martedì 12 marzo 2024

pc 12 marzo - NO al piano di riarmo dell'Europa imperialista che è economia di guerra scaricata sui lavoratori e le masse e grandi profitti per i padroni delle armi

 da Controinformazione rossoperaia del 12/03


Non è certo la pace all’ordine del giorno ma è la politica dell’aumento delle spese militari. In questi giorni i giornali riportano notizie di nuovi finanziamenti per l’autonomia strategica dell’imperialismo europeo che si traduce in altri passaggi, in altri piani di guerra da parte dei governi imperialisti d’Europa che non servono altro che ad alimentare l’incendio dello scontro militare in corso contro la Russia in particolare.

I governi e le stesse istituzioni europee parlano di Difesa comune ma l’unità di intenti che raggiungono i vari paesi imperialisti è solo transitoria perché diversi e contrastanti sono gli interessi dei singoli paesi imperialisti europei, Francia, Germania e Italia soprattutto, alla base della spartizione del mondo.

Ora, anche per l’avvicinarsi delle elezioni europee e la campagna elettorale negli USA, la questione della corsa agli armamenti ritorna ad essere agitata con più forza dai capi politici dei partiti europei e dai padroni delle armi che, in questi giorni, hanno presentato le nuove linee guida della strategia per l’industria della difesa attraverso la Commissione Europea.

La guerra in Ucraina richiede un continuo flusso di armi da parte degli imperialisti e Zelenskj lo ripete

ad ogni sua visita, un continuo bisogno di armi e munizioni per fronteggiare il potenziale bellico russo che è in crescita per quello che riguarda i munizionamenti, come riportano i giornali dei padroni, e per i paesi imperialisti europei il problema non è quello di attivarsi per la pace ma continuare ad alimentare venti di guerra, creare tutte la premesse per una nuova carneficina in Europa, come dice esplicitamente la stessa von der Leyen: “l’Europa si prepari alla guerra nei prossimi cinque anni perché, è improbabile, ma non impossibile”.

La corsa al riarmo per la Difesa europea, l’economia di guerra dietro la quale si nascondono gli enormi profitti delle industrie delle armi, benedetti dalle loro Borse d’affari, sono temi della campagna elettorale sicuramente, anche se le risorse finanziarie che l’Europa mette in questo caso a disposizione per le industrie delle armi è irrisoria ma il senso comunque è quello di dare una indicazione per fare pesare nel dibattito politico i profitti delle industrie delle armi, perché a loro certamente conviene questa guerra infinita.

Di recente c’è stato Macron, il suo governo è rappresentante di uno Stato membro del Consiglio di sicurezza dell’ONU e potenza nucleare e coloniale, che ha fatto la proposta di un dispiegamento di truppe NATO in Ucraina e ha poi proseguito Scholz rappresentante di un governo che ha aumentato le spese militari del suo paese superando il tetto del 2% (per la precisione il 2,1%) delle spese militari rispetto al Prodotto Interno Lordo (PIL), obiettivo quest’ultimo fissato in ambito NATO per accrescere la potenza militare dell’Alleanza atlantica, rappresentante di un governo che, assieme a Regno Unito e Francia – a cui da il suo contributo diretto ed indiretto anche l’Italia del governo Meloni - , è presente sul campo in Ucraina non solo con mercenari ma anche con ufficiali professionisti per combattere ed addestrare ad usare armi a lungo raggio che tornano utili nel rivolgerli contro la Russia, alimentando così l’escalation bellica.

Inoltre droni, aerei-radar e da guerra elettronica di diverse forze aeree alleate volano spesso appena fuori dallo spazio aereo ucraino per aiutare le forze di Kiev a colpire obiettivi in Crimea e Russia evitando coinvolgimenti ufficiali nel conflitto.

Londra ha stanziato altri 2,5 miliardi per l’aiuto militare all’Ucraina nel 2024 (dopo 2,3 miliardi sia nel 2022 che nel 2023), Berlino promette 8 miliardi solo quest’anno (ha appena inaugurato una nuova fabbrica di munizioni in Bassa Sassonia), la Francia fornisce cannoni, sistema di difesa aerea, missili e addestra piloti.

Un flusso enorme di denaro scorre in aiuto al fantoccio della NATO e al suo governo di nazisti, agli oligarchi al potere in Ucraina e di recente la Ue ha approvato a gennaio 50 miliardi su 4 anni di aiuti economici (la Banca Mondiale ha calcolato che l’Ucraina avrà bisogno di 450 miliardi di euro per la ricostruzione). Profitti su profitti.

Ma non solo aiuti economici, come si sa, le armi sono una costante.

Nel recente report della Rete Europea contro il Commercio di Armi, Enaat, From war Lobby to war economy, nel quale sono stati ricostruiti 536 incontri tra i rappresentanti delle principali aziende del settore europeo e membri della Commissione tra il 2014 e il 2023 e 175 meeting con eurodeputati tra il 2019 e il 2023. “Le pressioni della lobby dell’industria militare anche sulla Commissione Ue sono continue e rilevanti”.

La Difesa europea è l' appello della Commissione rivolto ai padroni delle armi in Europa per aumentare la produzione e ai governi per aumentare la spesa militare.

La Commissione europea prevede di «mobilitare 1,5 miliardi del bilancio Ue per il periodo 2025-26 per continuare a migliorare la competitività» dell’industria e della tecnologia di difesa. Di per sé è una cifra irrisoria, viene calcolato che con 1,5 miliardi l’Ue potrebbe finanziare l’acquisto di appena 58 carri Leopard 2. Ma, spiega Borrell, «il fondo è un incentivo per investire, non per sostituirsi agli Stati».

Un progetto, secondo il commissario per il Mercato Interno e i Servizi, Breton, che necessita inizialmente di 100 miliardi (in eurobond) per arrivare a una svolta. Ma di quei soldi, nel nuovo piano dell’Ue, non vi è traccia.

Le armi potrebbero essere acquistate da un consorzio di paesi europei patrocinato dalla Commissione con lo stesso modello che fu adottato per i vaccini anti-Covid e, specialmente per le munizioni che sono il capitolo più urgente delle forniture a Kiev, si potrebbero utilizzare i fondi degli oligarchi russi congelati dalle sanzioni dopo l’inizio dell’aggressione all’Ucraina. Per il resto, alle maggiori spese per gli acquisti di materiale bellico si dovrebbe far fronte nello stesso modo in cui si è dato vita al Next Generation EU e ai Pnrr: la creazione di debito europeo. Quindi una nuova spinta bellica scaricata sulle masse, sui lavoratori.

Borrell ricorda che «l’industria della difesa europea ha già aumentato del 50% le sue capacità», ma «bisogna andare oltre». «Nel 2022 – aggiunge l’Alto rappresentate – gli investimenti nella difesa sono stati 58 miliardi di euro divisi tra i Ventisette. Negli Usa il Pentagono ha chiesto investimenti per 215 miliardi di euro».

Oggi, il 78% delle acquisizioni europee nel settore della difesa provengono da paesi esterni all’Unione Europea. L’EDIS (strategia europea per il settore industriale della difesa) mira a incentivare gli europei a lavorare in modo cooperativo e a investire congiuntamente nelle capacità costruite in Europa. Invita gli Stati membri ad acquistare almeno il 40% delle attrezzature militari in modo collaborativo – cioè senza pestarsi i piedi l’un con l’altro - e il 50% all’interno dell’UE entro il 2030, arrivando al 60% entro il 2035. Per fare questo, la Commissione intende facilitare e sostenere programmi congiunti utilizzando molteplici finanziamenti e strumenti normativi, che si basano sul rafforzamento dell’industria europea della difesa attraverso la legge sugli appalti comuni (EDIRPA) e la legge a sostegno della produzione di munizioni (ASAP).

Borrell, usa lo spettro della Russia per giustificare questa mossa: “L’Europa è ancora in pericolo, la guerra è ai nostri confini ed è una guerra che non sembra finire presto ed è per questo che dobbiamo rafforzare la nostra capacità di produzione, passando da una modalità di emergenza a una visione di medio e lungo periodo per sostenere l’Ucraina”. E il primo avamposto è proprio l’Ucraina che, ad oggi, ha bisogno di circa 2,5 milioni di munizioni all’anno, mentre l’Ue sarà in grado di produrne poco più di 1 milione: “Se vogliamo continuare a sostenere l’Ucraina dobbiamo aumentare la nostra capacità in tal senso – ha aggiunto Borrell – Abbiamo sostenuto l’Ucraina prendendo ciò che già abbiamo nelle nostre scorte, producendo di più. L’Ucraina oggi ha bisogno di 200mila munizioni al mese da 155 millimetri. Ovvero 2,5 milioni all’anno. Se vogliamo sostenere l’Ucraina, dobbiamo essere in grado di farlo. Le persone non combattono con le banconote. Le banconote sono utili per comprare armi, ma dobbiamo farlo. È necessario convertire la capacità finanziaria in capacità industriale per avere forniture. Quindi tutto ciò che aumenta la nostra capacità di difesa è valido per l’Ucraina dato che ci impegniamo a sostenere l’Ucraina con le nostre capacità”.

Bisogna menzionare che intanto la partecipazione a missioni militari europee è già in atto da tempo e questa “difesa comune” è invocata dagli imperialisti mentre nascondono ognuno di essi il pugnale dietro la schiena pronto a sferrarlo all’imperialismo concorrente. Convergono tatticamente ma gli interessi politici ed economici li portano in rotta di collisione, oggi si uniscono su Ucraina, Medio Oriente, Indo Pacifico per una politica di potenza dell’imperialismo europeo, in realtà un imperialismo europeo che è costituito da vari paesi imperialisti i cui rapporti di forza si mantengono in equilibri sempre più precari.

A spingere per coordinare le capacità dei paesi membri nello sviluppo della difesa sono stati in particolare i governi di Estonia, Francia e Polonia, firmatari di un appello che rilanci la capacità difensive militari continentali. Tra questi paesi la Polonia è impegnata in un massiccio programma di riarmo, acquista armi americane, britanniche e sudcoreane, non certo europee. E questa è già una contraddizione alla cui soluzione punta la Commissione europea.

A due anni dall’inizio della guerra in Ucraina le guerre e le minacce di guerra sono accresciute, l’umanità è costantemente minacciata dalle politiche imperialiste.

Il complesso militare-industriale e i ministri sono un tutt’uno – e in Italia il ministro Crosetto rappresenta in maniera fin troppo evidente questa unione – e convergeranno sempre più l’industria della difesa, il settore finanziario e il mondo accademico, un argomento che dimostra inequivocabilmente che l’obiettivo della pace non potrà essere raggiunto senza rovesciare i rispettivi governi del Capitale imperialista, i loro Stati, che sono il cuore di questo sistema che ci sta trascinando in una guerra mondiale.

Nessun commento:

Posta un commento