Tunisia – Manifestazioni e assalti alle sedi istituzionali dopo l’ennesima strage in mare
da hurrya.noblogs.com
Nella notte tra il 2 e 3 giugno, al largo dell’isola
di Kerkennah in Tunisia, è avvenuto l’ennesimo naufragio di un barcone
di migranti che trasportava circa 180 persone, “la più grave tragedia in
mare del 2018” secondo l’Organizzazione mondiale per le migrazioni
(Oim). 68 sono i sopravvissuti (61 tunisini e 7 di altre nazionalità),
si contano almeno 112 tra morti e dispersi, e al momento solo 73 corpi
sono stati recuperati.
La maggior parte delle persone a bordo della barca
affondata domenica erano tunisini che cercavano di sfuggire alla
disoccupazione e una crisi economica che ha continuato ad attanagliare
il paese dopo il rovesciamento di Ben Ali nel 2011.

La notte successiva, mercoledì 5 giugno, i
manifestanti hanno marciato verso il quartier generale della delegazione
del governo, a protezione del quale era stato schierato l’esercito. I
manifestanti hanno tentato di invadere il distretto di sicurezza
nazionale, bloccato le strade bruciando pneumatici e
lanciato pietre contro le forze di sicurezza, che hanno sparato con i lacrimogeni. Diversi giovani sono stati arrestati in seguito a una retata nei quartieri della città.
lanciato pietre contro le forze di sicurezza, che hanno sparato con i lacrimogeni. Diversi giovani sono stati arrestati in seguito a una retata nei quartieri della città.
Le organizzazioni nazionali presenti nella regione di
Gabès, la Lega tunisina dei diritti umani e l’Unione sindacale
regionale (UGTT) hanno emesso comunicati in cui attribuiscono la
responsabilità della tragedia al governo, indicando il modello di
sviluppo che, secondo loro, è la causa della disoccupazione giovanile e
della disperazione. La disoccupazione nella regione di Gabes supera il
25% e raggiunge il 55,2% tra i diplomati.

I giovani della città di Beni Khedache ( nel
governatorato di Medenine) hanno attaccato la stazione della Guardia
Nazionale nel centro della città all’alba di giovedì 7 giugno 2018, in
segno di protesta per il naufragio avvenuto lo scorso sabato, dove sono
morte 4 persone residenti nella città.
Secondo
il portavoce del ministero dell’Interno, Khelifa Chibani, alle due del
mattino i manifestanti hanno lanciato pietre contro la stazione della
Guardia Nazionale. Subito dopo, hanno forzato l’ingresso dell’edificio
per incendiarlo e distruggere alcuni documenti. Successivamente è stato
preso di mira il quartier generale della delegazione del governo, dove è
stata incendiata la sala delle guardie. I manifestanti hanno denunciato
l’emarginazione della gioventù da parte del governo e la situazione
sociale ed economica, oltre alla mancanza di orizzonti di sviluppo nella
regione.
Il portavoce del ministero dell’Interno ha affermato che la situazione è sotto controllo e che l’esercito sta attualmente proteggendo i siti vitali.

Il portavoce del ministero dell’Interno ha affermato che la situazione è sotto controllo e che l’esercito sta attualmente proteggendo i siti vitali.
Per smorzare le proteste, il governo tunisino, da
parte sua, ha creato una commissione di crisi sull’incidente allo scopo
di sostenere le famiglie delle vittime e garantire le cure ai
sopravvissuti. Diversi funzionari di sicurezza, intanto, sono stati destituiti dal
ministero dell’Interno in seguito al naufragio di Kerkennah avvenuto lo
scorso fine settimana. Sono stati rimossi dall’incarico, in
particolare, il capo del distretto di sicurezza nazionale a Kerkennah;
il responsabile del servizio regionale dei servizi speciali a Sfax; il
capo della brigata d’intelligence del distretto di Kerkennah; il
titolare della polizia giudiziaria a Kerkennah; il capo della polizia
giudiziaria a Sfax. Estromissioni anche nella Guardia nazionale, dove
sono stati destituiti il capo distrettuale della Guardia nazionale di
Sfax; il numero uno della brigata di ricerca e investigazione nel
distretto di Sfax; il responsabile della Guardia costiera di Kerkennah;
il titolare della sicurezza marittima a Sfax. Il ministero dell’Interno
spiega che questi sono solo “le prime sanzioni” in attesa di “ulteriori
azioni”.
Il 6 giugno il primo ministro tunisino Youssef Chahed ha rimosso lo stesso ministro degli Interni Lotfi Braham.
Il 6 giugno il primo ministro tunisino Youssef Chahed ha rimosso lo stesso ministro degli Interni Lotfi Braham.

A ottobre del 2017 le famiglie delle persone recluse negli hotspot e CPR in Italia avevano portato avanti una protesta per evitare la loro deportazione e chiederne la liberazione.
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