parte delle prove col lavaggio della piazza da parte di una “istituzione democratica”, ma decenni di depistaggi, false testimonianze, fughe di indagati e smarrimenti di prove; oltre alla responsabilità dell'allora capitano dei carabinieri Delfino (che condusse poi una brillante carriera diventando generale) e di alcuni neofascisti risultati a libro paga dei servizi segreti italiani e statunitensi. Quarant’anni di processi che ancora, nonostante la Cassazione abbia recentemente disposto di “ripartire dal via”, non sono giunti ad individuare nettamente dei responsabili.
In un periodo storico caratterizzato da una forte messa in discussione del sistema politico ed economico dominante da parte dei movimenti antagonisti di studenti e operai, la Strage di Brescia, insieme a quelle di Milano, di Bologna (1980), del treno Italicus (1974) e molto altro, fu parte della risposta dello Stato, realizzata dai suoi Servizi Segreti e dai suoi servi neofascisti: la cosiddetta “Strategia della tensione”. Bombe, attentati, aggressioni avevano un fine: seminare terrore e panico per stabilizzare e legittimare un potere e un ordine forte ed autoritario.
Non a caso, oggi più che mai, il discorso costruito nel tempo dalle Istituzioni promotrici del calendario delle commemorazioni ufficiali tende ad eliminare il carattere conflittuale di questi avvenimenti storici.
Gli interventi che negli anni si sono susseguiti dai palchi dei vari incontri sul tema e della commemorazione in piazza ci hanno rappresentato un'ipocrita memoria condivisa, fatta di riconciliazione e di pacificazione, sostenendo che “i morti sono tutti uguali” e che di fronte a queste tragedie non possono esistere divisioni. Questa lettura è, invero, in continuità con la stessa strategia della tensione. Questa narrazione genera mistificazione e confusione sul piano storico-culturale, gettando nell'unico calderone del terrorismo e delle sue vittime fenomeni sociali radicalmente differenti come il terrorismo fascista, lo stragismo di stato e la lotta armata di sinistra. Una costruzione che ha trasformato le commemorazioni in liturgie, in una ritualità passiva utile a riprodurre immaginari e comportamenti compatibili. Compatibili con l'esistente governato da chi come Renzi, tra Jobsact e non-Piano casa, mentre smantella servizi e diritti sociali finge di restituire dignità alla memoria storica rendendo pubblici documenti di archivio che, in realtà, erano già accessibili alla magistratura.
Ma, come ogni anno, anche nel quarantesimo anniversario della Strage, ci sarà la Piazza di chi crede nel valore attivo e sovversivo della memoria; di chi oggi crea territori resistenti, di chi lotta per una sola grande opera: casa – reddito – salute - dignità per tutte e tutti.
QUARANT'ANNI DOPO: NELLA MEMORIA L'ESEMPIO, NELLA LOTTA LA PRATICA.
NESSUNA MEMORIA CONDIVISA E NESSUNA RICORRENZA.
MERCOLEDI' 28 MAGGIO 2014
h 9.00 PIAZZA GARIBALDI – CORTEO ANTIFASCISTA, ANTAGONISTA E DELLE REALTA' DI MOVIMENTO
A Giulietta, Livia, Euplo, Luigi, Bartolomeo, Alberto, Clementina, Vittorio
CSA MAGAZZINO 47
KOLLETTIVO STUDENTI IN LOTTA
Alle 10.12 del 28 Maggio del 1974 in piazza della Loggia, a Brescia, esplode una bomba uccidendo in totale 8 persone e ferendone più di 100.
Si tratta di militanti politici appartenenti a diverse strutture organizzate dell'epoca (dai sindacati confederali ai gruppi extraparlamentari) scesi in piazza, quella mattina, con diversi cortei, tutti confluiti nella piazza principale della città per il comizio organizzato dai sindacati confederali e dal Comitato Antifascista.
La manifestazione era stata indetta per rispondere in maniera decisa al clima di paura provocato da diversi attentati e violenze fasciste avvenute in città e davanti alle scuole; l’episodio più noto in assoluto avviene pochissimi giorni prima della Strage, nella notte tra il 18 ed il 19 Maggio, e riguarda il neofascista Silvio Ferrari di Ordine Nuovo, il quale salta in aria in piazza Mercato, in pieno centro, insieme alla sua Vespa, mentre trasporta un ordigno.
In piazza della Loggia, quando esplode la bomba, è immediatamente chiaro a tutti che l’esecutore non possa che essere la manovalanza fascista. A molti è chiaro anche il mandante. E per coloro ai quali il mandante non fosse chiaro arriva un suggerimento da parte del vice-questore di Brescia: dopo il boato, il panico, il fuggi-fuggi disordinato, l’evacuazione dell’intera piazza questi compie un gesto eloquente ordinando ai pompieri di pulire detriti e sangue dal selciato distruggendo così la possibilità di raccogliere reperti importanti per le indagini e per i riscontri probatori.
Il mandante è lo stesso della Strage di piazza Fontana a Milano (12 Dicembre 1969). Il mandante è lo Stato italiano governato dalla Democrazia Cristiana. Quella di piazza della Loggia è una strage fascista e di Stato.
A dimostrazione di ciò, non solo la distruzione immediata di parte delle prove col lavaggio della piazza da parte di una “istituzione democratica”, ma decenni di depistaggi, false testimonianze, fughe di indagati e smarrimenti di prove; oltre alla responsabilità dell'allora capitano dei carabinieri Delfino (che condusse poi una brillante carriera diventando generale) e di alcuni neofascisti risultati a libro paga dei servizi segreti italiani e statunitensi. Quarant’anni di processi che ancora, nonostante la Cassazione abbia recentemente disposto di “ripartire dal via”, non sono giunti ad individuare nettamente dei responsabili.
In un periodo storico caratterizzato da una forte messa in discussione del sistema politico ed economico dominante da parte dei movimenti antagonisti di studenti e operai, la Strage di Brescia, insieme a quelle di Milano, di Bologna (1980), del treno Italicus (1974) e molto altro, fu parte della risposta dello Stato, realizzata dai suoi Servizi Segreti e dai suoi servi neofascisti: la cosiddetta “Strategia della tensione”. Bombe, attentati, aggressioni avevano un fine: seminare terrore e panico per stabilizzare e legittimare un potere e un ordine forte ed autoritario.
Non a caso, oggi più che mai, il discorso costruito nel tempo dalle Istituzioni promotrici del calendario delle commemorazioni ufficiali tende ad eliminare il carattere conflittuale di questi avvenimenti storici.
Gli interventi che negli anni si sono susseguiti dai palchi dei vari incontri sul tema e della commemorazione in piazza ci hanno rappresentato un'ipocrita memoria condivisa, fatta di riconciliazione e di pacificazione, sostenendo che “i morti sono tutti uguali” e che di fronte a queste tragedie non possono esistere divisioni. Questa lettura è, invero, in continuità con la stessa strategia della tensione. Questa narrazione genera mistificazione e confusione sul piano storico-culturale, gettando nell'unico calderone del terrorismo e delle sue vittime fenomeni sociali radicalmente differenti come il terrorismo fascista, lo stragismo di stato e la lotta armata di sinistra. Una costruzione che ha trasformato le commemorazioni in liturgie, in una ritualità passiva utile a riprodurre immaginari e comportamenti compatibili. Compatibili con l'esistente governato da chi come Renzi, tra Jobsact e non-Piano casa, mentre smantella servizi e diritti sociali finge di restituire dignità alla memoria storica rendendo pubblici documenti di archivio che, in realtà, erano già accessibili alla magistratura.
Ma, come ogni anno, anche nel quarantesimo anniversario della Strage, ci sarà la Piazza di chi crede nel valore attivo e sovversivo della memoria; di chi oggi crea territori resistenti, di chi lotta per una sola grande opera: casa – reddito – salute - dignità per tutte e tutti.
QUARANT'ANNI DOPO: NELLA MEMORIA L'ESEMPIO, NELLA LOTTA LA PRATICA.
NESSUNA MEMORIA CONDIVISA E NESSUNA RICORRENZA.
MERCOLEDI' 28 MAGGIO 2014
h 9.00 PIAZZA GARIBALDI – CORTEO ANTIFASCISTA, ANTAGONISTA E DELLE REALTA' DI MOVIMENTO
A Giulietta, Livia, Euplo, Luigi, Bartolomeo, Alberto, Clementina, Vittorio
CSA MAGAZZINO 47
KOLLETTIVO STUDENTI IN LOTTA
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