Otto donne rifinivano le forme in gomma di una ditta del Bergamasco.
L’azienda di Credaro aveva dato
lavoro a cottimo a un indiano e a otto donne: tre indiane, due albanesi,
una senegalese, una marocchina e un’italiana
Altro che schiavismo. Nemmeno lo zio Tom era pagato così poco: 50
centesimi all’ora, ovviamente non in regola, e per i contributi vedere
alla voce fantascienza. Succede nella «Rubber Valley», il distretto
della gomma in provincia di Bergamo, dove la crisi non è finita perché
non è iniziata: il business è cresciuto del 40% negli ultimi cinque anni L’azienda di Credaro aveva dato
lavoro a cottimo a un indiano e a otto donne: tre indiane, due albanesi,
una senegalese, una marocchina e un’italiana
Tutte a casa, a tenere d’occhio i bambini e contemporaneamente a effettuare la «sbavatura di guarnizioni», che detta così sembra un’attività molto più bizzarra di quel che è in realtà: strappare a mano il materiali in eccesso dalle forme di gomma uscite dalle macchine.
I conti li fa una delle cottimiste albanesi all’«Eco di Bergamo»: «Ogni mille pezzi mi davano dai 70 centesimi all’euro, in base al tipo di guarnizione e agli strappi. Per mille pezzi, mi ci volevano almeno due ore di lavoro». Il calcolo è facilissimo, il risultato inquietante: due ore a un euro fanno 50 centesimi all’ora.
Così i nove irregolari si portavano a casa, più o meno, 250 euro al mese.
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